Corriere della Sera - La Lettura
Autentici o no
Un giovane Vassily Kandinsky, dopo una spedizione etnografica nella regione russa di Vologda, è colpito dall’arte popolare; Constantin Brâncusi nutre interesse per l’ebanisteria romena, Paul Gauguin per la Polinesia, Natalia Goncharova per i costumi spagnoli. Grazie alle opere di oltre 50 artisti, anche ironici sul concetto di «autenticità», la mostra Folklore al Pompidou di Metz celebra l’incontro tra arte e scienze umane.
stro comportamento senza libero arbitrio. Ma non potrebbe essere comunque solo un’utile invenzione?
«Quando la migliore spiegazione di un fenomeno postula alcune proprietà o entità, è una buona pratica scientifica considerare quelle proprietà o entità come reali e non solo come un’invenzione. Perché pensiamo che la gravità, l’elettromagnetismo e alcune particelle elementari e non osservabili siano reali? Proprio perché la nostra migliore spiegazione postula la loro esistenza. Allo stesso modo, siccome la nostra migliore spiegazione del comportamento umano descrive le persone come agenti con intenzionalità e capacità di compiere delle libere scelte, abbiamo una buona ragione scientifica per considerare intenzionalità e libero arbitrio come reali. Sono postulati teorici, ovviamente, ma ben supportati dalla spiegazione intenzionale del comportamento umano».
Possiamo dimostrare il libero arbitrio nello stesso senso in cui dimostriamo la forza di gravità?
«Anche la dimostrazione della gravità è indiretta. Le nostre migliori spiegazioni dei fenomeni fisici si basano su una serie di postulati che includono la gravità. Ma siccome questi postulati sono empiricamente ben supportati, abbiamo delle buone ragioni per pensare che i postulati sottostanti siano corretti, e quindi crediamo che la gravità sia un fenomeno reale. Questa è la pratica scientifica, quello che chiamiamo “realismo scientifico”. Allo stesso modo, come dicevo, dal momento che le migliori spiegazioni del comportamento umano si fondano sul postulato che le persone sono agenti dotati di intenzionalità e capacità di scegliere, abbiamo buone ragioni scientifiche per ritenere il libero arbitrio un fenomeno reale. Certo, è un argomento indiretto, ma è analogo a quelli che riguardano altre proprietà o entità che possiamo osservare solo indirettamente».
È possibile considerare qualcuno responsabile (moralmente e legalmente) se non c’è libero arbitrio?
«È un argomento controverso, ma io penso che qualcuno completamente privo di libero arbitrio non possa essere considerato responsabile delle sue azioni. Le faccio un esempio: se qualcuno causa un danno mentre è ubriaco o sotto l’effetto di qualche altra sostanza, potrebbe non aver scelto liberamente di compiere quell’azione dannosa, ma potrebbe comunque aver liberamente deciso di bere o di assumere qualche sostanza. E quindi può essere in qualche modo considerato responsabile, ad esempio per negligenza o incoscienza. Il libero arbitrio c’entra, almeno indirettamente. Al contrario, se qualcuno causa un danno in un modo che è del tutto al di fuori del suo controllo — per esempio a causa di uno spasmo involontario — sarebbe davvero assurdo considerarlo responsabile».
Un sistema giudiziario basato sul libero arbitrio non porta a moltiplicare i reati e a inasprire troppo le pene?
«Gli scettici riguardo all’esistenza del libero arbitrio sostengono che, se fossimo d’accordo nel ritenerlo una illusione, avremmo una buona ragione per riformare la giustizia penale. Sottolineano come molti sistemi penali siano troppo duri e si fondino su forme punitive esclusivamente retributive. Rinunciando al concetto di responsabilità, dicono, possiamo rinunciare anche all’idea di retribuzione. Però se esiste o no il libero arbitrio non c’entra con il domandarsi quale sia il miglior sistema penale. Anche io condanno l’eccessiva severità delle punizioni e l’impostazione meramente retributiva. Si può accettare il libero arbitrio e allo stesso tempo essere a favore di una riforma del sistema penale che dia più importanza alla giustizia riparativa, comprese la riabilitazione e la reintegrazione dei colpevoli. Il concetto di responsabilità non ha bisogno, e non dovrebbe aver bisogno, di essere legato al concetto di punizione».