Corriere della Sera - La Lettura
Lingua locale e non toscano Ma in fondo è solo poesia
Un panorama dove ogni autore fa per sé
Non esistono regole o ricette predefinite che consentano di leggere e comprendere la poesia. Esattamente come accade quando la si scrive. Tuttavia, se si pensa alla poesia in dialetto, che tanta parte ha avuto nella tradizione letteraria italiana e ancora continua ad averla, si può dire che una lettura puramente sociologica, per altro così diffusa, risulta sempre riduttiva.
Spiegando ogni cosa in termini di rivalità con la lingua nazionale, dell’opposizione tra vita e letteratura o di una maggiore vicinanza della parola alla cosa (per altro tutta da dimostrare), in realtà si spiega ben poco. Soprattutto, si finisce per non considerare il fatto, davvero fondamentale, che un poeta che scrive in dialetto si trova comunque di fronte a una lingua, non importa poi molto se già in possesso di una sua consistente tradizione di poesia (il milanese, il veneziano, il romanesco, il napoletano, ad esempio) oppure se priva di qualsiasi precedente scritto. Di per sé un dialetto non garantisce nulla; di conseguenza sta sempre a chi scrive di conquistarlo all’intensità espressiva che riconosciamo alla poesia. È necessario un poeta, insomma, per fare di un dialetto una lingua poetica.
A partire dal secondo dopoguerra i padri fondatori o comunque i maggiori esponenti della cosiddetta poesia neodialettale — ad esempio Tonino Guerra (Santarcangelo di Romagna, Rimini, 1920-Santarcangelo di Romagna, 2012), Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922-Roma, 1975, ma impiegava il friulano di
Casarsa), Albino Pierro (Tursi, Matera, 1916Roma, 1955), Raffaello Baldini (Santarcangelo di Romagna, 1924-Milano, 2005), Franco Scataglini (Ancona, 1930-Numana, Ancona, 1994) o Amedeo Giacomini (Varmo, Udine, 1939 - San Daniele del Friuli, Udine, 2006) — hanno fatto poesia con motivazioni e in modi infinitamente diversi. L’unico elemento comune, importante sì, ma come detto non risolutivo, è stata la loro scelta di scrivere in una lingua diversa da quella nazionale o, detto altrimenti, di scrivere in un dialetto diverso dal dialetto tosco-fiorentino che nel corso dei secoli si è imposto come lingua nazionale. E lo stesso deve dirsi dei tanti poeti italiani che nell’intrecciarsi delle generazioni scrivono oggi in dialetto: ognuno è soltanto sé stesso e dunque fa storia a sé, proprio come deve essere.
Così, se è possibile individuare aree geografiche in cui la poesia in dialetto appare più praticata (il Veneto, il Friuli, la Romagna, la Sicilia, ad esempio), e una volta riconosciuto che esistono parecchi giovani o giovanissimi che si rivolgono al dialetto per scrivere poesia (una per tutti, la siciliana Dina Basso, che è nata nel 1988 a Scordia, in provincia di Catania), il fatto probabilmente più rilevante è che alcuni tra i poeti più apprezzati e riconosciuti del panorama nazionale sono dialettali.
Primo fra tutti Franco Loi (1930), uno dei poeti italiani più totali degli ultimi decenni, che ha fatto del suo milanese uno strumento poetico di eccezionale capacità ed estensione, dai registri epico-popolareschi a quelli più lirici e interiori. E proprio seguendo la distinzione, magari un po’ convenzionale, tra poesia lirica e poesia narrativa, si potrà ricordare sul primo versante almeno Emilio Rentocchini (1949), che nel dialetto della nativa Sassuolo (Modena) ha piegato l’ottava della tradizione epica padana in una direzione appunto lirica, tutta giocata tra l’intellettualismo filosofico della poesia metafisica e l’abbandono a una musicalità che trova in sé le proprie ragioni. Mentre dall’altro andrà menzionato Fabio Franzin (1963), che nel suo trevigiano localizzabile tra Oderzo e Motta di Livenza scrive versi d’esplicito impegno civile, con una fede e una caparbietà che hanno pochi riscontri nel panorama nazionale di questi anni.
Sono soltanto pochi richiami, certo insufficienti a render conto di una situazione ricca e diversificata, che in ogni caso andrà considerata non come un corpo separato ma come parte a tutti gli effetti costitutiva e integrante della poesia italiana del nostro tempo.
Geografia È possibile individuare aree dove la lirica in dialetto è più praticata, spesso anche da giovani e giovanissimi: Veneto, Friuli, Romagna, Sicilia