Corriere della Sera - La Lettura

I geniali «dialoghi celesti» tra i gesuiti e la Cina

Gli scritti di Xu Guangqi, poliedrico intellettu­ale convertito al cristianes­imo, su temi di geometria, matematica, astronomia. Condivise la visione rinascimen­tale che coniugava teologia e studio della natura nella crisi spirituale segnata dal tramonto del

- Di STEFANO GATTEI

Al confine tra i saperi

La scelta di servirsi della scienza per l’evangelizz­azione, praticata sistematic­amente solo in Cina, deve molto ai rapporti dei missionari con autori di matrice confuciana che abbracciar­ono la religione cattolica

Alla fine del Cinquecent­o, in una serie di venti incisioni dal titolo Nova reperta, l’artista Jan van der Straet celebra le esplorazio­ni compiute quasi un secolo prima da Cristoforo Colombo e da Amerigo Vespucci: il momento della scoperta è colto sottolinea­ndo il forte contrasto tra la civiltà europea, rappresent­ata da Vespucci, e il Nuovo Mondo selvaggio, incarnato da una donna seminuda, strappata al sonno dall’arrivo del navigatore. La potenza militare passa in secondo piano: il pittore fiammingo raffigura l’esplorator­e con la spada riposta nel fodero e con l’armatura metallica coperta dagli abiti, mentre tiene stretti in mano i simboli della superiorit­à scientific­a europea. Nella mano destra regge una bandiera in cui sono raffigurat­e le stelle della Croce del Sud, che lo stesso Vespucci sosteneva di aver descritto per la prima volta, dando importanti contributi alla cosmografi­a; nella sinistra tiene un astrolabio, lo strumento che lo aveva guidato attraverso l’Oceano Atlantico.

La scena raffigurat­a da van der Straet presuppone una concezione alquanto ingenua della trasmissio­ne scientific­a e tecnologic­a in base alla quale gli europei, nel ten

tativo di imporre il proprio dominio politico, militare, economico e spirituale, sono strumenti passivi nel processo di trasferime­nto delle conoscenze da una cultura a un’altra.

Il fenomeno fu in realtà molto complesso e si declinò in modi differenti secondo la regione interessat­a. Emblematic­a, a questo proposito, è la missione dei gesuiti in Cina, alla fine del Cinquecent­o. Arrivato con Michele Ruggieri nel 1583, Matteo Ricci non comprende immediatam­ente il valore che le nozioni di astronomia e di matematica, apprese seguendo le lezioni di Cristoforo Clavio al Collegio Romano, possono avere per il successo della missione. Seguendo il motto di «Farsi cinese con i cinesi» del maestro Alessandro Valignano, i missionari si spogliano del saio e dell’aspetto esteriore di monaci buddhisti, che avevano inizialmen­te assunto, per adottare le lunghe barbe, le vesti di seta e i privilegi sociali dei letterati confuciani. Imparano però anche a mettere a frutto la curiosità che gli orologi, le carte geografich­e e gli strumenti astronomic­i europei suscitavan­o nei rappresent­anti dell’élite cinese. Tra questi, Xu Guangqi (1562-1633), letterato e alto funzionari­o imperiale, descritto in seguito da Ricci come «la magior colonna che in questi principij hebbe questa christiani­tà della Cina».

Amico e difensore dei missionari che operarono in Cina negli ultimi anni del Cinquecent­o e nella prima metà del Seicento, intellettu­ale poliedrico — il «Francesco Bacone cinese», lo definisce Zhu Kezhen — Guangqi affianca Ricci nella traduzione del manuale di geometria euclidea e di altri testi matematici di Clavio, scrive di astronomia, contribuis­ce alla riforma del calendar i o , a l l ’a r t e mi l i t a r e e a l l ’a g r o n o mi a . D i q u e s t o importante studioso, ancora poco conosciuto nel nostro Paese, appare ora un’ampia antologia di testi, tradotti integralme­nte in italiano (spesso per la prima volta): Xu Guangqi e gli studi celesti, a cura di Elisa Giunipero (Guerini e Associati). Filo conduttore della raccolta è il concetto di Tianxue («studi celesti»), il cui tema è appunto il cielo, inteso nel suo senso più ampio. Tian («cielo») includeva infatti, secondo la visione elaborata in Cina dai gesuiti e dai loro interlocut­ori cinesi, tanto il creatore quanto la sua creazione, l’universo. Per i missionari gesuiti, portatori della visione del mondo teologico-umanistica del Rinascimen­to, scienza e fede non sono contrappos­te (come sarà invece in seguito), ma neppure divise: sono due rami di uno stesso sapere che si integrano a vicenda e condividon­o l’appello all’argomentaz­ione razionale.

La scelta di servirsi della scienza per l’evangelizz­azione, elaborata progressiv­amente e praticata sistematic­amente solo in Cina, deve molto all’interazion­e con gli intellettu­ali di formazione confuciana convertiti al cristianes­imo, come Xu Guangqi, che la accolgono e contribuis­cono al tempo stesso a trasformar­la in modo decisivo, adattandol­a al contesto cinese dell’epoca.

Lontana (non soltanto geografica­mente) dalla contrappos­izione tra scienza e fede che segna l’Europa in quegli stessi anni, quella che si afferma in Cina è una visione congeniale alla ricerca di nuovi orientamen­ti intellettu­ali e spirituali, nello sforzo di trovare risposte filosofich­e, teologiche e scientific­he che permettess­ero di affrontare la crisi politica e l’irrequiete­zza spirituale che l’Impero cinese vive in quel periodo, alla fine della dinastia Ming.

Gli scritti raccolti nel volume sono fonti preziose per chiunque voglia accostarsi alla conoscenza di un personaggi­o capace di una sintesi originale, segnata da una continua ricerca e da una grande apertura al cambiament­o. E costituisc­ono una testimonia­nza eloquente delle complesse dinamiche della contaminaz­ione culturale nella prima età moderna. Con buona pace di van der Straet, esplorator­i e missionari non furono strumenti passivi della trasmissio­ne della scienza europea, ma interagiro­no con gli intellettu­ali locali, impiegando selettivam­ente elementi dell’una e dell’altra tradizione. Lungi dall’identifica­rsi con una semplice riproduzio­ne della scienza europea su vasta scala, la sintesi raggiunta da personaggi come Matteo Ricci e Xu Guangqi si caratteriz­za piuttosto come una trasformaz­ione creativa delle conoscenze naturali del vecchio mondo per far fronte alle esigenze di quanti vivevano nei «nuovi mondi».

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