Corriere della Sera - La Lettura
«Vuoi un caffè?» Il libero arbitrio è davvero libero
Mente Escludere la facoltà di scelta delle persone e ricondurre tutto a processi inconsci, sostiene lo studioso Christian List, non permette di capire le azioni dei nostri simili. Le ragioni per cui il pubblico compra una merce o gli elettori votano un pa
Ogni mattina decidiamo se bere un caffè o un cappuccino. Scegliamo se avere figli o no e quale lavoro ci piacerebbe. Se facciamo del male intenzionalmente a qualcuno, rischiamo la galera. La premessa di tutto questo è il libero arbitrio. O almeno così sembra. Perché il determinismo del mondo fisico prima e le neuroscienze poi hanno messo in crisi la credenza che siamo davvero liberi di scegliere. E se fosse solo una illusione? Il filosofo inglese Christian List, nel libro Il
libero arbitrio (Einaudi), difende l’idea che la libertà di scelta esista.
Perché il libero arbitrio è tanto importante e perché ha deciso di scrivere un libro per difenderlo?
«Il concetto di libero arbitrio — che possiamo cioè scegliere e avere il controllo delle nostre azioni — è essenziale per la nostra comprensione del comportamento umano. Sia per le scelte di tutti i giorni (che cosa mangiare a cena) sia per le decisioni più importanti (se sposarci e che lavoro fare), non saremmo davvero in grado di scegliere se non pensassimo che abbiamo delle alternative. Sul concetto di libero arbitrio si fonda anche la possibilità di attribuire una responsabilità morale e legale alle nostre azioni. Negli ultimi anni, lo scetticismo riguardo al libero arbitrio è cresciuto, sia nel dibattito scientifico sia in quello più popolare. Molti scrittori sostengono che il libero arbitrio è una illusione. Insomma, l’argomento del mio libro — se il libero arbitrio può adattarsi a una visione scientifica del mondo — sembra tempestivo».
Viviamo in un mondo fisico. Che differenza c’è tra entità soprannaturali, di cui non possiamo dimostrare l’esistenza, e la nostra intenzionalità? E come evitare il dualismo mente-corpo?
«Anche se viviamo in un mondo fisico, non vuol dire che le scienze fisiche possano spiegare tutto. Pensi ai fenomeni psicologici, sociali ed economici. Questi sono fenomeni emergenti dalla comples
sa organizzazione dei sistemi fisici, ma i concetti e le categorie del mondo fisico non riuscirebbero da soli a spiegarli. Ci servono le scienze psicologiche, sociali ed economiche, e i loro specifici concetti e categorie. L’intenzionalità è uno di questi. Per spiegare il comportamento umano, consideriamo le persone come agenti intenzionali, come esseri con credenze e desideri, capaci di prendere decisioni. Questa è al momento la migliore spiegazione del comportamento umano e supporta l’ipotesi che siamo davvero agenti intenzionali. Non stiamo quindi invocando niente di soprannaturale né un misterioso dualismo. La capacità umana di avere una intenzione è sempre il risultato di processi biologici e fisici; non è tuttavia spiegabile in termini riduzionistici, ma ha bisogno delle scienze del comportamento umano».
Com’è possibile che qualcosa di immateriale come uno stato mentale possa farmi muovere un braccio o farmi porre queste domande?
«È il problema della causazione mentale. Alcuni sostengono che gli stati mentali non causino mai le azioni. Quando scelgo di alzare il mio braccio per salutare un amico, questi scettici dicono che è il mio cervello a farmelo fare. In ogni modo, dobbiamo chiederci quale sia la migliore spiegazione del comportamento umano. Le spiegazioni che rimandano le azioni umane a cause fisiche subconsce sono migliori di quelle che richiedono stati mentali intenzionali? Supponiamo che io debba prendere un taxi a Milano e chieda di andare a piazza del Duomo. Come previsto, il tassista mi porta lì. Un altro giorno chiedo di andare al Castello Sforzesco e di nuovo arrivo a destinazione. Come posso spiegare i due eventi e che cosa hanno in comune? Se considerassimo i processi microfisici delle macchina e del corpo e del cervello del guidatore, saremmo travolti da informazioni irrilevanti. Non sapremmo individuare i fatti esplicativi rilevanti. Invece i due eventi sono facilmente spiegabili se consideriamo che il tassista e il passeggero sono agenti che compiono scelte e se capiamo che hanno intenzioni e stati mentali. Voglio andare in un posto, lo dico al tassista e lui si forma l’intenzione di portarmi lì e ha un incentivo nel farlo perché è il modo in cui si guadagna da vivere. Se pensassimo alle persone come mere macchine fisiche, anche qualcosa di semplice come l’interazione tra tassista e passeggero sarebbe inspiegabile. Sarebbe come provare a spiegare perché i consumatori reagiscono ai cambiamenti dei prezzi e gli elettori votano per un candidato ricorrendo alla fisica delle particelle — che è il livello sbagliato di spiegazione. Quando dobbiamo interpretare il comportamento umano, le spiegazioni che implicano il mentale e le cause intenzionali sono spesso superiori a quelle che rimandano a processi fisici subconsci. Ogni spiegazione intenzionale si basa, almeno implicitamente, sull’ipotesi che le persone abbiano il libero arbitrio».
In effetti non è facile spiegare il no