Corriere della Sera - La Lettura
Il superpoema di Dioniso alla stagione finale
L’ultimo volume dell’opera di Nonno di Panopoli, lunga come «Iliade» e «Odissea» insieme
«Orsù, mentre mi unisco al vostro coro nella vicina isola di Faro,/ ponetemi accanto il multiforme Proteo: che si mostri/ nei suoi cangianti aspetti, poiché io modulo un inno screziato» (I, 13-15): in questi versi di invocazione alle Muse, Nonno di Panopoli (vissuto nel V secolo, ma la sua biografia permane ancora avvolta nel mistero) offre preziose indicazioni sulla sua poetica e sulla concezione delle Dionisiache. Proteo, divinità delle metamorfosi, esprime perfettamente la multiformità dell’opera (con l’espressione «inno screziato», presa a prestito da Pindaro, si indica proprio la «varietà») e le numerose trasformazioni dei personaggi mitologici in essa raccontate. E non solo: rappresenta anche la molteplicità dei generi (poesia bucolica e poesia oracolare, commedia e romanzo, epigramma e poesia innodica convivono con il poema epico) e del lessico (notevole la presenza di neologismi e di nuovi composti).
Strutturate in una complessa architettura (oltre 20 mila versi distribuiti in 48 canti: lo stesso numero di libri che compongono, in totale, Iliade e Odissea), le Dionisiache raccontano la vita di Dioniso: dagli episodi che precedono la sua nascita (soprattutto le vicende del nonno Cadmo) alla spedizione in India e alle numerose guerre (metafora degli scontri per la civilizzazione dell’Oriente barbaro) che gli consentiranno, infine, l’ascesa al cielo per sedere a fianco del padre Zeus.
L’intero poema, con la recente pubblicazione del quarto ed ultimo volume, è ora disponibile nella «Biblioteca Adelphi» (Nonno di Panopoli, Le Dionisiache. IV. Canti 37-48, a cura di Francesco Tissoni). Una godibile traduzione, di Maria Maletta, con un ampio commento (manca però il testo greco a fronte, presente invece nei quattro tomi dell’edizione Bur-Rizzoli) che ha richiesto più di vent’anni di lavoro (1997-2020).
Si tratta di un’immensa enciclopedia di miti, in cui le vicende di Dioniso vengono intrecciate a una serie di lunghe digressioni che, talvolta, finiscono per assumere un valore quasi indipendente dalla storia principale: qui trovano posto altri personaggi e divinità (si pensi a Ermete, Persefone, Poseidone) o diversi eventi storici (i versi in cui si racconta la fondazione di Berito, l’attuale Beirut) o dettagli di alcuni miti non attestati in altre fonti (il caso di Atteone ci pare esemplare).
Nonno, nelle vesti di Proteo, mescola epica omerica e filosofia neoplatonica, paganesimo e cristianesimo, letteratura e immagini (l’ékphrasis, la capacità di descrivere visivamente luoghi e opere d’arte, gioca un ruolo centrale nel poema). Non a caso nel Rinascimento le Dioni
siache ispireranno celebri letterati e artisti (tra cui Poliziano, Paolo Veronese, Giovan Battista Marino).
In un mondo sublunare che impedisce agli esseri umani di percepire l’essenza delle cose, alla fabula (al mythos) viene assegnato un ruolo ambivalente: rendere visibile l’invisibile (attraverso la traduzione in immagini concrete delle conoscenze più astratte), ma anche «velare» la «verità» per proteggerla dai profani e per invitare (chi la desidera) a cercarla.