Corriere della Sera - La Lettura
Il drago della Louisiana ama la vodka e la tv
L’intervista Eoin Colfer è un romanziere irlandese, autore della saga per ragazzi «Artemis Fowl», che come pochi s’intende di mondi fantasy e di animali fantastici. Torna in libreria con un testo per adulti («Ho pubblicato talmente tanti libri per bambini che mi veniva naturale non usare parolacce, ora mi sono lasciato un po’ andare»), «Fiamme nella palude», con una creatura mitologica ed eccentrica di nome Vern e un adolescente di nome Everett. «Da piccolo mi sarebbe piaciuto essere un po’ mascalzone, ma ero timido. Ho amato personaggi irregolari come Huck Finn, purtroppo non ho mai avuto il loro coraggio. Infrango le regole soltanto nella scrittura»
C’è un drago millenario nas co s to nel l e pa l udi del l a Louisiana. Parola di Eoin Colfer, lo scrittore irlandese che come pochi altri si intende di mondi fantasy, di creature fantastiche (e dove trovarle). L’inventore della saga bestseller per ragazzi «Artemis Fowl» è tornato con Fiamme nella palude, un romanzo per adulti, con protagonisti un drago di nome Vern e un adolescente, Everett; è una storia da lasciare a bocca aperta per originalità dei personaggi, ritmo e inventiva del racconto; «la Lettura» ha incontrato l’autore.
Qual è la genesi del romanzo?
«Ha iniziato la sua vita come un libro per bambini ambientato in Irlanda, dove un uomo vecchio e scontroso incontra un adolescente scapestrato: i due a poco a poco si conoscono e imparano a rispettarsi. Ma mi è sembrato un po’ un cliché fino a quando mi è venuto in mente che il vecchio poteva essere un drago (questo è il genere di cose che mi viene in mente!); allora tutto mi è suonato molto più interessante. Non ho idea da dove provengano questi pensieri, ma ho imparato a fidarmi di loro».
Perché una storia di draghi per adulti nel ventunesimo secolo?
«Ogni volta che uso creature così caratterizzate, come un drago, provo ad aggiungere qualcosa di nuovo. Quindi, invece di avere un tipico drago grandioso e stupefacente, volevo un essere con caratteristiche che di solito non erano associate ai draghi. Al mio drago piacciono la tv via cavo, la vodka, il film Flashdance e segue una dieta chetogenica (povera di carboidrati, ricca di grassi, ndr). Mi è parso qualcosa di diverso e originale».
Da dove viene la passione di Vern per «Flashdance»? Lei è un fan di Jennifer Beals, la protagonista del film?
«Ci sono cose che succedono nel mio subconscio che anche per me sono incomprensibili, ma ricordo di essere stato un grande fan di Jennifer Beals in quel film nel 1983 quando avevo 18 anni».
Come ha lavorato alla trama? E sulla scrittura?
«Ho fatto molti sforzi per trovare un equilibrio tra ritmo e atmosfera. Volevo che il libro fosse scorrevole ma allo stesso tempo avevo bisogno che le persone si sentissero come in Louisiana. In un certo senso, la palude è anche un personaggio del libro. Per la trama è stato uno spasso, ho dato libero sfogo alla mia immaginazione».
In effetti l’ambientazione — il bayou, la palude, il fiume, la foresta — è molto particolare. Perché ha scelto quello scenario? Ha visitato quei luoghi?
«No, non ci sono mai stato, anche se grazie a Fiamme nella palude sono stato invitato a tenere alcune conferenze lì quest’estate, purtroppo ora impossibili. Ho scelto la Louisiana perché c’era una leggenda preesistente del mostro della palude di Honey Island e ho pensato che
sarebbe stata una mossa intelligente da parte di un drago nascondersi dietro quella leggenda, in modo che se fosse stato individuato nessuno ci avrebbe creduto davvero. Poi penso che l’atmosfera Southern Gothic (sottogenere della narrativa americana con storie horror e grottesche ambientate negli Stati del Sud,
ndr) sia molto efficace per un libro così».
Il finale è aperto. Sta pensando a un sequel o una serie?
«Tutto è possibile. Se scriverò un sequel ho intenzione di andare a vivere lì per sei mesi mentre lo scrivo. Vorrei fare un’altra storia di Vern, ma dubito che mi impegnerò in un’altra lunga serie. Tre titoli sarebbe il massimo».
Situazioni esilaranti, descrizioni dell’ambiente, scene d’azione con combattimenti... Quali parti è stato più facile e/o difficile scrivere?
«Sono attratto dalla commedia, a volte il mio editore deve farmi smettere di inserire battute in situazioni serie. Cerco di trovare il lato comico in ogni situazione, il che a volte non aiuta la narrazione».
Perché i suoi personaggi (umani e non) usano così tante parolacce?
«Ho scritto libri per bambini per così tanto tempo che mi veniva automatico non usare imprecazioni. Ora per una volta l’ho fatto, ma prometto di calmarmi per il futuro».
Quando era ragazzo assomigliava a Everett? Era scapestrato come lui?
«Mi sarebbe piaciuto essere un po’ mascalzone, ma in realtà ero piccolo e timido. Ho ammirato personaggi immaginari come Huckleberry Finn che erano in contrasto con le regole, ma non ho mai avuto il coraggio di essere così. Infrango le regole sul terreno della scrittura».
Nel libro fa riferimento a un «poliedrico genio italiano» del XV secolo e a un suo disegno...
«Parlo di Leonardo da Vinci. Mi è sembrato divertente immaginare che Vern avesse incontrato anche Leonardo. All’inizio non avevo immaginato Vern come raffigurato da Vinci nel disegno Lotta fra
un drago alato ed un leone, ma dopo averlo studiato in quella versione ha preso il sopravvento ed è così che penso adesso al mio drago».
Quale lettore ha immaginato per questo romanzo?
«Spero che ai lettori di “Artemis Fowl” che sono cresciuti possa piacere. Forse anche i fan di Terry Pratchett, che si divertono a ridere con il fantasy, potrebbero divertirsi. Pure gli amanti della serie tv
True Blood e del Southern Gothic potrebbero gradire l’idea di un drago che vive in Louisiana. Ma al di là di tutto, quando scrivo un libro penso solo alla storia e se mi diverto a scriverlo. Il pensiero di quali saranno i lettori viene dopo».
Ha iniziato a scrivere più di vent’anni fa. Come è cambiato il suo lavoro?
«Quando avevo vent’anni scrivevo il più possibile: mattina, mezzogiorno e sera; ora provo a passare del tempo all’aperto e con la mia famiglia. Cerco di rendere il mio tempo di scrittura più concentrato e sono interessato alla qualità del lavoro. Il risultato è che scrivo meno ma spero che sia un lavoro migliore».
Nel 2018 è stato ospite a «Mare di Libri» a Rimini, un festival organizzato da ragazzi e ragazze che leggono. Che cosa ricorda di quell’esperienza?
«Ho adorato quell’occasione. Sono stato così colpito dai giovani che hanno organizzato quel festival. Hanno scelto gli scrittori e creato i luoghi e devo dire che le cose sono andate meglio che in molti festival internazionali gestiti da adulti. Rimini è bellissima. Con la mia famiglia ci siamo ripromessi di tornarci».
Pensando anche all’emergenza sanitaria in atto è ottimista per il futuro?
«Il mio umore tende a cambiare da super ottimista a un po’ cupo. Quando hai figli è difficile non preoccuparsi per loro. Penso che le cose nel nuovo anno si sistemeranno».