Corriere della Sera - La Lettura
Sanditon Più Jane Austen di Jane Austen
Televisione Arriva in Italia la serie tratta dal romanzo incompiuto della scrittrice inglese. Lo sceneggiatore Andrew Davies, lo stesso del leggendario «Orgoglio e pregiudizio» che lanciò Colin Firth, racconta a «la Lettura» come ha costruito una stagione (forse due) partendo da poche pagine. Una coprotagonista è di colore, ma non è una licenza: c’è anche nel libro
Stravolgimenti sociali ed economici, il boom del turismo e la speculazione, la prima co-protagonista di colore di Jane Austen. Ma anche l’ipocondria, e la malattia. La malattia della grande autrice inglese, quella vera, per cui l’aria di mare non può nulla. Arriva per la prima volta sul piccolo schermo Sanditon, romanzo incompiuto di Austen, in una miniserie evento in esclusiva per l’Italia su laF da venerdì 18 settembre. A concludere l’opera per la tv è lo sceneggiatore, vincitore del premio Bafta, Andrew Davies, 84 anni, firma di un popolarissimo Orgoglio e pregiudizio con Colin Firth (1995) nonché dell’originale
House of Cards britannico (1990, dal romanzo di Michael Dobbs), adorato dalla critica. Punto di partenza, le 120 paginette scritte da Jane Austen tra gennaio e marzo 1817, a pochi mesi dalla morte (a luglio, a 41 anni, probabilmente per linfoma di Hodgkin).
Pubblicato per la prima volta nel 1925, con il titolo
Frammento di un romanzo, poi come Sanditon nel 1975 (in Italia Newton Compton, 2014, traduzione di Daniela Paladini), proprio per il suo essere incompiuto il libro è stato oggetto di numerose continuazioni e reinterpretazioni letterarie, nonché di una miniserie di YouTube ambientata in California ai nostri giorni, ma mai prima d’ora era stato al centro di un adattamento televisivo. Prodotto da Red Planet Pictures per Itv e Pbs e girato nel Somerset, il period drama, andato in onda l’anno scorso in Gran Bretagna e a gennaio negli Usa, è ambientato nel primo ventennio dell’Ottocento, alla fine dell’epoca georgiana e della rivoluzione industriale. Protagonista Charlotte Heywood, la maggiore dei 12 figli di un gentiluomo di campagna, che viene invitata, in seguito a un incidente, a trascorrere un periodo di vacanza nel villaggio sul mare di Sanditon. Non ci sono conferme ma già si parla di una seconda stagione.
Quando ha letto «Sanditon» per la prima volta e quando ha pensato di farne una serie tv?
«L’avevo letto molti anni fa. Ma, forse perché incompiuto, non avevo mai pensato di portarlo sullo schermo. Quando mi è stato proposto dalla produzione, ho capito che sarebbe stata una grande opportunità. All’epoca, Austen stava cercando di raccontare qualcosa di nuovo. L’ambientazione di Sanditon, per esempio, è più moderna di altri suoi romanzi. Un villaggio sul mare in via di trasformazione in località turistica: la nuova Brighton. Anche gli uomini sono diversi. I personaggi maschili di Austen sono solitamente aristocratici di campagna che vivono nelle loro grandi case cercando di preservare la tradizione. Tom Parker, invece, è un imprenditore: ha ipotecato tutto per il sogno di realizzare una stazione balneare, e la nostra Charlotte (l’attrice Rose Williams, de I Medici e Reign, ndr) ne resta affascinata. Ma soprattutto, in Sanditon Austen crea, pur non approfondendolo, il suo primo personaggio di colore, Miss Georgiana Lambe (Crystal Clarke), diciassettenne ereditiera mulatta di Antigua, nelle Indie Occidentali, emigrata in inghilterra per studiare e trovare marito».
Lei ha adattato più volte Austen. Stavolta, però, la sfida era un romanzo incompiuto. Come ha trovato un equilibrio tra immaginazione e fedeltà al testo?
«Ho usato tutte le sue pagine nel primo episodio. Per fortuna si era portata molto avanti e aveva già ben costruito quasi tutti i personaggi. C’è Charlotte, ragazza forse un po’ troppo sicura di sé ma entusiasta dei cambiamenti sociali in atto; Tom (Kris Marshall di Love Ac
tually, ndr), un visionario, che rischia più di quanto dovrebbe e si trova in difficoltà quando non riesce a pagare gli operai. Charlotte si appassionerà alla sua causa, ma il suo cuore sarà catturato dal fascinoso fratello minore di Tom, Sidney (Theo James). Alto e bruno, nel testo originale Sidney era appena accennato, e per vivacizzare le cose gli ho affiancato come rivale in amore un personaggio di finzione: James Stringer, giovane ambizioso che vuol diventare architetto e s’infatua di Charlotte. Parte della trama di Sanditon ruota attorno all’avara Lady Denham (Anne Reid), ricca settantenne che ha seppellito due mariti ed è socia in affari di Tom Parker. Non ha figli, ma tanti parenti che vorrebbero vederla morta. Lei ovviamente non ha alcuna intenzione di sparire e scatena continue liti tra i familiari».
E poi c’è il gossip.
«A Sanditon, tutti spettegolano con tutti e su tutti, così l’ho fatto anch’io. Con i miei colleghi ci siamo seduti e abbiamo spettegolato sui personaggi. “Che accadrebbe se…?”, “E se…?”. È stato interessante giocare con la figura di Georgiana, sottolineando l’ignoranza e i pregiudizi di gente che non aveva mai visto una persona di colore, per di più ricca. Il mondo sta cambiando: in giro per Sanditon ci sono tante persone delle Indie Occidentali. E Austen, nei cui romanzi non sono mai mancati personaggi dalla carnagione scura, non tratta Georgiana con sussiego: Miss Lambe si farà rispettare. Ho cercato poi di rispettare quel “qualcosa di nuovo” cercato da Austen anche nel finale della serie, con un maggiore realismo».
«Sanditon» è, per certi versi, una riflessione sulla mortalità. La mortalità della stessa Austen, malata, che sapeva che gli ipocondriaci — qui le sorelle di Parker, che lamentano i malanni più svariati — in fondo sono solo preveggenti. In questo senso «Sanditon» si distanzia dagli altri romanzi. Ma in generale che cosa rende la Austen perfetta per la tv?
«Il cuore delle sue storie è relativamente semplice. Un’eroina con cui c’identifichiamo, spesso in una posizione difficile, e trame amorose abbastanza scontate. Ma il genio di Austen sta nella comprensione della natura umana, nei personaggi complessi e sfaccettati. Lei sa che cosa spinge le persone a fare certe cose, e la sua ironia, le sue riflessioni sociali, sono folgoranti. Più ancora in Sanditon, dove c’è una vena comica, quasi caricaturale, nel descrivere le sciocchezze umane, l’ipocrisia. Perché è la commedia, più della tragedia, a raccontare meglio la vita umana. Tutti i grandi autori hanno sense of humour, anche Tolstoj. Ma io devo moltissimo a Austen: adattare Orgoglio e pregiudizio mi ha cambiato la vita».
Nella scena più famosa di «Orgoglio e pregiudizio», assente nel testo originale, Colin Firth usciva dal lago con la camicia bagnata: divenne un sex symbol. Lei flirta spesso col sesso nelle sue serie, più ancora in «Sanditon». Addirittura, «Guerra e pace» aveva scatenato una polemica preventiva tra gli storici. Salvo poi guardarla e scoprire che non era affatto scandalosa. Un po’ di marketing?
«Le convenzioni dell’Ottocento volevano che non si scrivesse di sesso. Questo non vuol dire che non ci fosse: è lì, tra le righe, insieme ai soldi, al potere e all’amore, forze in gioco di tutti questi romanzi. Io tiro semplicemente fuori ciò che è implicito. E leggendo attentamente Guerra e pace si capisce che Nataša è a un passo dall’essere sedotta da Anatole. Per non parlare di George Eliot. In Austen ci sono un sacco di allusioni a ragazze minorenni che vengono sedotte: lei era solo troppo discreta per scrivere vere e proprie scene di sesso. Molti scrittori dell’Ottocento si sarebbero spinti ben oltre se la società l’avesse permesso».
Ma perché le piacciono i romanzi dell’Ottocento?
«Prima di diventare sceneggiatore insegnavo letteratura: ogni giorno dovevo rendere quei romanzi reali affinché i miei studenti se ne interessassero. Ma la verità è che sono molto vecchio e non mi succede mai niente, ecco perché mi occupo di adattamenti. I miei figli hanno cinquant’anni e fanno le loro vite; il massimo dell’emozione, per me, è litigare con un elettrodomestico. Identificarmi con un diciassettenne mi fa sentire giovane. All’inizio della carriera, quando facevo il drammaturgo, molto di ciò che scrivevo era originale, spesso autobiografico. Avevo un sacco di idee in testa, poi come succede ho finito il materiale. La mia prima pièce, scritta per la radio, nel 1964, era ispirata ai miei anni da insegnante. Purtroppo il preside minacciò di farci causa e tutto saltò».
I suoi progetti futuri?
«Ho curato l’adattamento de Il ragazzo giusto, il romanzo di Vikram Seth ambientato in India negli anni Cinquanta, sugli schermi inglesi da qualche giorno per la regia di Mira Nair. E sto ultimando la sceneggiatura dei romanzi del Coniglio di John Updike: un totale di dodici ore di tv. Ma ciò a cui più di tutto vorrei dedicarmi è una biografia di Charles Dickens, di cui ho adattato Casa
desolata e La piccola Dorrit. Era un uomo affascinante, con una vita piena di mistero, nella mezza età impazzì. Ed è molto contemporaneo oggi che il divario fra ricchi e poveri si allarga e tanta gente si ritrova per strada senza nulla da mangiare».
Lei ha scritto l’originale «House of Cards» britannica. Come le è sembrata la versione americana?
«Mi è piaciuta moltissimo. E mi hanno dato un sacco di soldi. Facevo binge-watching a ogni stagione, anche se preferisco ancora guardare le serie di settimana in settimana. Mi piace che se ne possa parlare tra un episodio e l’altro, l’attesa cresce. Il binge-watching invece è gratificazione istantanea e i personaggi ne risentono. Certo, con la Brexit e i politici che ci ritroviamo ci sarebbe tanto materiale per un revival di House of Cards… ».