Corriere della Sera - La Lettura
L’Eden è un inferno Guyotat, voce scandalosa
Il usciva in Francia «Éden, Éden, Éden», leggendario romanzo di atrocità e oscenità di uno scrittore a lungo bandito, oggetto di censure e appelli (tra gli altri: Mitterrand e Pasolini...). Il cinquanta istituzioni in tutto il mondo (in Italia anche la Galleria Borghese) leggeranno brani scelti. In una performance che è memoria e riparazione
L’enorme scandalo all’epoca della sua uscita, il 9 settembre 1970: un libro scritto in una lingua allucinatoria dove si parlava esplicitamente, sia pure in una struttura narrativa non convenzionale, di guerra (d’Algeria), di omosessualità, di terrore e delle violenze più estreme, a dispetto di quel titolo rassicurante e paradisiaco: Éden, Éden, Éden. A firmare quel volume Pierre Guyotat, scrittore francese scomparso ottantenne a febbraio, colui che al tempo — osannato nei ristretti circoli delle neoavanguardie — era considerato la voce più ribelle e radicale del panorama letterario d’Oltralpe.
Nato il 9 gennaio 1940 à Bourg-Argental, nella Loira, arruolato nel 1960 in Algeria, Pierre fu imprigionato nella primavera del 1962 con l’accusa di attentare al morale dei soldati. Pochi anni dopo nascerà il suo romanzo Tombeau pour cinq cent mille soldats, feroce critica del colonialismo pubblicata da Gallimard, l’opera di un ventisettenne che già aveva dato alle stampe due libri precoci, Sur un cheval (1961) e Ashby (1964), apparsi presso l’editore Seuil. Ma è con Éden, Éden, Éden che il già «maledetto» Pierre arriva a colpire ancora più duro, scioccando un Paese che pure aveva da tempo sdoganato il Marchese de Sade (uno degli autori, con Rimbaud, spesso citati per la prosa di Guyotat).
Nonostante un editore di peso, ancora Gallimard, nonostante la prefazione di tre giganti dell’intellighenzia dell’epoca — Roland Barthes, Michel Leiris, Philippe Sollers — nonostante un articolo lusinghiero che Michel Foucault gli dedicò sul «Nouvel Observateur», appena un mese dopo la sua comparsa Éden, Éden, Éden è infatti sottoposto a censura con tripla interdizione (« affichage, publicité, mineurs ») in un decreto dell’allora ministro dell’Interno e firmato dal capo della polizia. A nulla varranno le discese in campo «pesanti» a favore del volume: una, dell’allora deputato François Mitterrand con un discorso all’Assemblea Nazionale; l’altra, un intervento scritto del presidente della Repubblica Georges Pompidou indirizzato al suo ministro ma rimasto senza risposta. Claude Simon, futuro premio Nobel per la Letteratura nel 1985, arriverà a dimettersi dalla giuria del Prix Médicis per la mancata vittoria di Éden, Éden, Éden. E inascoltate resteranno anche le voci del pantheon internazionale delle lettere e delle arti, sceso in campo con una petizione contro la condanna del libro firmata, tra i tanti, da Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Joseph Beuys, Maurice Blanchot, Pierre Boulez, Max Ernst, Jean Genet, Joseph Kessel, Nathalie Sarraute, dal medico-filosofo e Premio Nobel Jacques Monod...
Il bando di Éden, Éden, Éden terminerà solo undici anni dopo, nel marzo 1981. Ma a mezzo secolo da quella prima, sofferta pubblicazione, per il libro — il cui manoscritto è oggi conservato presso la Bibliothèque nationale de France — è arrivato il momento del riscatto, in forma di omaggio. Il prossimo 9 settembre, ricorrenza della pubblicazione, a cinquant’anni esatti di distanza e in cinquanta diversi luoghi del mondo legati alla vita e all’opera di Guyotat, brani scelti del volume saranno letti in contemporanea in una sorta di reading planetario. Per l’Italia è stata scelta — tra gli altri — la Galleria Borghese di Roma, nelle cui sale — in filodiffusione e per dodici minuti durante ogni turno di visita del museo — risuoneranno, tradotti in italiano per la prima volta da Valentina Parlato e Roberta Sferzi, passi del libro-scandalo affidati alla voce del doppiatore Stefano Bianchini.
L’inziativa è stata promossa dall’Association Pierre Guyotat, voluta dall’autore prima della scomparsa e presieduta da Donatien Grau, scrittore e critico d’arte, responsabile per la programmazione del contemporaneo del Musée d’Orsay di Parigi e molto legato a Guyotat con cui ha scritto, a quattro mani, il libro-colloquio Humains par hasard: «Ho conosciuto Pierre — racconta — quando avevo 22 anni, durante una passeggiata sul lungosenna in cui parlammo di Filippo il Bello, della Parigi medievale, di Mazzarino... Da allora è nato un rapporto di amicizia e stima per questa grande voce della letteratura, un uomo sensibilissimo, capace di immaginare il futuro del suo tempo e tutte le contraddizioni legate al tema dell’oppressione e delle relazioni, sessuali e umane, tra persone. Un intellettuale capace di inventare una lingua, bellissima, un francese tutto nuovo e non egemonico che integra l’alto e il basso, dialetti regionali, francese del Medioevo e latino, quello parlato in Africa o nel sud dell’India».
La Galleria Borghese, museo che nel trionfo del sublime disvela al suo interno anche un grandioso amalgama di carne, sangue, epos e passioni (dalla testa mozzata di Golia nel dipinto di Caravaggio, ai due mitologici stupri scolpiti nel marmo da Bernini, Apollo e Dafne e Ratto di Proserpina) è stata, per Guyotat, un luogo dell’anima: «Pierre visitò più volte le sale del museo — racconta Grau — restandone ogni volta affascinato. Non è impossibile stabilire profonde connessioni tra i capolavori conservati qui e l’opera potente di Guyotat. Alla Borghese inoltre, nel 2015 c’era stata una mostra di abiti del couturier Azzedine Alaïa, grande amico, sodale ed estimatore dell’opera di Pierre. Dunque una serie di intrecci, anche biografici e sentimentali, hanno fatto sì che proprio la Borghese ci sembrasse il posto ideale, uno dei cinquanta nel mondo, dove far risuonare la sua voce».
Tra gli altri luoghi prescelti dall’Association Guyotat e da Gallimard ci sono, in Italia, Palazzo Grassi a Venezia, Faust a Torino, Progetto a Lecce, e poi Festival d’Avignon, Reina Sofía a Madrid, Garage Museum of Contemporary Art a Mosca, Museu Serralves di Porto, Stony Island Bank a Chicago, Maison Africaine de la Poésie Internationale a Dakar, Cabinet a Londra, Eventos del Libro a Medellin, Malba a Buenos Aires, Center for Contemporary Art a Tel Aviv, American University a Beirut. E ovviamente Parigi, che il 9 proporrà, nella libreria-cult Les Cahiers de Colette, la lettura integrale di Éden, Éden, Éden, otto-nove ore circa durante le quali si alterneranno le voci dell’ex ministro della Cultura Jean Jacques Aillagon, del direttore del Musée national d’art moderne Centre Georges Pompidou, Bernard Blistène, di due tra i più noti intellettuali di Francia, Antoine Compagnon e Patrick Boucheron, entrami docenti al Collège de France, del rapper Abd Al Malik, del regista Abderahmane Sissako, dello scenografo Patrick Bouchain.
Per Guyotat — già in vita risarcito con il Prix de la Bibliothèque nationale de France nel 2010, e con il Médicis negatogli nel ’70 ma ottenuto nel 2018 con Idiotie — la maratona planetaria rappresenta una consacrazione internazionale, tanto più in Paesi, come l’Italia, dove la sua opera è poco conosciuta (prima e unica traduzione, sempre di Valentina Parlato con Marco Dotti, resta quella del 2009 del libro-confessione Coma, per Medusa). E in Italia Guyotat era venuto l’ultima volta nel dicembre 2019, in occasione della mostra Le violon d’Ingres a Villa Medici, in cui, lui che era anche artista figurativo, espose disegni di esplicito tema omoerotico e di una virulenza pari almeno a quella dei contenuti dei suoi libri. In quell’occasione anche l’immancabile visita alla Borghese, allora diretta da Anna Coliva che ha poi gestito, fino al recente pensionamento, la performance-Guyotat, oggi seguita dal funzionario della Galleria Geraldine Leardi: «Alla lettura in filodiffusione — spiega — abbiamo scelto di affiancare due totem che spiegassero al pubblico il senso dell’operazione. Il testo, stampato, sarà distribuito ai visitatori. E a fine audio si sentirà anche, per un minuto, la voce originale dell’autore».