Corriere della Sera - La Lettura

Degli artisti

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nei cani di Joan Jonas e Urs Fisher; nei gatti di Shirin Neshat e Terence Koh ma anche nel cartello CATS!!! Keep Door Clo

(ovvero: «Tenete la porta chiusa e non fate scappare i gatti») di Rob Wynne. È la creatività domestica del modellino della «Jaguar E» ai piedi di Vik Muniz e delle pentole lasciate sul fuoco della cucina di Rirkrit Tiravanija; dei guanti verdi di Vera Lutter e i pantaloni bianchi, macchiati di vernice, di Julian Schnabel. Quella che affianca ai classici pennelli, scalpelli e cavalletti i ben più «industrial­i» laser, estintori, fiamme ossidriche. Accessori solo in apparenza, che diventano come per incanto elementi essenziali di questa creatività contempora­nea made in New York, mentre le opere (quelle ufficiali) restano sullo sfondo.

Marco Anelli, italiano da tempo trapiantat­o nelle metropoli americana, con le fotografie del suo nuovo Artist Studios New York (Damiani, 2020) cerca ancora una volta di dare concretezz­a all’arte. Lo dimostrano i suoi progetti (progetti che spesso si trasforman­o prima in mostre e poi in libri): da Portraits in the Presence of Marina Abramovic (Damiani, 2010) in cui ha ritratto i 1.545 partecipan­ti a The Artist Is Present di Marina Abramovic al Moma di New York fino a Building Magazzino (Rizzoli, 2017) che documenta la trasformaz­ione, da parte di una coppia di appassiona­ti collezioni­sti (Nancy Olnick e Giorgio Spanu), di una ex fabbrica di computer a Cold Spring, nello stato di New York, nel Magazzino Italian Art, museo dedicato all’arte italiana, dal secondo dopoguerra al contempora­neo; passando per A Simple Story (2015) in cui raccontava la nascita del nuovo Whitney Museum progettato da Renzo Piano: «Perché — spiega — gli studi degli artisti sono come i cantieri degli architetti». Mentre quasi per una sorta di contrappas­so dantesco, Anelli (nato a Roma nel 1968, un inizio di carriera a Parigi dove si specializz­a nelle tecnica di stampa del bianco e nero) sembra invece voler puntare sull’astrazione quando si confronta con argomenti assai concreti come nel caso de Il calcio (Federico Motta Editore, 2002) o della Pallacorda (Skira, 2004).

Dunque, gli artisti-superstar visti nel luogo del loro creare, sotto il cielo di una New York che per il contempora­neo, aggiunge, «è come Los Angeles per il cine

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