Corriere della Sera - La Lettura
Uno scontro (tragicomico) di culture
Fouad Laroui
Cambiare città, vita, lavoro. Dare un tocco di esotismo alla grigia routine parigina. Cécile e François Girard, una coppia di quarantenni, decide di rompere la monotonia: «Un riad a Marrakech sistema tutto». La suggestione di un documentario, un po’ di soldi da investire; il resto è magia: vivere in una casa tradizionale marocchina, cucinando tajine e scrivendo un libro... Gioca con gli stereotipi il marocchino Fouad Laroui (1958) ne La vecchia signora del riad (traduzione di Cristina Vezzaro,
Del Vecchio, pp. 223, 18), e li usa per costruire una storia ironica e a tratti tragica, dove due culture si riflettono in uno specchio di superficialità e incomprensioni. Per poi riscoprire una storia comune.
Cécile chiede aiuto al collega Abdelkader, «che viene da lì», e saprà come si compra un riad a Marrakech («Sono di Tangeri: è a 500 chilometri in linea d’aria»). Esistono gli agenti immobiliari lì? — «No (...) si fa valere il diritto di suolo» —, la prende in giro Abdelkader. C’è internet in Marocco? Dopo tragicomici eventi, e divertenti giochi linguistici basati su continui malintesi, i due riescono ad acquistare un riad da Mille e una notte, ma il loro entusiasmo è rotto da un incontro inquietante: nell’abitazione c’è una vecchia che se ne sta seduta lì da molti anni, in attesa di un certo Tayeb.
Inizia così un racconto nel racconto: la storia di Tayeb altro non è che la storia del Marocco sotto il protettorato francese. Per riscattare l’onore del padre maltrattato dai miscredenti, Tayeb partecipa alla guerra del Rif (1921-26), nell’esercito di Abdelkrim contro spagnoli e francesi. E poi alla Seconda guerra mondiale, con altri 90 mila marocchini andati a combattere in Europa, questa volta accanto agli stessi francesi. Ripercorrendo le ferite dell’esperienza coloniale, Laroui, marocchino che vive in Olanda, mette insieme il dialogo impossibile tra due mondi, la complessità di cogliere fino in fondo l’anima di un popolo, senza mai raccontare i suoi connazionali come vittime, ma «macchiette difettose», proprio come i francesi. I protagonisti di queste moderne Lettere persiane (il riferimento è al testo di Montesquieu del 1721) scopriranno di avere qualcosa da «restituire» a quel Paese. Alla vecchia del riad. E soprattutto a sé stessi.