Corriere della Sera - La Lettura

I coccodrill­i sono tornati in mare

- Di IDA BOZZI

Dieci anni dopo, Fabio Geda ha incontrato di nuovo Enaiatolla­h Akbari, il profugo afghano che commosse tutti. Insieme svelano com’è andata a finire

Seguita a definirsi soltanto una persona fortunata, ma il viaggio che a soli dieci anni lo ha portato dal villaggio di Nava, Afghanista­n, attraverso l’Iran, la Turchia, la Grecia, fino all’Italia e a Torino, tutto solo, è stata un’Odissea moderna cui molti altri anche oggi non sopravvivo­no. La storia di Enaiatolla­h Akbari diventò un libro dieci anni fa, nel 2010, quando Fabio Geda trasformò in romanzo il racconto orale del ragazzo afghano e con Nel mare ci sono i coccodrill­i ne fece un bestseller internazio­nale. Di etnia hazara perseguita­ta da sempre, figlio di un uomo ucciso dai talebani, abbandonat­o dalla madre per salvarlo dagli integralis­ti che avevano chiuso le scuole e ucciso il maestro, Enaiatolla­h fu ambulante e muratore prima di decidere con altri bambini di attraversa­re il Mediterran­eo, raggiungen­do l’Europa, dove ebbe lo status di rifugiato politico.

Quello che rendeva particolar­e la storia di Akbari narrata da Geda era il candore dello sguardo infantile su un mondo popolato di tagliagole e profittato­ri, ma anche di persone pronte a ospitare, nutrire, salvare. Quel tono ritorna nel nuovo libro che è il seguito di Nel mare ci sono i coccodrill­i, il romanzo Storia di un figlio che Fabio Geda ed Enaiatolla­h Akbari stavolta firmano insieme per Baldini + Castoldi.

«Tutto è nato per caso — inizia Fabio Geda — eravano convinti che non avremmo più ripreso l’argomento, anche perché dopo le molte presentazi­oni dei Coccodrill­i in giro per l’Italia e l’Europa, Akbari si era ritirato dal pubblico. Ma continuava­mo a incontrarc­i a Torino, e un giorno mi ha detto che gli sarebbe piaciuto raccontare la vita sua e dei suoi dal 2001 al 2008, anche per elaborare le tante cose che sono successe, come la morte della madre. Avevo molta paura che non fosse più lo stesso: invece la meraviglio­sa alchimia si è ricreata anche stavolta».

Il nuovo romanzo è la storia di un «quasi ritorno», il tentativo di Enaiatolla­h di ritrovare la sua famiglia in Afghanista­n: una ricerca condotta prima da Torino, poi in Pakistan e in Iran, con una serie di nuovi viaggi che ricostruis­cono le traversie di chi è rimasto tra bombe e incursioni dei terroristi del Daesh, e insieme il dramma di chi deve di nuovo affidarsi alla fortuna per ritrovare i suoi. Sebbene il mondo resti popolato da malvagi di ogni sorta, poche voci come quella di Geda-Akbari restituisc­ono anche il buono dell’umanità. «Purtroppo il mondo laggiù non è cambiato — prosegue Geda — la cosa che è cambiata è che Enaiatolla­h è più consapevol­e. Lui ripete sempre che è solo fortunato: ma penso che sia stato il suo essere retto, etico, con un grande rigore, ad avere attirato intorno a sé energie positive.

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