Corriere della Sera - La Lettura
VOCE «SBAGLIATA» CHE CANTA CON TANTE VOCI
Il titolo del nuovo disco del cantautore israeliano Asaf Avidan, Anagnorisis — in uscita l’11 settembre per l’etichetta Artist First — è una parola dal significato profondo che viene dal greco antico. È un topos delle opere drammatiche e si può tradurre con la parola «agnizione». Si tratta dunque dell’improvviso e inaspettato riconoscimento dell’identità di un personaggio, che determina una svolta nella vicenda. Ma è anche qualcosa di legato alla «conoscenza», alla «rivelazione». Il disco precedente, Study on Falling (2017), era riferito invece al concetto del «cadere»: la terra ci attrae, ci chiama a sé, ma noi, seguendo antichi riti, riusciamo a salvarci. Cadere, sbagliare, rinascere, conoscere: sembra questo il percorso fatto finora dal rocker e narratore di storie israeliano.
Di Anagnorisis (il video della canzone omonima è di Wim Wenders) il musicista dice: «Mi sono ritrovato a prendermi del tempo lontano dal palco e a scavare nel mio io. Ma ogni volta che credevo di aver afferrato qualcosa, tutto cambiava e si trasformava in qualcos’altro ancora». Avidan è soprattutto voce. Una voce di potenza ultraterrena, fatta di polvere, fuoco e ruggine che si inerpicano dentro un timbro lunare e femmineo, di quelli «sbagliati» per i canoni tradizionali. Voce che fece «scandalo» per la sua perturbante violenza/bellezza/originalità, costruita com’è intorno alle sfumature esteticamente meno belle del canto, a quelle impennate inaspettate nei registri acuti e di gola che hanno fatto sì che la sua voce sia stata paragonata più volte a quella di Janis Joplin. Ancora di più può essere accostata alla voce dello sconosciuto (e straordinario) Jimmy Scott (1925-2014), che morì proprio quando il giovane Avidan stava attirando i riflettori internazionali su di sé. Grazie a una musica diretta, immediata, a pelle, costruita su due accordi di chitarra acustica reiterati e di certo meno strutturata ed elaborata di quella proposta in Anagnorisis. (helmut failoni)