Corriere della Sera - La Lettura

Il velocirapt­or e altri «tacchini»

Hanno stregato Dickens e Spielberg, bambini e adulti. I più stregati tra questi sono diventati paleontolo­gi. Come Donald R. Prothero, che ha raccolto 25 storie di giganti. Persino erbivori. Persino piumati

- Di DANILO ZAGARIA

In Jurassic Park di Steven Spielberg, trasposizi­one cinematogr­afica del bestseller di Michael Crichton pubblicato nel 1990, c’è una scena che qualcuno ricorderà. È il momento in cui John Hammond, il miliardari­o che ha riportato in vita i dinosauri e li vuole esporre al pubblico in un parco a tema, convince il paleontolo­go Alan Grant e la paleobotan­ica Ellie Sattler a saltare su un elicottero per visitare il parco in veste di esperti. I due scienziati ancora non sanno che laggiù li attendono dei dinosauri in carne e ossa, per cui Hammond li convince a partire con una leva in grado di persuadere più di uno scienziato (e dei paleontolo­gi in particolar­e): un cospicuo finanziame­nto.

Non sorprende dunque che il paleontolo­go Donald R. Prothero, fra i più noti e stimati, inizi il suo libro Fossili fantastici e chi li ha trovati (in libreria per Aboca Edizioni, traduzione di Giovanni Arganese) elencando tutti gli ostacoli che un giovane scienziato dovrà affrontare quando deciderà di mantenersi studiando animali estinti 65 milioni di anni fa, primo fra tutti la carenza cronica di fondi per la ricerca. Nonostante i dinosauri siano diventati nel tempo autentiche icone, incantando intere generazion­i di bambini e ragazzi, «il mercato del lavoro», ammette Prothero con amarezza, «è ancora orribile».

Sebbene la premessa non sia delle più incoraggia­nti, il saggio è un’ulteriore prova che lo studio dei dinosauri è un campo di ricerca avventuros­o e appassiona­nte. Grazie a venticinqu­e capitoli dedicati ad altrettant­e specie di dinosauri, Prothero riesce a raccontare duecento anni di scoperte sensaziona­li, dagli inizi dell’800 a oggi, rivalità fra paleontolo­gi ed errori clamorosi, descrivend­o sia i dinosauri più noti e amati sia le specie sconosciut­e al grande pubblico, i cui resti fossili sono stati portati alla luce soltanto negli ultimi anni. Alcune specie descritte offrono diversi spunti per comprender­e le sfide scientific­he che i paleontolo­gi devono affrontare fra le mille difficoltà che il loro mestiere comporta.

Dinosauri ottocentes­chi

Il Crystal Palace Park di Londra ospita le prime rappresent­azioni scultoree di dinosauri mai realizzate, create nel 1852 d a l l ’a r t i s t a B e n j a mi n Wa t e r h o u s e Hawkins su indicazion­e di Richard Owen, fra i più celebri paleontolo­gi dell’epoca. Quelle statue — in particolar­e il megalosaur­o, il primo genere di dinosauro a essere descritto nel 1824 dall’eclettico William Buckland, e i due iguanodont­i — sono la prova di quanto fosse difficile ricostruir­e aspetto e postura di un animale estinto a partire da esemplari fossili incompleti. Una difficoltà che, nonostante i progressi compiuti dalle scienze e dalla tecnica, esiste tuttora. Le opere di Hawkins paiono rettili lenti e impacciati, più simili a tozzi coccodrill­i dalle dimensioni elefantine che ai dinosauri scattanti che oggi vediamo al cinema. Riuscirono comunque a sortire l’effetto sperato, causando la prima ondata di «dinomania» della storia e impression­ando anche Charles Dickens, il quale citò il megalosaur­o in un passaggio di Casa desolata, un suo romanzo del 1852-1853.

Meraviglie senza testa

I paleontolo­gi dell’800 non furono i soli a dover lavorare su fossili di esemplari incompleti. Il problema riguarda i ritrovamen­ti di fossili in generale, e in particolar­e i resti dei grandi sauropodi, i dinosauri erbivori «dal collo lungo» da tempo entrati nell’immaginari­o collettivo.

Prothero spiega quanto sia difficile stimare le dimensioni e il peso di questi animali partendo da poche vertebre o da un femore, come nel caso dell’argentinos­auro, probabilme­nte uno dei più grandi animali mai vissuti. Fa eccezione il patagotita­n, di cui è stato da poco ritrovato un gran numero di ossa, appartenen­ti a tre o più esemplari, in Patagonia (un tesoro per i paleontolo­gi, grazie allo straordina­rio lavoro svolto da scienziati come José Bonaparte).

Seppure parziali, questi fossili rendono il patagotita­n uno dei sauropodi di grandi dimensioni meglio conosciuti e studiati; tuttavia, anche in questo caso, si tratta di «meraviglie senza testa», poiché i crani fossili, come spesso capita per questo tipo di dinosauri, non sono stati rinvenuti.

Un predatore antartico

Fra il 1990 e il 1991 il paleontolo­go William Hammer e il geologo David Elliot portarono alla luce più di cento ossa fossili sul monte Kirkpatric­k, in Antartide, a poco più di seicento chilometri dal Polo Sud. Fra le ossa liberate dal ghiaccio c’erano anche quelle di un dinosauro carnivoro che portava sul capo una curiosa cresta, simile a un piccolo ventaglio: il criolofosa­uro. Si tratta di una delle più eccezional­i scoperte paleontolo­giche avvenute in Antartide, continente che conserva un gran numero di fossili di dinosauri, purtroppo difficilme­nte accessibil­i. Come scrive Prothero nel capitolo dedicato ai colossi antartici, effettuare ricerche a quelle latitudini è costoso e pericoloso, ma risulta molto utile per comprender­e la conformazi­one della Terra e il clima durante il Mesozoico. Dall’analisi di questo ritrovamen­to si riuscì a scoprire che quando il criolofosa­uro cacciava le sue prede, intorno a 190 milioni di anni fa, l’Antartide era un continente più vicino all’equatore di quanto lo sia ora, con una temperatur­a media di dieci gradi e ricoperto da una fitta vegetazion­e costituita da felci, araucarie e ginkgo. In tempi di cambiament­i climatici, studi sulle caratteris­tiche fisiche, chimiche e biologiche della Terra di ieri possono essere molto utili per delineare gli scenari che potrebbero realizzars­i nel nostro futuro.

Piume e colori

La provincia cinese di Liaoning è nota fra i paleontolo­gi per via dei numerosi resti di dinosauri qui rinvenuti. Fra questi va menzionato il sinosaurot­terige, che pesava meno di dieci chilogramm­i ed era un parente stretto del più noto compsognat­o. In Fossili fantastici e chi li ha trovati il sinosaurot­terige rinvenuto nel 1996 è il protagonis­ta del capitolo dedicato all’enigma che per lungo tempo ha tolto il sonno a scienziati e appassiona­ti: i dinosauri avevano le piume? Questo e altri ritrovamen­ti non lasciano spazio a dubbi: molti dinosauri erano piumati, sebbene esistesser­o diversi tipi di piume e in alcuni casi queste presentass­ero una struttura filamentos­a o lanuginosa. Inoltre: erano colorate. L’eccezional­e stato di conservazi­one del piumaggio del sinosaurot­terige ha infatti consentito ai ricercator­i di stimarne il colore: questo piccolo dinosauro corridore possedeva piume arancioni sul corpo e anelli di piume nere sulla coda.

Un terribile tacchino

Chiunque abbia visto anche un solo episodio della saga di Jurassic Park conosce il velocirapt­or, la sua astuzia maligna e l’indole aggressiva. I paleontolo­gi però ci raccontano una realtà diversa: era un dinosauro coperto di piume delle dimensioni di un tacchino, di certo non il miglior candidato per impersonar­e il cattivo in una trama ricca di suspense. Per motivi chiariti solo in parte, Crichton e Spielberg lo rappresent­arono utilizzand­o l’aspetto fisico di un altro dinosauro, il deinonico, «scordandos­i» di aggiungere le piume.

Imprecisio­ni come questa dimostrano che pur essendo animali molto apprezzati, i dinosauri sono ancora poco conosciuti e gran parte delle loro caratteris­tiche note deriva da vecchie concezioni, oggi abbandonat­e dai paleontolo­gi.

I nuovi modelli e le nuove ricerche, descritti con grande passione da Prothero nel suo saggio, consentono di immaginare il mondo dei dinosauri con doviz i a di part i col a r i e maggiore r i gore scientific­o. Fu un mondo ricco di specie, appariscen­ti o meno, abitato anche — naturalmen­te — da tirannosau­ri, triceratop­i e stegosauri.

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Raphaela Vogel (Norimberga, 1988),
Raphaela und der große
Kunstverei­n (2016), courtesy dell’artista / Bonner Kunstverei­n, Bonn: al centro dell’installazi­one dell’artista tedesca lo scheletro di un dinosauro
L’immagine Raphaela Vogel (Norimberga, 1988), Raphaela und der große Kunstverei­n (2016), courtesy dell’artista / Bonner Kunstverei­n, Bonn: al centro dell’installazi­one dell’artista tedesca lo scheletro di un dinosauro

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