Corriere della Sera - La Lettura
Vu’ recita’? Hollywood, Italia
Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Robert De Niro, Al Pacino, Brian De Palma: solo per nominare i più noti dagli anni Settanta a oggi. E se ci spingiamo un po’ più indietro, anche Frank Sinatra e Dean Martin. Il contributo degli italo-americani alla gloria di Hollywood è indiscutibile. Ma da dove nasce questa fioritura di talenti? Cosa c’era prima, agli inizi del XX secolo, quando l’emigrazione italiana era un fenomeno di massa e il cinema americano agli esordi? I nessi storici e culturali tra emigrazione, cinema e immagine degli italiani nei film Usa sono stati studiati pochissimo. Finalmente arriva il lavoro della storica del cinema Giuliana Muscio che pubblica, dopo anni di ricerca, Napoli/New York/Hollywood. La storia dell’emigrazione artistica italiana che ha cambiato il cinema americano e l’immagine degli italiani negli Usa, libro fondamentale uscito prima negli Stati Uniti.
Il rapporto con l’italianità del cinema americano (non ancora solo Hollywood; Muscio sottolinea le diversità produttive e artistiche tra East e West Coast) è fin da subito ambiguo. Da una parte l’Italia è percepita come una delle culle della civiltà europea, con la punta di diamante dell’opera lirica, allora popolarissima. Dall’altra il rapporto quotidiano con gli immigrati produce tutt’altro effetto, non dissimile da quello che — ahimè — conosciamo oggi noi nei confronti dei migranti. Succede così che, insieme all’adorazione per un divo multimediale ante litteram come Enrico Caruso (il tenore girò anche molti film di successo), conviva la sfiducia, se non peggio, verso l’italiano del popolo, percepito come «problematico», se non apertamente delinquenziale. Però negli anni Trenta, quando escono alcuni dei più celebri gangster movie ispirati a figure di criminali italiani (come Scarface e Piccolo Cesare), a impersonarli non sono chiamati i «nostri», ma Paul Muni e Edward G. Robinson, che creano uno stereotipo del gangster italiano come se lo immaginano gli americani.
Muscio nota con sagacia che quando invece sono veri italiani emigrati o nati da famiglie emigrate a interpretare i «cattivi», la loro performance è molto meno melodrammatica. Cita i casi di Jack La Rue (nato Gaspare Biondolillo), Eduardo Ciannelli e George Raft.
Va detto che il libro di Muscio è anche un inedito dizionario di nomi e volti che abbiamo visto in centinaia di film, ma di cui non siamo mai stati davvero consapevoli. Eccone alcuni: Antonio Maiori, Mimì Aguglia, Nino Martini, Tullio Carminati, Frank Puglia, Henry Armetta... Si tratta soprattutto di caratteristi, perché è come se Hollywood — per lungo tempo — non si sia per nulla fidata della capacità degli italiani di rappresentare sé stessi,