Corriere della Sera - La Lettura

Incontro con i tagliatori di teste parlando il dialetto di Savona

I viaggi di Giovanni Battista Cerruti

- di JESSICA CHIA

Chi lamentava la supremazia tirannica della scienza e si batteva contro vaccini ritenuti inutili, ora invoca le buone pratiche della ricerca e prega che si trovi presto un rimedio per la salute pubblica

Nell’isola indonesian­a di Nias, al largo di Sumatra, due cose rendono le tribù ricche e forti: il numero di maiali, espression­e di potenza e mezzo di corruzione («laggiù i troni grondano tutti di sangue; ma è sangue di porco») e la collezione di teste umane appese alle dimore dei re. A narrare gli inaccessib­ili (per un occidental­e) segreti dell’isola, è il viaggiator­e ligure Giovanni Battista Cerruti (18501914). Partito da Varazze (Savona) alla fine dell’Ottocento, passò la vita prima per mare, poi tra Singapore, la Malesia e in vari luoghi del Sud-Est asiatico. A noi restano due resoconti dei suoi viaggi, tra cronaca e leggenda: Nel

Paese dei veleni (1904) e Tra i cacciatori

di teste (1907), ora ripubblica­to da Elliot (pp. 110, € 15). È qui che Cerruti narra le avventure clandestin­e tra gli abitanti di Nias: sacca in spalla, una bottiglia di whisky e del tabacco — utili per contrattar­e — l’uomo comunica in una lingua tra l’idioma del luogo e il dialetto savonese, facendosi così accogliere dagli indigeni, che un po’ lo consideran­o sciamano e un po’ tuada

Cerut talian: «nonno Cerruti italiano».

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