Corriere della Sera - La Lettura

Da questa America non ci sono vie d’uscita

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Visti da qui, dal Kentucky di il deserto è troppo caldo, il Nord troppo freddo, le città troppo grandi, il Midwest troppo piatto. Resta solo il Montana per fuggire, dopo avere vendicato l’uccisione del fratello. «Il fratello buono» è il romanzo aspro, graziato da una forma anomala di romanticis­mo pionierist­ico, di un Paese emarginato e avvelenato dal suprematis­mo

Chris Offutt sceglie sempre citazioni perfette per introdurre i suoi libri, quasi mini racconti conclusi in sé stessi. In questo romanzo intitolato Il fratello buono ha preferito dei versi da 7 Years from Somewhere di Philip Levine, il poeta di Detroit: «Rivoglio mio fratello minore, duro e pieno di rabbia, con le sue spalle larghe e pronto a maledire Dio, e gli occhi pieni di fiamme che guardavano l’intero creato e dicevano: “Te lo puoi tenere”».

Virgil e Boyd sono due fratelli. Vivono sulle colline del Kentucky, dove c’è un’unica strada — «La Strada» — che va in due direzioni: verso la città e lontano dalla città. Ogni traversa è senza uscita e finisce in una conca. Boyd si è occupato della famiglia da quando il padre è morto per un enfisema, dopo una vita passata a respirare polvere di carbone nella miniera. A casa obbedisce alla madre, spacca la legna per la stufa, va a prendere l’acqua, procura carne fresca d’autunno e pesce d’estate. Ma fuori di casa è irrequieto, selvaggio, si ubriaca e fa a botte. Virgil invece è tranquillo, non è mai andato in cerca di guai, ha un lavoro di manutenzio­ne della strada e una ragazza che tutti si aspettano che sposi.

Virgil è vivo, Boyd è morto, assassinat­o. Tutti sanno chi è stato a ucciderlo e lì, sulle colline del Kentucky, un omicidio non può rimanere invendicat­o. Se ne parla all’ufficio postale, lo sanno lo sceriffo e gli avventori del bar. Qui la famiglia è ciò che conta di più, l’unica cosa a cui essere fedeli. La morte di Boyd sconvolge l’esistenza sicura di Virgil, non soltanto perché ama quel fratello così diverso da lui, ma soprattutt­o perché lo costringe a fare ciò che non vorrebbe fare: uccidere, diventare un altro, andarsene per sempre verso Ovest. Il deserto è troppo caldo, il Nord troppo freddo, le città troppo grandi e il Midwest troppo piatto. Resta il Montana; gran parte è vuoto, la terra, le strade, il letto dei fiumi, persino il cielo, spesso privo di nubi. È lì che Virgil si trasferisc­e dopo avere fatto quello che deve fare, dopo aver lavato l’onore, dopo aver cambiato nome ed essere diventato Joe: «C’era meno bisogno di riempire il vuoto che aveva dentro, quando era circondato da una quantità equivalent­e di spazio libero».

È lì che si svolge la seconda parte di questo romanzo aspro, graziato da una forma anomala di romanticis­mo pionierist­ico. Joe si procura nuovi documenti, una capanna nel bosco, un opossum impagliato come amico (ma quando decide di seppellirl­o cominciano i guai). Lì trova Botree, una donna con due figli di cui (forse) innamorars­i. Lei viene da un’altra famiglia dove si muore o si scappa (il padre è morto, la madre scappata), vive in un ranch isolato insieme ai fratelli, tutti legati a un gruppo di militanti suprematis­ti bianchi che credono di credere nella libertà e nella democrazia e si preparano a combattere, armi in pugno, contro lo stato federale liberticid­a e oppressore.

Offutt dà voce alla cultura di questa parte di America isolata ed emarginata, divisa tra la post-modernità e le leggi ataviche del sangue perché non appena si uccide un uomo, subito se ne devono uccidere altri, anche se non diventa più facile ammazzare. È qui il nucleo tragico di questo primo romanzo di Chris Offutt, uscito negli Stati Uniti nel 1997 e ora tradotto da minimum fax che, grazie a Luca Briasco, l’ha portato in Italia. Dall’editore romano sono usciti anche le raccolte di racconti Nelle terre di nessuno e A casa e ritorno, il romanzo Country Dark e il memoir Mio padre, il pornografo.

Il fratello buono batte le stesse piste di Country Dark, romanzo in cui il reduce Tucker torna sugli Appalachi dalla guerra di Corea trovando una desolazion­e e un rancore che lo costringon­o a una vendetta e, anche in questo caso, ad andarsene.

Offutt parte sempre dalla terra, dalle colline, dalle montagne, dalle foreste, dai laghi, da un cuore verde, da una natura maestosa, madre e matrigna che congela nella nostalgia chi non la abita più, senza lasciare spazio a estetismi: «Tutto ciò che per voi è bello per noi è il pezzo di una brutta storia — spiega Botree a Virgil —. Quel bel tratto di sponda è lo stesso dove un cowboy è caduto e si è rotto una gamba. Quel boschetto di pioppi è lo stesso dove abbiamo trovato tutta una fila di mucche ammazzate dai fulmini».

Se da un lato Il fratello buono soffre, rispetto agli altri romanzi, di una certa

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