Corriere della Sera - La Lettura
Campi Flegrei, il supervulcano minaccioso
Ivulcani sono espressione della vitalità della Terra. Da sempre gli esseri umani sono terrorizzati dalla loro violenza e affascinati dalla varietà di forme e colori a cui danno origine. La presenza di minerali vulcanici conferisce grande fertilità ai suoli e questo ha sempre favorito la presenza di insediamenti e lo sviluppo di civiltà umane sulle vaste aree ricoperte da prodotti eruttivi, a dispetto della minaccia incombente su coloro che vivono intorno a un oggetto naturale potenzialmente letale.
Per avere una stima dell’intensità di un’eruzione viene impiegato l’indice di esplosività vulcanica Vei (Volcanic Explosi v i t y I ndex). Concepito nel 1982, il Vei è una grandezza empirica, il cui valore varia tra zero e otto e dipende da numerosi fattori, tra cui il tipo di magma, la quantità dell’insieme dei prodotti eruttati, la posizione e la grandezza del vulcano e la sua precedente storia eruttiva.
Per quanto un’area vulcanica possa essere pericolosa e produrre eruzioni con alto indice di esplosività, il rischio vulcanico, cioè la possibilità che un fenomeno eruttivo possa causare effetti rovinosi, dipende dalla presenza in quell’area di elementi che possano subire danni (persone, insediamenti abitativi, attività produttive, infrastrutture, beni monumentali), dalla loro capacità di resistere a un fenomeno di una certa intensità (vulnerabilità) e dal loro valore in termini economici, artistico-culturali o di vite umane (esposizione). È chiaro quindi che, a pari t à di peri col osi t à v ul canica, quanto più un’area è urbanizzata tanto maggiore è il rischio. Un evento eruttivo che si verifica in un’area disabitata resta un fenomeno naturale senza conseguenze, mentre in presenza di centri abitati lo stesso fenomeno può trasformarsi in una catastrofe.
Oggi numerosi vulcani attivi, capaci di eruzioni potenti, si trovano in prossimità di città di milioni di abitanti, per effetto del progressivo abbandono delle campagne e dell’espansione degli insediamenti umani anche in zone ad alta pericolosità geologica. Il monitoraggio continuo con reti di strumenti geofisici, geodetici e geochimici assicura la sorveglianza della loro attività e consente di ricavare indicazioni sull’evoluzione dei vari fenomeni associati, alla ricerca di variazioni significative di parametri ed elementi che possano segnalare una possibile nuova eruzione e quindi indurre a incrementare i livelli di allarme.
I n I t a l i a , uno dei pri mi Paesi a l mondo per numero di abitanti esposti a rischio vulcanico, l’attività di sorveglianza viene svolta dall’Istituto nazio
La zona è sotto monitoraggio continuo ma preoccupa la densità della popolazione
nale di geofisica e vulcanologia, con il monitoraggio costante di tutti gli apparati vulcanici nazionali considerati attivi. Particolare attenzione viene dedicata ai Campi Flegrei, vasta area situata nel golfo di Pozzuoli, circa 13 chilometri a ovest del centro di Napoli: si tratta di una grande caldera dal diametro di 12-15 chilometri, che nei suoi immediati dintorni vede la presenza di più di due milioni di persone, come mostra la visualizzazione costruita con i dati del Global Volcanism Program della Smithsonian Institution. Di fatto questa popolazione vive su un supervulcano, una struttura che non presenta un edificio vulcanico visibile (come l’Etna e il Vesuvio), ma è costituita da un’ampia depressione di origine vulcanica. I supervulcani sono capaci di produrre gigantesche eruzioni esplosive, di eiettare colossali quantità di materiali per diversi chilometri di altezza e di provocare la ricaduta di enormi quantità di ceneri per centinaia di chilometri quadrati, in grado di modificare radicalmente la conformazione del territorio e indurre cambiamenti climatici su scala planetaria.
In passato nell’area dei Campi Flegrei si verificarono due potenti eventi eruttivi: il primo 39.000 anni fa, la più grande eruzione dell’area mediterranea degli ultimi 200.000 anni, il secondo 15.000 anni fa. Entrambi furono così violenti che i volumi di magma prodotti e le elevate velocità di emissione causarono collassi nel sottosuolo che diedero origine alla caldera flegrea, l’enorme depressione a semicerchio, bordata da numerosi coni e crateri vulcanici. Come indica la Protezione civile, l’assenza di eruzioni recenti (l’ultima risale al 1538) e la complessità del sistema vulcanico flegreo non consentono di prevedere quando, come e dove avverrà il prossimo evento. Una ripresa dell’attività potrebbe anche avvenire contemporaneamente da più centri eruttivi.
Eppure la possibilità di difendersi dal rischio vulcanico esiste: le attività di prevenzione possono consentirci di convivere con questi fenomeni. Il monitoraggio continuo delle manifestazioni legate alla dinamica dei vulcani, la redazione di piani di protezione civile basati sullo studio di scenari eruttivi e sulla valutazione dell’impatto di eruzioni attese, la messa a punto di protocolli operativi che assicurino l’allertamento e l’evacuazione delle zone a maggiore rischio in caso di eruzione, tutto questo e molto altro in Italia esiste già. Ma affinché l’applicazione di tali strumenti sia efficace, occorre anche un’attività di preparazione della popolazione esposta che aumenti la percezione e la consapevolezza del rischio incombente, e soprattutto è necessaria una gestione più accorta del territorio flegreo, che a giudicare dalla sua attuale densità abitativa non sembra essere stato mai interessato da politiche per la riduzione del rischio.
Considerazioni analoghe valgono per il Vesuvio, altro sorvegliato speciale (l’ultima eruzione risale al 1944) pur non essendo un supervulcano. Situato nel versante sud-orientale di Napoli, in posizione dominante rispetto al golfo e a soli 11 chilometri dal centro della città, per la sua grande esplosività e l’alta densità della popolazione circostante (i residenti potenzialmente a rischio sono circa 700.000), il Vesuvio è considerato uno dei vulcani più pericolosi al mondo, benché al momento non mostri fenomeni anomali rispetto alla sua consueta attività.