Corriere della Sera - La Lettura
A scuola con dolcezza e Cobain
Canta un epos liceale del ’96
Settembre 1996, l’ultimo anno di liceo per un gruppo di ragazzi e ragazze dello Scientifico Scacchi di Bari è il banco di prova emotivo per una generazione. Sono adolescenti a loro modo speciali, fin dai nomi e soprannomi che risuonano di immaginario nell’elenco dei diciassette «Personaggi principali» che apre Stupidi e contagiosi, riuscito esordio di Giovanni Za che omaggia nel titolo un celebre verso di Smells Like Teen Spirit dei Nirvana. Ci sono il tennista Alexander, in pagine ispirate da David Foster Wallace, Zeno Mascagni e Svevo Veneziani, Zelda S. che beve gin rickey come Fitzgerald, Alberto Sordi, Carlo XVI Gustavo omonimo del re di Svezia, l’asiatica Kazu Makino della cantante dei Blonde Redhead e diversi altri: tutti, comunque, coinvolti in un racconto corale che tocca le tappe ricorrenti della formazione di tanti ragazzi degli anni Novanta.
Gli amori, la musica, le elezioni dei rappresentanti, l’occupazione della scuola, la gita all’estero, il viaggio di maturità in Europa con il treno Interrail: esperienze che l’autore sa rendere con una certa epica adolescenziale, in bilico tra malinconia e umorismo, grazie a uno stile curato, tanto dettagliato e saturo quanto pronto a esplodere, talvolta, in poesia. Senza smartphone e social, tra audiocassette e diari, la loro colonna sonora è nell’onda lunga della musica grunge: morto suicida Kurt Cobain il 5 aprile 1994, infatti, il genere era andato avanti per alcune stagioni. C’è tanto rock e tanta ansia adolescenziale, ma Za la veste con liberatorie pennate iperboliche. È il caso di Carlo Gustavo, «il più bravo della scuola, della città, dell’universo» e tra i caratteri meglio riusciti del libro: dalla vana guerra con la madre per andare a vedere la band di Seattle a Roma nel ’94, combattuta a colpi di saggi — il materno «La poetica del decadentismo debosciato» contro il suo «Perché non possiamo non dirci cobaniani» —, all’amore per Titta Rosa. Per lei, amata e sofisticata compagna di classe, scrive Minnesang, antichi componimenti lirici in tedesco che la ragazza apprezza, anche se liquida Carlo chiamandolo «Sabbiolino».
Altro personaggio chiave è Zeno, un «perdedor rock-grunge-alt-rock» che fonda il gruppo Leuconoe, in omaggio alla IX delle Odi di Orazio, insieme alla compagna Kazu Makino il cui «manifesto» è molto diretto: «Io canto e spacco la faccia ai fighetti». Se il romanzo si presenta nel sottotitolo del frontespizio come «Antologia di sogni e desideri di media-borghesia tardonovecentesca», su quelle speranze, spesso, arriva «l’Elefante Rosa — che si siede sui pensieri e li schiaccia» ovvero una certa depressione che diventa mood generazionale, ben sintetizzato da un altro dei personaggi, Moya: «Abbiamo scelto di non scegliere la vita, abbiamo scelto la frustrazione, di arrivare sempre secondi, ma di sapere che avremmo meritato di essere primi, abbiamo scelto di non provarci e di dare per scontato che no, non andrà, abbiamo scelto di chiederci continuamente cosa vogliamo fare, cosa non possiamo diventare, quanto dobbiamo soffrire».
Sopra questa traccia d’animo, il narratore onnisciente crea instancabile un altro mondo che mitizza certi episodi scolastici: dall’occupazione della scuola che si realizza quando «un gruppo di sciamannati prende il Palazzo d’Inverno» ai ricorrenti «aedi» che tramandano le voci di corridoio, a certe cotte irrisolte come nella notte in hotel in cui Zelda e il compagno di classe Mastarna «si addormentarono masticando parole di comprensione e tenerezza». A disperdere le trame di tanti destini prima dell’Università è la vacanza europea dopo gli esami che, fin dal titolo dell’ultimo dei sedici capitoli, ha il tono di un addio: «Le stelle ora sono morte». Za firma un’opera che porta con sé i sapori di un tempo, di un rock scomparso e del sogno fallimentare e romantico ricorrente di chi è cresciuto nell’ombra elettrica del «Santo» Cobain: «Bisogna sabotare l’Impero facendo finta di stare al gioco, per poi smascherare il bluff […]. Farlo marcire da dentro».