Corriere della Sera - La Lettura

Campi Flegrei, il supervulca­no minaccioso

- di SILVIA PEPPOLONI

Ivulcani sono espression­e della vitalità della Terra. Da sempre gli esseri umani sono terrorizza­ti dalla loro violenza e affascinat­i dalla varietà di forme e colori a cui danno origine. La presenza di minerali vulcanici conferisce grande fertilità ai suoli e questo ha sempre favorito la presenza di insediamen­ti e lo sviluppo di civiltà umane sulle vaste aree ricoperte da prodotti eruttivi, a dispetto della minaccia incombente su coloro che vivono intorno a un oggetto naturale potenzialm­ente letale.

Per avere una stima dell’intensità di un’eruzione viene impiegato l’indice di esplosivit­à vulcanica Vei (Volcanic Explosi v i t y I ndex). Concepito nel 1982, il Vei è una grandezza empirica, il cui valore varia tra zero e otto e dipende da numerosi fattori, tra cui il tipo di magma, la quantità dell’insieme dei prodotti eruttati, la posizione e la grandezza del vulcano e la sua precedente storia eruttiva.

Per quanto un’area vulcanica possa essere pericolosa e produrre eruzioni con alto indice di esplosivit­à, il rischio vulcanico, cioè la possibilit­à che un fenomeno eruttivo possa causare effetti rovinosi, dipende dalla presenza in quell’area di elementi che possano subire danni (persone, insediamen­ti abitativi, attività produttive, infrastrut­ture, beni monumental­i), dalla loro capacità di resistere a un fenomeno di una certa intensità (vulnerabil­ità) e dal loro valore in termini economici, artistico-culturali o di vite umane (esposizion­e). È chiaro quindi che, a pari t à di peri col osi t à v ul canica, quanto più un’area è urbanizzat­a tanto maggiore è il rischio. Un evento eruttivo che si verifica in un’area disabitata resta un fenomeno naturale senza conseguenz­e, mentre in presenza di centri abitati lo stesso fenomeno può trasformar­si in una catastrofe.

Oggi numerosi vulcani attivi, capaci di eruzioni potenti, si trovano in prossimità di città di milioni di abitanti, per effetto del progressiv­o abbandono delle campagne e dell’espansione degli insediamen­ti umani anche in zone ad alta pericolosi­tà geologica. Il monitoragg­io continuo con reti di strumenti geofisici, geodetici e geochimici assicura la sorveglian­za della loro attività e consente di ricavare indicazion­i sull’evoluzione dei vari fenomeni associati, alla ricerca di variazioni significat­ive di parametri ed elementi che possano segnalare una possibile nuova eruzione e quindi indurre a incrementa­re i livelli di allarme.

I n I t a l i a , uno dei pri mi Paesi a l mondo per numero di abitanti esposti a rischio vulcanico, l’attività di sorveglian­za viene svolta dall’Istituto nazio

La zona è sotto monitoragg­io continuo ma preoccupa la densità della popolazion­e

nale di geofisica e vulcanolog­ia, con il monitoragg­io costante di tutti gli apparati vulcanici nazionali considerat­i attivi. Particolar­e attenzione viene dedicata ai Campi Flegrei, vasta area situata nel golfo di Pozzuoli, circa 13 chilometri a ovest del centro di Napoli: si tratta di una grande caldera dal diametro di 12-15 chilometri, che nei suoi immediati dintorni vede la presenza di più di due milioni di persone, come mostra la visualizza­zione costruita con i dati del Global Volcanism Program della Smithsonia­n Institutio­n. Di fatto questa popolazion­e vive su un supervulca­no, una struttura che non presenta un edificio vulcanico visibile (come l’Etna e il Vesuvio), ma è costituita da un’ampia depression­e di origine vulcanica. I supervulca­ni sono capaci di produrre gigantesch­e eruzioni esplosive, di eiettare colossali quantità di materiali per diversi chilometri di altezza e di provocare la ricaduta di enormi quantità di ceneri per centinaia di chilometri quadrati, in grado di modificare radicalmen­te la conformazi­one del territorio e indurre cambiament­i climatici su scala planetaria.

In passato nell’area dei Campi Flegrei si verificaro­no due potenti eventi eruttivi: il primo 39.000 anni fa, la più grande eruzione dell’area mediterran­ea degli ultimi 200.000 anni, il secondo 15.000 anni fa. Entrambi furono così violenti che i volumi di magma prodotti e le elevate velocità di emissione causarono collassi nel sottosuolo che diedero origine alla caldera flegrea, l’enorme depression­e a semicerchi­o, bordata da numerosi coni e crateri vulcanici. Come indica la Protezione civile, l’assenza di eruzioni recenti (l’ultima risale al 1538) e la complessit­à del sistema vulcanico flegreo non consentono di prevedere quando, come e dove avverrà il prossimo evento. Una ripresa dell’attività potrebbe anche avvenire contempora­neamente da più centri eruttivi.

Eppure la possibilit­à di difendersi dal rischio vulcanico esiste: le attività di prevenzion­e possono consentirc­i di convivere con questi fenomeni. Il monitoragg­io continuo delle manifestaz­ioni legate alla dinamica dei vulcani, la redazione di piani di protezione civile basati sullo studio di scenari eruttivi e sulla valutazion­e dell’impatto di eruzioni attese, la messa a punto di protocolli operativi che assicurino l’allertamen­to e l’evacuazion­e delle zone a maggiore rischio in caso di eruzione, tutto questo e molto altro in Italia esiste già. Ma affinché l’applicazio­ne di tali strumenti sia efficace, occorre anche un’attività di preparazio­ne della popolazion­e esposta che aumenti la percezione e la consapevol­ezza del rischio incombente, e soprattutt­o è necessaria una gestione più accorta del territorio flegreo, che a giudicare dalla sua attuale densità abitativa non sembra essere stato mai interessat­o da politiche per la riduzione del rischio.

Consideraz­ioni analoghe valgono per il Vesuvio, altro sorvegliat­o speciale (l’ultima eruzione risale al 1944) pur non essendo un supervulca­no. Situato nel versante sud-orientale di Napoli, in posizione dominante rispetto al golfo e a soli 11 chilometri dal centro della città, per la sua grande esplosivit­à e l’alta densità della popolazion­e circostant­e (i residenti potenzialm­ente a rischio sono circa 700.000), il Vesuvio è considerat­o uno dei vulcani più pericolosi al mondo, benché al momento non mostri fenomeni anomali rispetto alla sua consueta attività.

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