Corriere della Sera - La Lettura
NEL LABIRINTO BUROCRATICO
Se c’era bisogno di dimostrare quanto sia importante disporre di un solido apparato pubblico, la fase in cui siamo entrati con la pandemia ha provveduto a farlo, soprattutto per quanto riguarda il servizio sanitario nazionale, ma non solo. Suona dunque preveggente, dato che risale a poco prima dell’emergenza Covid-19, il titolo del libro Lo Stato necessario (Rizzoli, pp. 608, € 22), che l’autore Domenico De Masi, autorevole sociologo, presenta al Festivaletteratura di Mantova domenica 13 settembre.
Non si tratta però di un elogio incondizionato della mano pubblica. Anzi per definire la burocrazia De Masi prende a prestito dal linguaggio ecologista del filosofo Timothy Morton l’inquietante termine «iperoggetto», vale a dire «qualcosa che esiste benché non possa essere toccato, che resta invisibile anche se, in momenti e circostanze particolari, si manifesta con accadimenti caotici». E comunque «persiste quasi sempre in modo opprimente e minaccioso nel nostro inconscio». Una struttura del genere, vischiosa e «inglobante», risulta difficilissima da riformare, poiché costituisce essa stessa lo strumento principale della propria trasformazione, alla quale oppone ovvie resistenze. Ma è importante fissare, sottolinea De Masi, «una linea di demarcazione al di sotto della quale il funzionamento dell’apparato statale non dovrebbe mai scendere».
Ricco di riferimenti storici e letterari, da Gustave Flaubert a Herman Melville, il volume di De Masi si avvale di contributi forniti da undici esperti delle più varie materie. Opera meritoria e da meditare, visto che la politica sembra avere rinunciato al ruolo di indirizzo dell’amministrazione per concentrarsi nella corsa mediatica al consenso. Eppure, senza la dovuta attenzione all’aspetto gestionale, al modo in cui le leggi vengono attuate, qualsiasi provvedimento finisce per diventare lettera morta, il che risulta particolarmente pericoloso nelle situazioni eccezionali come quella che stiamo attraversando.
Fondata appare anche la tesi di De Masi circa il fatto che la macchina dello Stato non può limitarsi a imitare i criteri di funzionamento delle aziende private, che hanno obiettivi di altro genere. Convince meno la retorica contro il «neoliberismo martellante», in cui a tratti l’autore indulge. Lo Stato è necessario, ma per tenerlo in piedi ci vogliono risorse provenienti in prevalenza dall’economia di mercato, ricavate sulla base di un prelievo fiscale che deve badare a non divenire così gravoso da rivelarsi suicida. Ovviamente ci si può affidare al debito pubblico: in circostanze come quelle attuali è assolutamente necessario. Ma bisogna sempre preoccuparsi molto della sua sostenibilità.