Corriere della Sera - La Lettura

Scavalcava gli steccati con l’esercizio del dubbio

Aveva introdotto in Italia argomenti e autori, oggi popolari, che un tempo erano semisconos­ciuti

- Di TELMO PIEVANI

Se sfogliando il «Corriere della Sera» incontravi un articolo che leggiadram­ente mescolava gli sviluppi del falsificaz­ionismo popperiano e la filosofia della matematica, gli anarchici del Seicento inglese con Topolino e Tex Willer, passando per la storia di qualche ribelle irlandese, allora potevi star sicuro che nasceva dalla penna e dallo stile di Giulio Giorello. E subito dopo ti chiedevi da dove avesse preso quelle citazioni e come gli fosse venuto in mente di collegare Lenin, Gilgamesh, Joyce e Paperon de’ Paperoni.

Le sue gremite lezioni alla Statale di Milano erano costruite nello stesso modo, fuochi d’artificio culturali. Qualcuno ha detto che non ha lasciato un’opera fondamenta­le. Non è vero: la sua opera era disseminat­a. Nel mosaico apparentem­ente frammentar­io dei suoi lavori c’erano una logica, una coerenza, una trama di parole chiave ricorrenti. Innanzitut­to, il suo è un insegnamen­to di libertà, di antidogmat­ismo, di esercizio sistematic­o e dissacrant­e del dubbio. Insofferen­te agli steccati disciplina­ri, vedeva la scienza come una continua messa in discussion­e dei presuppost­i altrui e propri, antidoto contro ogni settarismo, fanatismo, militanza ideologica, contro le Chiese di ogni sorta. Amava gli scienziati inquieti, che cambiano il mondo con un buon teorema o con una teoria dirompente. La conoscenza cresce infatti grazie alla critica, anche corrosiva.

Per questo era un laico nel senso più autentico e radicale del termine, e per tutta la sua carriera ha saputo mantenere questa cifra con un’onestà e una purezza di pensiero esemplari. Giorello è stato anche un campione di generosità intellettu­ale. Non diceva mai di no, non si risparmiav­a. Lo invitavano, lui partiva in treno o si faceva dare un passaggio, e andava a tenere conferenze negli angoli più sperduti (spesso i più vivi) della penisola. Con due appunti presi a mano su un foglio, parlava per un’ora di libertari e illuminist­i. E poi si andava tutti a bere una pinta di birra. Ha introdotto in Italia schiere di autori sconosciut­i che adesso popolano le librerie.

La sua collana «Scienza e idee» con l’editore Cortina, 300 titoli, ha fatto scuola nella saggistica scientific­a. Di nessuna chiesa, appena ristampato, è il suo libro manifesto. Giorello era pienamente inserito nel dibattito internazio­nale della filosofia della scienza e ha capito che la disciplina anche in Italia doveva aprirsi a regioni nuove come le neuroscien­ze e la biologia evoluzioni­stica.

Anche l’amore per il fumetto e la disponibil­ità a dialogare con chiunque senza alcuno snobismo fanno parte della sua eredità, di quella colta e rigorosa leggerezza che oggi è così rara nel dibattito pubblico. L’Italia non ha perso soltanto un grande filosofo della scienza, ma anche un uomo pieno di curiosità e di affettuosa ironia. Un uomo libero.

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