Corriere della Sera - La Lettura
LA FALSA CONTINUITÀ DA DE SANCTIS A GRAMSCI
Ci sono pagine di Francesco De Sanctis (nella foto) che, mutatis mutandis, sembrano cronache dei giorni nostri. «Quando veggo certe file di carrozze, e certi codazzi alle stazioni, e banchetti e musiche e battimani e indirizzi organizzati a freddo, e i visi plebei della vanità soddisfatta, dico in me: Servi gli uni e gli altri. E più strazio, quando parlano di libertà, e fanno i progressisti, anzi i democratici. La servitù non viene improvvisa. È preparata dalla corruzione. Effetto necessario di questa è reazione e servitù sotto qualsiasi forma, regia o demagogica». La data di queste righe è 14 agosto 1877 e si leggono in un articolo intitolato La gente onesta che ora fa parte de I partiti e l’educazione della nuova Italia nel volume XVI delle Opere del grande letterato. Ed eccoci al punto: Francesco De Sanctis può essere liquidato con la definizione di «letterato»?
Era il 1894 quando Benedetto Croce scriveva: «De Sanctis era un vero filosofo, non abbastanza disciplinato, ma filosofo». Partendo da questa «intuizione», Fulvio Tessitore ha fatto del grande critico irpino il suo autore, al quale ha ora dedicato l’ultimo testo che rientra nei suoi contributi alla storia e alla teoria dello storicismo: La filosofia di Francesco De Sanctis (Edizioni di Storia e Letteratura). Per lo studioso napoletano De Sanctis è «la più forte espressione di originale teoresi dell’Ottocento italiano» e la sua Storia della letteratura italiana è una «possente lettura della “storia intima” d’Italia».
Dal 1848 De Sanctis svolse anche un’intensa attività politica che lo portò a ricoprire per tre volte la carica di ministro della Pubblica istruzione con Cavour, Ricasoli e Cairoli, mentre quando era prigioniero nel carcere di Castel dell’Ovo traduceva la Logica di Hegel. Tuttavia, a renderlo filosofo, come sapeva il crociano Raffaello Franchini, non furono le sue traduzioni hegeliane quanto la eversione che con il «realismo» procurò dell’«idealismo». Tessitore dice che De Sanctis non è uno «storico filosofo», ossia un ideologo preoccupato di ricondurre la vita in schemi astratti, bensì è un «filosofo storico» che insegue le esperienze di vita che, proprio perché tali, implicano rotture e contrasti. Ecco perché, nota Tessitore, va respinta la «fantasia genealogica» Hegel-De Sanctis-Gramsci che non a caso cancellava in De Sanctis la presenza di Vico. Perché da un lato Vico era visto come il campione dell’eterno moderatismo e dall’altro era destinato a sfociare nel conservatorismo, liberale di Croce e fascistico di Gentile. La «indisciplina» di De Sanctis sfugge a ogni riduzione: era davvero un gran filosofo.