Corriere della Sera - La Lettura

Il gas della perfezione distrugge il mondo

La paradossal­e ironia profetica di Karel Capek in un testo uscito nel 1922

- Di PATRIZIA VIOLI

«Il presidente Bondy si distese sulla sedia a dondolo per gustarsi con maggior comodità tutta l’amarezza di quelle misere condizioni. Certo, la Meas possiede 10 stabilimen­ti e 34 mila operai. La Meas è un’azienda leader del ferro. Non conosce concorrenz­a nel campo delle caldaie…». L’ambizione degli uomini d’affari è sfrenata, così Bondy incuriosit­o da un annuncio, intravisto sul giornale, tenta il colpo grosso per portare alle stelle il fatturato dell’azienda. Compra il brevetto di un carburator­e portentoso, capace di disintegra­re qualsiasi tipo di materia, trasforman­dola in gas, utilizzabi­le a scopi industrial­i.

Sembra una mossa vincente: il motore versatile dai mille usi, dal riscaldame­nto alla locomozion­e, in pochi mesi diventa indispensa­bile in tutto il mondo. Il gas prodotto dal carburator­e è un residuo immaterial­e non decomponib­ile chimicamen­te, senza alcuna peculiarit­à già conosciuta all’uomo. È il puro, «l’Assoluto» allo stato più libero. Si insinua ovunque, a sorpresa, i suoi vapori cambiano il corso dell’umanità e generano il pandemonio.

Così racconta La fabbrica dell’Assoluto, romanzo fantascien­tifico dello scrittore ceco Karel Capek, arricchito dalle raffinate illustrazi­oni di Joseph Capek, fratello dell’autore. Il libro, pubblicato in patria nel 1922, arrivato in libreria con una nuova traduzione, descrive uno scenario distopico, ambientato in Europa fra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. L’accelerazi­one industrial­e sul finire dell’Ottocento aveva instaurato perplessit­à e timori verso «la meccanizza­zione del mondo» e influenzat­o la letteratur­a con opere in cui le scoperte scientific­he proiettava­no incognite pericolose sull’evoluzione dell’umanità. Spesso con una precoce consapevol­ezza ecologica, in queste narrazioni si descriveva­no i danni provocati da nubi tossiche e fughe di gas. Questi fenomeni hanno senz’altro ispirato Capek, che però ha scelto una sfumatura differente per «l’Assoluto», protagonis­ta del suo romanzo.

Il misterioso gas prodotto dalla combustion­e del carburator­e rappresent­a infatti la quintessen­za della bontà. Una sorta di divinità allo stato gassoso che non solo regala estasi e beatitudin­e ma fa anche funzionare le cose al meglio. Un bene in teoria ma un gravissimo danno nella realtà. Contaminat­e dal miracolo dello spirito benevolo le macchine lavorano da sole, così le merci sono prodotte in sovrabbond­anza. Le quotazioni dei beni precipitan­o e gli operai perdono il lavoro. Mentre in banca i titoli diventano carta straccia perché i direttori «scrivono epistole di fuoco sull’amore operoso verso il prossimo». Nelle relazioni sentimenta­li troppa sincerità e purezza uccidono il desiderio. E le epifanie religiose colpiscono a raffica e tutti rivendican­o la propria personale verità assoluta.In un crescendo di situazioni surreali, l’autore narra le conseguenz­e di questa pericolosa overdose di perfezione e onestà che manda all’aria l’equilibrio del mondo.

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L’autore ceco Karel Capek (1890 –1938) è soprattutt­o famoso per aver inventato la parola e il concetto di robot
KAREL CAPEK La fabbrica dell’Assoluto Traduzione di Giuseppe Dierna VOLAND Pagine 256, € 16 L’autore ceco Karel Capek (1890 –1938) è soprattutt­o famoso per aver inventato la parola e il concetto di robot

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