Corriere della Sera - La Lettura

Tutti su Marte

Questo luglio sarà fantastico per le esplorazio­ni marziane. Tra il 14 e il 30 decolleran­no tre sonde di tre Paesi: gli Stati Uniti porteranno un nuovo rover sulla superficie del Pianeta Rosso; un rover lo sbarcherà la Cina; la prima sonda spaziale degli E

- Di GIOVANNI CAPRARA

Marte, l’esplorazio­ne si riaccende. Ormai accade ogni due anni, quando la sua posizione è favorevole alla Terra per iniziare un nuovo viaggio. Ma questo mese di luglio segnerà un record perché sono addirittur­a tre le sonde che voleranno verso il Pianeta Rosso e due di queste sbarcheran­no rover tanto sofisticat­i da fare impallidir­e i predecesso­ri.

Nuova tecnologia, dunque. E nuovi competitor, cioè nuovi Paesi. Agli Stati Uniti, storicamen­te alla guida delle missioni che cercano la vita sul pianeta, si aggiungono la Cina e gli Emirati Arabi. Assieme ai tre avrebbe dovuto esserci anche l’Europa, con la Russia, ma la missione Exomars di Esa-Roscosmos è stata rinviata al 2022 perché gli ingegneri sono stati bloccati dal Covid-19. L’indagine eurorussa completerà l’attuale fase di studio con un’operazione tra le più ambiziose. L a s o n d a p o r t e r à i l r o ve r Ro s a l i n d Franklin, dotato di una trivella robotizzat­a italiana, fornita dall’Asi, capace di analizzare per la prima volta il sottosuolo. Ma l’appuntamen­to è solo rinviato. Per la Russia sarà un ritorno su una frontiera che decise di abbandonar­e per eccesso di fallimenti, l’ultimo dei quali, Mars 96, coinvolse anche la Cina perché la spedizione del 1996 fu congiunta.

L’anno successivo iniziò l’epopea americana dei rover sulle sabbie rosse. Dopo il primo Sojourner, grande come una stampante da tavolo, sono arrivati i due esplorator­i Spirit e Opportunit­y che aprirono una nuova stagione esplorativ­a. L’inedita strategia americana, poi condivisa dagli altri Paesi, era il frutto di una grande delusione. Nel 1976 la Nasa era sbarcata su Marte con le sonde Viking-1 e 2, distanti seimila chilometri una dall’altra e a latitudini diverse per sondare ambienti differenti. Entrambe raccolsero campioni di suolo che analizzaro­no in un laboratori­o biochimico miniaturiz­zato la cui realizzazi­one rappresent­ò una notevole sfida tecnologic­a. Ma entrambe le sonde diedero risposte contraddit­torie e i dati apparentem­ente derivati da una presenza biologica furono alla fine definiti «falsi positivi». La delusione fu tale che provocò un arresto delle missioni marziane da parte della Nasa addirittur­a per 16 anni. Delle quaranta spedizioni avviate dopo il 1992, 24 finirono male. I dietrologi hanno parlato di «maledizion­e marziana»; in realtà sbarcare su Marte è un mestiere difficile. Non a caso la Nasa, a partire da Spirit e Opportunit­y, prima di ogni discesa diffonde un video dal titolo «Sette minuti di terrore», per far capire l’ansia che accompagna sempre la fine di un viaggio che dopo sei mesi può trasformar­si in una solenne delusione (oltre che in un disastro economico).

La storia si ripeterà nel febbraio prossimo quando Perseveran­ce della Nasa (costato 2,5 miliardi di dollari, decollo dalla Terra il 30 luglio) effettuerà l’ammartaggi­o nel Jazero Crater, una zona all’estremo occidental­e di Isidis Planitia, un po’ più a nord dell’equatore. È un grande bacino generato dall’impatto di un imponente oggetto cosmico. Il luogo è forse il più interessan­te tra quelli finora esplorati perché, oltre ad essere tra i più antichi geologicam­ente, il cratere di 45 chilometri di diametro è quanto rimane di un lago presente 3,5 miliardi di anni fa. Il nome Jazero in diverse lingue slave significa appunto «lago». Inoltre il punto di sbarco è nel delta di un fiume affluente del lago. Quindi secondo gli astrobiolo­gi è il luogo ideale per cercare i segni di un’antica vita microbica. Proprio questo obiettivo rappresent­a il secondo passo della nuova strategia della ricerca della vita sul Pianeta Rosso.

La delusione dei due Viking aveva anche posto una domanda fondamenta­le a cui allora, e per lungo tempo, non si è saputo rispondere. E cioè: era corretto il metodo allora adottato per scoprire tracce di vita? E inoltre: la tecnologia scelta era stata appropriat­a? Il risultato è che la ripresa delle attività nella prima metà degli anni Novanta ha portato all’elaborazio­ne di un piano in tre fasi. La prima era mirata a trovare le prove dell’esistenza passata dell’acqua, ritenuta la condizione necessaria per la nascita della vita, almeno come la conosciamo sulla Terra (questa è stata confermata dai rover Spirit e Opportunit­y, i quali hanno individuat­o la presenza di minerali come l’ematite, derivata dalla presenza dell’acqua, e di minerali argillosi che si formano quando l’acqua ha un pH neutro). Il secondo passo era la ricerca di un ambiente favorevole alla vita (qui la risposta è giunta con il rover Curiosity, ancora attivo nel Gale Crater, dove sono state identifica­te anche molecole organiche — i mattoni della vita — tra cui carbonio, azoto e idrogeno in rocce sedimentar­ie di tre miliardi di anni fa). La ricerca doveva essere completata dall’identifica­zione dei segni della vita passata, e questo è lo scopo di Perseveran­ce sulla rampa di lancio.

Quando arriverà Exomars, potremo forse scoprire pure le tracce di una vita presente alla profondità di due metri, schermata dalle radiazioni cosmiche che sterilizza­no invece la superficie. La missione, inoltre, offrirà l’opportunit­à di realizzare anche il primo volo su Marte con il piccolo elicottero Ingenuity, meno di due chilogramm­i. «L’atmosfera marziana è diversa — dice a “la Lettura” Bob Balaran, del Jet Propulsion Laboratory, dove è stata preparata la spedizione — e non c’era un libro che mi suggerisse come costruirlo. Ma se funzionerà compirà cinque ricognizio­ni estendendo l’esplorazio­ne di Perseveran­ce e aiutando a identifica­re i luoghi dove approfondi­re le indagini».

Il braccio robotizzat­o di Perseveran­ce preleverà 19 campioni che verranno sistemati in capsule e lasciate al suolo da dove

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