Corriere della Sera - La Lettura
Giurie di cittadini La politica diffusa
Confronto con il politologo inglese Colin Crouch sulle prospettive che si aprono a causa della crisi pandemica. I leader populisti sono in difficoltà perché hanno dovuto imporre restrizioni agli elettori e seguire i consigli degli scienziati, che non sopp
La pandemia ha per qualche mese «spento» la politica: cittadini a casa, governi impegnati a gestire l’emergenza, parlamenti vuoti o intermittenti. Strade e piazze deserte, in Italia sono sparite le Sardine, in Francia i Gilets Jaunes. Abbiamo discusso sulle conseguenze di questo evento con il politologo britannico Colin Crouch, che da tempo parla di «postdemocrazia» e sarà ospite il 16 luglio del festival Prendiamola con filosofia.
MAURIZIO FERRERA — È stata una stagione eccezionale, ora superata, o credi che lascerà qualche cicatrice nelle nostre pratiche democratiche?
COLIN CROUCH — Penso che si sia trattato di un periodo eccezionale, che non dovrebbe lasciare cicatrici, a meno che i politici non provino a sfruttare la pandemia per accrescere consenso e potere. Già lo vediamo in Paesi come Ungheria e Polonia. È interessante notare che la maggior parte dei leader populisti hanno teso a minimizzare la portata della crisi, dunque si trovano nelle condizioni di non poterla sfruttare politicamente.
MAURIZIO FERRERA — In alcuni Paesi, durante il picco della crisi sanitaria, ci sono state tensioni fra le richieste di certezze scientifiche da parte di molti politici e l’ambizione di dettare l’agenda delle misure pubbliche da parte di alcuni scienziati. Le tensioni fra sfera politica e sfera scientifica sono fisiologiche, le raccomandazioni di Max Weber sulla separazione dei ruoli sono oggi poco ascoltate. Che valutazione dai del rapporto fra esperti ed eletti durante l’epidemia? Ti pare siano emerse indicazioni nuove per le tue riflessioni sulla postdemocrazia?
COLIN CROUCH — Il pericolo maggiore per la democrazia si manifesta quando i politici sostengono di «seguire le raccomandazioni della scienza» per offuscare le loro responsabilità. Lo abbiamo visto spesso in Gran Bretagna, dove il governo ha sempre sostenuto di seguire la scienza nelle sue decisioni. La scienza non può sempre fornire risposte chiare e univoche: c’è spesso incertezza, nei dibattiti tra gli esperti emergono divisioni.
MAURIZIO FERRERA — È ciò che succede ora in Italia, in merito alla contagiosità del virus. Per alcuni l’emergenza è finita, per altri non si può abbassare la guardia. I cittadini sono disorientati, anche il governo sembra confuso
COLIN CROUCH — I governi scelgono in genere le soluzioni che costano meno. Qualsiasi decisione è però inevitabilmente un misto fra le ragioni della scienza e quelle della politica. Il fenomeno non si può evitare. Ma diventa problematico quando i politici nascondono la verità dei dibattiti. Gli esperti che lavorano per i governi non possono dissentire pubblicamente dalle decisioni dei politici. Ma i politici sono pronti a dare loro la colpa quando si fanno degli sbagli.
MAURIZIO FERRERA — Torniamo all’impatto della crisi Covid sui vari populismi. Cominciamo da due leader che hanno subito manifestato simpatie «negazioniste» o quanto meno «riduzioniste» circa il virus: Johnson e Trump. In quale misura e in che modo il loro stile di leadership si è distinto da quello di altri governanti, come Merkel, Macron e Conte?
COLIN CROUCH — La reazione dei leader populisti è stata molto interessante, non solo in Gran Bretagna o negli Usa, ma anche in Brasile. I leader populisti si sono trovati di fronte a due problemi. Da un lato, il loro primo obiettivo è quello di essere amati dal popolo. Fanno i duri solo contro le minoranze. Ma la crisi connessa alla pandemia ha reso necessarie misure restrittive per tutti i cittadini. Dall’altro lato, i populisti odiano gli esperti. Ma in questa crisi la politica ha dovuto accettare le priorità definite dalla scienza, benché i leader populisti facciano di tutto per distorcerla.
MAURIZIO FERRERA — I sovranisti sono stati un po’ spiazzati. I virus non si fermano davanti alle frontiere, anche se chiuse. E i sovranisti hanno dovuto accettare il fatto che la globalizzazione ha raggiunto addirittura la sfera biologica, in forme difficilmente reversibili. In Italia Salvini ha disperatamente cercato temi da cavalcare per mantenere il consenso. Prima ha puntato tutto sul «no Mes». È però difficile galvanizzare gli elettori sparando a zero su prestiti dell’Ue quasi gratuiti, senza condizioni. Poi Salvini è diventato paladino del «liberi tutti», la fine
delle restrizioni. Vuole cavalcare l’insofferenza verso il lockdown. Senza la bandiera anti-immigrazione, i sovranisti sembrano perdere terreno, almeno in Italia. Come vedi le loro prospettive nei vari Paesi?
COLIN CROUCH — Certo, tutto ciò che dici è vero, ma la crisi rende possibile anche una retorica xenofoba: ad esempio quella che sostiene che la malattia arrivi dall’estero, che a diffonderla siano stati i cinesi; che il contagio sia più diffuso fra le minoranze etniche (vero, ma la causa è la maggiore povertà); che sia un prodotto della globalizzazione; che dobbiamo chiudere le frontiere a tutto ciò che è «straniero». Ci saranno grandi battaglie sull’interpretazione di questa crisi e anche sulle politiche sociali: c’è chi dirà che la pandemia ha dimostrato quanto importante sia la protezione sociale, e chi dirà invece che per fare ripartire l’economia si devono ridurre le tutele sociali. Chi prevarrà in questi dibattiti potrà dominare la politica degli anni futuri.
MAURIZIO FERRERA — Un altro fronte di cambiamento mi sembra quello europeo. Dopo un breve periodo di imbarazzante silenzio, prima la Ue si è messa a litigare sulle possibili risposte comuni, poi c’è stata una svolta senza precedenti: un ambizioso piano di recupero e rilancio economico, finanziato niente meno che da debito comune. È crollato il tabù che ha sempre frenato la disponibilità tedesca ad aiutare i Paesi del Sud. Come spieghi la svolta della Germania?
COLIN CROUCH — La gente ha la capacità di apprendere — anche le banche centrali. I tedeschi si sono resi conto del disastro provocato dall’austerità, che ha rovinato le economie dell’Europa meridionale e favorito la destra estrema in molti Paesi, anche nella Germania stessa, minacciando il progetto comunitario. I tedeschi hanno visto e hanno appreso.
MAURIZIO FERRERA — Il tema Brexit è come scomparso dal dibattito pubblico europeo. Ormai manca poco all’uscita. Che cosa succederà?
COLIN CROUCH — I cosiddetti Brexiteers controllano totalmente il governo britannico e vedono nella crisi del virus l’occasione per nascondere le conseguenze negative della Brexit. Dunque