Corriere della Sera - La Lettura
Grandi successi diplomatici Ma basteranno?
Anche se si conclude con la previsione che il putinismo, «come sistema di potere, sopravviverà anche al suo creatore», l’analisi di Mara Morini mette in luce diversi aspetti di debolezza del regime di Mosca, in particolare per quanto riguarda l’economia e la demografia. Dal suo libro La Russia di Putin (il Mulino, pagine 204, € 14) si evince che i maggiori successi del Cremlino sono quelli ottenuti in politica estera. Mosca è tornata a contare parecchio nel cruciale scenario del Medio Oriente, con l’intervento militare in Siria, e ha avviato utili forme di collaborazione con la Cina in chiave di blocco euroasiatico. Di fatto ha recuperato un ruolo di potenza globale, che incute rispetto e può ambire a farsi portatrice di un disegno alternativo alla declinante egemonia occidentale.
Qui si pone il nodo relativo alla natura del sistema forgiato da Vladimir Putin. Mara Morini ritiene che sia improprio parlare di «regime ibrido» o di «democrazia illiberale». Anche se definirlo non appare agevole, bisogna prendere atto che siamo di fronte a un ordinamento collocato «in contrapposizione ai regimi liberal-democratici rappresentativi». La tradizione storica del Paese (autoritaria sotto gli zar, in epoca sovietica totalitaria) ha un peso notevole: «Ai russi poco importa — scrive la politologa dell’Università di Genova — la concentrazione di potere in un unico organo istituzionale. Interessa che la propria condizione economica migliori o non subisca brusche frenate. Chi è capace di garantire stabilità economica può contare sul sostegno dell’elettorato». Sotto questo profilo, osserva Mara Morini, alcune difficoltà si notavano già prima del Covid-19. Ora la pandemia, con il crollo dei mercati energetici e la svalutazione del rublo, sembra minare in modo grave le fondamenta del potere di Putin.