Corriere della Sera - La Lettura
Il gas della perfezione distrugge il mondo
La paradossale ironia profetica di Karel Capek in un testo uscito nel 1922
«Il presidente Bondy si distese sulla sedia a dondolo per gustarsi con maggior comodità tutta l’amarezza di quelle misere condizioni. Certo, la Meas possiede 10 stabilimenti e 34 mila operai. La Meas è un’azienda leader del ferro. Non conosce concorrenza nel campo delle caldaie…». L’ambizione degli uomini d’affari è sfrenata, così Bondy incuriosito da un annuncio, intravisto sul giornale, tenta il colpo grosso per portare alle stelle il fatturato dell’azienda. Compra il brevetto di un carburatore portentoso, capace di disintegrare qualsiasi tipo di materia, trasformandola in gas, utilizzabile a scopi industriali.
Sembra una mossa vincente: il motore versatile dai mille usi, dal riscaldamento alla locomozione, in pochi mesi diventa indispensabile in tutto il mondo. Il gas prodotto dal carburatore è un residuo immateriale non decomponibile chimicamente, senza alcuna peculiarità già conosciuta all’uomo. È il puro, «l’Assoluto» allo stato più libero. Si insinua ovunque, a sorpresa, i suoi vapori cambiano il corso dell’umanità e generano il pandemonio.
Così racconta La fabbrica dell’Assoluto, romanzo fantascientifico dello scrittore ceco Karel Capek, arricchito dalle raffinate illustrazioni di Joseph Capek, fratello dell’autore. Il libro, pubblicato in patria nel 1922, arrivato in libreria con una nuova traduzione, descrive uno scenario distopico, ambientato in Europa fra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. L’accelerazione industriale sul finire dell’Ottocento aveva instaurato perplessità e timori verso «la meccanizzazione del mondo» e influenzato la letteratura con opere in cui le scoperte scientifiche proiettavano incognite pericolose sull’evoluzione dell’umanità. Spesso con una precoce consapevolezza ecologica, in queste narrazioni si descrivevano i danni provocati da nubi tossiche e fughe di gas. Questi fenomeni hanno senz’altro ispirato Capek, che però ha scelto una sfumatura differente per «l’Assoluto», protagonista del suo romanzo.
Il misterioso gas prodotto dalla combustione del carburatore rappresenta infatti la quintessenza della bontà. Una sorta di divinità allo stato gassoso che non solo regala estasi e beatitudine ma fa anche funzionare le cose al meglio. Un bene in teoria ma un gravissimo danno nella realtà. Contaminate dal miracolo dello spirito benevolo le macchine lavorano da sole, così le merci sono prodotte in sovrabbondanza. Le quotazioni dei beni precipitano e gli operai perdono il lavoro. Mentre in banca i titoli diventano carta straccia perché i direttori «scrivono epistole di fuoco sull’amore operoso verso il prossimo». Nelle relazioni sentimentali troppa sincerità e purezza uccidono il desiderio. E le epifanie religiose colpiscono a raffica e tutti rivendicano la propria personale verità assoluta.In un crescendo di situazioni surreali, l’autore narra le conseguenze di questa pericolosa overdose di perfezione e onestà che manda all’aria l’equilibrio del mondo.