Corriere della Sera - La Lettura
Il #MeToo non piace a Lolita
Il primo romanzo di Kate Elizabeth Russell è diventato un caso. Perché racconta di una quindicenne che ama (o crede di amare) il suo professore dal quale è amata (o crede di essere amata). Molti anni dopo succede qualcosa...
Qual è il confine fra molestia e trasgressione? Vanessa ha 15 anni e si è invaghita del docente di Letteratura. È molto carismatico e la fa sentire speciale. La prima esperienza sentimentale è così eccitante perché proibita. Meno banale delle storielle fra coetanei. «Mi piaceva la relazione numerica fra i nostri anni, i suoi tre volte i miei. Mi immaginavo tre piccole me che trovavano posto dentro di lui: la prima avviluppata al cervello, la seconda al cuore, la terza liquefatta a scivolargli nelle vene».
La ragazzina frequenta la seconda liceo in un collegio privato, in una cittadina del Maine, è schiva, insicura del proprio aspetto, ha pochi amici. Odia i genitori. La relazione con il professore di Lett e r a t u r a i n g l e s e , i n t e l l e t t u a l mente affascinante ma fisicamente un po’ trasandato, è pericolosa, euforizzante come una droga. Un segreto da custodire con orgoglioso batticuore. Il diario, dettagliato, intimo, provocatorio, a tratti scioccante, di questa storia d’amore è narrato in Mia inquieta Vanessa (Mondadori) debutto letterario della trentaseienne americana Kate Elizabeth Russell, che dichiara di aver lavorato alla storia per 18 anni ma nega ogni riferimento autobiografico. Il romanzo, pubblicato nel mercato anglosassone all’inizio dell’anno, ha fatto molto scalpore ed è diventato subito un bestseller, sia nel Regno Unito sia negli Usa. I diritti sono stati venduti in trenta Paesi e opzionati per la versione cinematografica. È stato lodato per la scrittura coraggiosa e onesta che affronta elementi drammatici e attuali: la precoce sessualizzazione degli adolescenti, il tema del consenso, il trauma degli abusi.
Due sono i piani narrativi in cui si snoda la vicenda. C’è un continuo rimando fra il 2000, con Vanessa quindicenne tra le braccia del professore, e l’autunno del 2017, quando è nato il movimento #MeToo e lo scandalo delle molestie sessuali dilaga in tutto il mondo: in ogni campo (veri o presunti) predatori sessuali sono individuati e messi alla gogna. In questi mesi la protagonista del romanzo, ormai adulta, viene contattata da una giornalista perché anche sul suo ex grande amore circolano ipotesi pesanti. Negli anni, altre studentesse sono state oggetto delle sue attenzioni e l’accusa è quella ignominiosa di pedofilia.
È proprio questo lo spunto che dà l’avvio alla tormentata introspezione della protagonista. La prima reazione è scandalizzata: non tradirà mai l’uomo che l’ha fatta sentire per la prima volta amata. La loro è stata un’autentica, seppure difficile e tormentata, love story. «Non è giusto chiamarlo pedofilo, non lo è mai stato. È una scorciatoia, una bugia, così come è sbagliato definire me vittima e nulla di più. Lui non è mai stato così semplice, e nemmeno io».
In un flash back di ricordi, l’autrice riproduce perfettamente l’ingenua e irresponsabile naturalezza dell’adolescente, immersa nella disturbante strategia di manipolazione messa in atto dal professore. Seduttore raffinato e agevolato dagli innumerevoli spunti della materia che insegna, intriga la giovane studentessa, lodando la sua capacità di scrittura e poi consigliandole ovviamente di leggere Lolita di Vladimir Nabokov. Anzi, prestandole la propria vissutissima copia, con tanto di note e commenti e inquietanti sottolineature a margine: «Lei, non ravvisata dalle sue compagne, posa tra loro a sua volta ignara del proprio fantastico potere». E come se non bastasse, per lusingarla ancora di più, le fa notare un altro ambiguo segno del destino, proprio il suo nome, Vanessa, è citato in un verso di Fuoco pallido, sempre di Nabokov.
La ragazzina è incantata e la trappola diventa sempre più prossima. Il talento di Russell è proprio quello di riuscire a coinvolgere e turbare il lettore nell’attesa di qualcosa di irreparabile che incombe. Un pericolo che sembra non venire assolutamente percepito dalla protagonista. Anzi, quando qualche elemento troppo crudo stride con la realtà sentimentale in cui crede, Vanessa si affida ancora a improbabili e romantiche certezze. «Era così innamorato che quando uscivo dalla classe, mi ha raccontato che andava a sedersi al mio posto. Metteva la testa sul tavolo e provava a respirarmi».
Nel 2017, la protagonista è più che trentenne, le ambizioni letterarie non hanno trovato riscontro e lavora come receptionist in un hotel, è single e ancora in sporadico contatto telefonico con il suo vecchio amore. Ormai è troppo adulta per eccitarlo, il loro rapporto è quasi paterno. I pettegolezzi sulla condotta dell’uomo sono sempre più pressanti, oltre alla giornalista, che rincorre la ragazza per averne la testimonianza, un’ex studentessa ha accusato sui social il professore di molestie. Il post è diventato virale, l’hashtag del # MeToo è dirompente come un fiume in piena. Il nome del docente infangato per sempre. Vanessa è affascinata da questa inaspettata resa dei conti ma terrorizzata dalle conseguenze: tutto il vissuto, la percezione della sua esperienza rischia di andare a rotoli e ridursi a puro squallore. Forse ha molestato le altre, ma lei è stata amata davvero.
Si ribella davanti alle rivendicazioni femministe, così acide, postume e aggressive. «Penso che queste donne si siano lasciate trascinare dall’isteria del momento. Voglio dire: è un movimento, no? È così che lo definiscono. E di fronte a un movimento con un impeto del genere è naturale volervi prendere parte, ma per essere accettata deve esserti successo qualcosa di orribile. E se invece una non volesse mettere a parte il mondo intero di ogni evento negativo che le è capitato, come la dovremmo definire? Debole? Egoista? Una che difende gli stupratori?». L’equilibrio fra rivalsa e giustizia è delicato, spesso troppo personale. La consapevolezza della protagonista lascia fiorire molte riflessioni. Magari difficili da accettare, sempre dolorosamente attuali.