Corriere della Sera - La Lettura
Incontro con i tagliatori di teste parlando il dialetto di Savona
I viaggi di Giovanni Battista Cerruti
Chi lamentava la supremazia tirannica della scienza e si batteva contro vaccini ritenuti inutili, ora invoca le buone pratiche della ricerca e prega che si trovi presto un rimedio per la salute pubblica
Nell’isola indonesiana di Nias, al largo di Sumatra, due cose rendono le tribù ricche e forti: il numero di maiali, espressione di potenza e mezzo di corruzione («laggiù i troni grondano tutti di sangue; ma è sangue di porco») e la collezione di teste umane appese alle dimore dei re. A narrare gli inaccessibili (per un occidentale) segreti dell’isola, è il viaggiatore ligure Giovanni Battista Cerruti (18501914). Partito da Varazze (Savona) alla fine dell’Ottocento, passò la vita prima per mare, poi tra Singapore, la Malesia e in vari luoghi del Sud-Est asiatico. A noi restano due resoconti dei suoi viaggi, tra cronaca e leggenda: Nel
Paese dei veleni (1904) e Tra i cacciatori
di teste (1907), ora ripubblicato da Elliot (pp. 110, € 15). È qui che Cerruti narra le avventure clandestine tra gli abitanti di Nias: sacca in spalla, una bottiglia di whisky e del tabacco — utili per contrattare — l’uomo comunica in una lingua tra l’idioma del luogo e il dialetto savonese, facendosi così accogliere dagli indigeni, che un po’ lo considerano sciamano e un po’ tuada
Cerut talian: «nonno Cerruti italiano».