Corriere della Sera - La Lettura
Il gelo di Harold Pinter contagia di nuovo Torino
Una devastante epidemia tra il 1 917 e i l 1 927 s i dif f use nel mondo, l’encefalite letargica, o più popolarmente «malattia del sonno». Oltre cinque milioni di persone furono colpite. I pochi che sopravvissero rimasero rinchiusi in una sorta di torpore, sospesi, passivi, immobili, apatici, per decine di anni in una specie di dimensione fuori del tempo, inghiottiti da un buco nero che distorceva lo scorrere del tempo stesso fino a fermarlo. Ricordi? Sensazioni? Sogni? Forse. Finché il risveglio giunse per pochi a opera di un giovane neurologo e psichiatra inglese, Oliver Sacks, che all’ospedale Mount Carmel, alla periferia di New York, decise di sperimentare una nuova medicina, L-Dopa. Donne e uomini considerati vulcani spenti, tornarono di colpo in vita, una incredibile avventura scientifica ma ancora di più umana, un risveglio di morti, di vite isterilite congelate e nascoste. Rinascite dolorose, spesso drammatiche al punto di volervi rinunciare.
Esperienza terribile e affascinante che Sacks, grande divulgatore della scienza, «poeta della mente», descrisse nel 1973 in Risvegli. Il medico osservò le meraviglie, le scoperte, l’affiorare di istinti e impulsi primitivi, terrori, gioie, visioni oniriche. Il cinema fu sedotto dal saggio di Sacks e nel 1990 ne fu tratto l’omonimo film con Robert De Niro e Robin Williams. Anche il teatro lo è stato, il Premio Nobel Harold Pinter scrisse nel 1982 Una specie di Alaska, il gelo della mente nella terra di nessuno, un’«Alaska» mentale in cui si ritrova al suo risveglio Deborah, caduta in coma a 16 anni e risvegliatasi dopo i 39, accanto a lei il medico e la sorella. Atto unico che il regista Valerio Binasco riporta in scena dopo undici anni al Teatro Carignano di Torino dal 14 luglio, prodotto dallo Stabile e da Tpe – Teatro Piemonte Europa.
I protagonisti, come nell’edizione precedente, sono Sara Bertelà (Deborah),
Orietta Notari (la sorella Pauline) e Nicola Pannelli (Hornby, il medico e cognato), che ha il compito di accompagnarla verso la realtà per frantumare i ghiacci che l’hanno attanagliata. Ben presto Deborah, con spavento e dolore, si accorge che non sognava allora e non sta sognando adesso. Una grande vetrata, un letto, due sedie, un tavolino sono i pochi arredi che disegnano lo spazio del suo risveglio. Uno spazio asettico, percorso dagli occhi di una donna-ragazzina che si sperdono nel nuovo sogno di realtà, spaventati, afflitti, allegri, vitali. E Valerio Binasco cesella movimenti, silenzi e toni di Deborah, alla quale Sara Bertelà, bravissima, offre profondità emotiva e sensibilità affinata. Bene la guida con rispondenza e preci s i one r i cerca ndo nel l a frammentarietà delle battute, nel continuo passaggio tra ieri e oggi, sogno, realtà e immaginario, la connessione emotiva che illumini un percorso nella nebbia degli stati d’animo che si confondono in quel lungo tempo di vita-non vita dove tutto sembrava essere bianco, riflesso in specchi. Un percorso segreto che dal risveglio conduce al dover forgiare una nuova vita o a rifiutarla come impossibile. Bravi e di bella misura Orietta Notari e Nicola Pannelli.
La scrittura di Pinter tesa, dura, mai compiacente, scavando nella psiche e nell’immaginario di Deborah dipinge la festa di una seconda nascita, ma anche il lutto del tempo perduto, della disillusione, il ritratto di un essere oscuro e opaco a sé stesso, solitario, inadatto. Testo che alla luce dell’esperienza di fermo e isolamento forzato dei mesi del Covid-19 acquista un tono nuovo di riflessione. «Sono un regista molto incantato dagli attori, e sono interessato a vedere l’interpretazione di Sara Bertelà adesso — precisa Binasco —, la conosco da quando ha 18 anni, e vive in una condizione perenne di nostalgia, per qualcosa che le è sfuggito di mano e che nonostante questo l’ha