Corriere della Sera - La Lettura
Giustino, il principe degli aneddoti curiosi
Trasse dalle «Storie» di Pompeo Trogo un’antologia molto apprezzata da Petrarca
In un momento imprecisato che oggi gli studiosi collocano nel IV secolo della nostra era, un certo Marco Giuniano Giustino, che si trovava a Roma al seguito di un personaggio altolocato a noi ignoto, si imbatté in una copia delle Storie Filippiche di Pompeo Trogo, autore che in età augustea aveva scritto della formidabile ascesa e caduta del regno macedone, più o meno all’epoca in cui Tito Livio componeva la sua monumentale Storia di Roma. Giustino aveva deciso di trarne, come dice lui stesso, un «piccolo mazzo di fiori» ovvero un’antologia.
Negli ultimi due secoli gli studiosi non hanno mostrato grande stima per Giustino, che è stato accusato di avere mutilato il lavoro originale di Trogo, tanto apprezzato dagli antichi e purtroppo per noi perduto. Ma in questi ultimi anni Giustino è stato al centro di una profusione di studi, a volte discordi, che testimoniano la necessità di un nuovo giudizio. Dopo la traduzione nella nostra lingua di Luigi Santi Amantini (Tored, 2017) e l’edizione francese a cura di Bernard Mineo e Giuseppe Zecchini (Editions Budé, Parigi, 2016-2018), è appena apparsa una nuova traduzione italiana a cura di Alice Borgna (Rusconi).
Nell’introduzione, Borgna dimostra che Giustino non si preoccupò affatto di rispettare l’impianto o il metodo storiografico di Trogo, ma selezionò gli aneddoti che gli interessavano, particolarmente quelli che potessero far luce sulla natura umana. Riferiva gli eventi senza fornire un contesto o una spiegazione storica, con poca o nessuna attenzione per cronologia, geografia, aspetti politici e militari. Giustino, forse, non voleva neppure essere considerato uno «storico», ma si rivolgeva a un pubblico di oratori e studenti delle scuole di retorica, affamati di esempi moraleggianti con cui arricchire la propria conversazione e crearsi fama di competenza enciclopedica.
I suoi aneddoti gravitavano intorno a temi ben individuabili: meraviglie, curiosità, dialoghi arguti, espedienti, scene patetiche, reazioni di fronte alle sventure, ritratti grotteschi, donne in azione. Una storia «esplosa» in una successione di quadretti, governati però da una chiara articolazione interna e caratterizzati da un brio per nulla spiacevole, una «camera delle meraviglie» in cui sfilano re obesi, donne energiche, ti