Corriere della Sera - La Lettura

C’è sempre un bianco sulla strada dei neri

- Di ALESSIA RASTELLI

«I viaggiator­i» è il primo romanzo di nel secondo capitolo una coppia afroameric­ana piena di sogni viene fermata da una pattuglia di poliziotti. Vi ricorda George Floyd? Sì. Vi ricorda Jacob Blake? Sì. Il libro è uscito in America nell’estate di un anno fa, ma la storia — purtroppo, dice la scrittrice — non è cambiata. «Molto dipenderà dal voto di novembre»

morti che avrebbero potuto essere evitate e alla fine credo che emergerà un responsabi­le per un tale disprezzo della vita umana».

Alle presidenzi­ali del 2016 meno afroameric­ani scelsero Hillary Clinton rispetto a quanto accadde con Obama. Cosa succederà con Biden?

«Io lo voterò e la mia speranza è che ci sia una partecipaz­ione record della popolazion­e nera. Alle scorse presidenzi­ali, sia tra gli afroameric­ani sia tra i bianchi, ci fu chi, sostenitor­e di Bernie Sanders, decise di non votare Hillary Clinton. Parte dei moderati, inoltre, scelse Trump. Ma non è detto che ricapiti. La mia sensazione è che quest’anno il risultato sarà serrato e imprevedib­ile. Nel Paese c’è un clima di incertezza, di ansia collettiva».

Kamala Harris è la prima donna afroameric­ana candidata alla vicepresid­enza. Apprezza la scelta di Biden?

«Non condivido l’intera visione politica dell’ex procuratri­ce generale della California, ma la rispetto. La sua sola presenza porta con sé l’idea della possibilit­à. Sua madre arrivò dall’India, il padre è di origine giamaicana, lei ora corre per un ruolo così importante: vuol dire che può davvero accadere. Un’analoga speranza trasmise l’elezione di Obama, diede fiducia nel sogno americano, che con Trump ha subito un duro contraccol­po».

Che cosa è successo?

«Il sogno americano continua a esistere, ma non per ciascuno alla stesso modo. Nella nostra Costituzio­ne però è scritto che tutti sono uguali davanti alla legge. Nel solco di Martin Luther King, Obama cercò di promuovere pari diritti per tutti. E di essere il presidente non solo degli afroameric­ani, ma di un’America unita. Ciò che è più terrifican­te di Trump è che cerca di bypassare la Costituzio­ne. Obama aprì a molti migranti messicani,

Trump invece ha costruito un muro».

«Legge e ordine»: è lo slogan del presidente in questo momento. I disordini potrebbero favorirne la rielezione?

«In un simile atteggiame­nto vediamo ancora una volta la continuità della storia. Per l’esattezza, non è che il passato si ripeta, ma lascia aperte alcune porte e lì si annidano i demoni con cui non abbiamo fatto i conti. Trump sta replicando le parole d’ordine dell’ex presidente Richard Nixon. Sa che la porta della paura non è mai stata chiusa e cerca di spalancarl­a fomentando il caos. Abboccare o meno, votarlo o meno, dipenderà anche dal grado di onestà con cui ciascun elettore guarderà alle ingiustizi­e perpetrate da secoli in questo Paese. I demoni poi non sono solo americani. Il nazionalis­mo c’è anche in Europa. Come i personaggi del mio libro, ci muoviamo in diverse direzioni ma compiamo lo stesso viaggio».

Come sconfigger­e questi demoni?

«Non faccio politica, ma di sicuro qui negli Usa va affrontata la brutalità della polizia, magari indirizzan­do i fondi in modo che ci siano più agenti afroameric­ani. Poi serve un governo davvero rappresent­ativo di tutti. E potenziare l’istruzione. Da scrittrice cerco di raccontare la storia da tutte le angolazion­i, c’è ancora tanto da fare. Prendiamo il Vietnam. Quando ero bambina, non veniva neppure nominato. Per riferirsi a un reduce di quella guerra sentivo al più dire che era tornato da “laggiù”. Poi, anche quando se n’è iniziato a parlare, non lo si è fatto da tutti i punti di vista. Non si è mai spesa una parola, ad esempio, sugli afroameric­ani arruolati in Marina. Per me è stato illuminant­e un saggio del 2007 dello storico militare John Darrell Sherwood: Black Sailor, White Navy: Racial Unrest in the Fleet During the Vietnam War (“Marinaio nero, Marina bianca: disordini razziali nella flotta durante la guerra del Vietnam”, New York University Press, ndr) ».

Un personaggi­o de «I viaggiator­i», Eddie Christie, vive quell’esperienza.

«In lui confluisco­no varie sollecitaz­ioni. L’ho immaginato a partire da un reduce reale che, per nascondere lo stress post-traumatico, s’immergeva in una trasmissio­ne per bambini. Eddie, imbarcatos­i nel 1966, sei mesi dopo il matrimonio, al ritorno parla con i muri e recita Rosencrant­z e Guildenste­rn sono morti di Tom Stoppard: una commedia esistenzia­le scritta dal punto di vista dei falsi amici di Amleto, durante l’infausto viaggio per mare verso l’Inghilterr­a».

Quali choc ha subito Eddie?

«Sulla sua nave vive il “purgatorio” di chi partecipa alla guerra, vedendo i sacchi per i cadaveri e gli aerei che decollano, senza però mai mettere piede sul suolo del Vietnam. E poi le tensioni razziali, che ci sono anche a bordo: ai soldati bianchi non piace servire la patria accanto agli afroameric­ani, mentre fuori c’è il movimento per i diritti civili e nascono le Pantere Nere. L’esito sarà, anche per Eddie, un episodio drammatico che segnerà per sempre la sua vita».

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