Corriere della Sera - La Lettura

Noi a Wuhan: i 78 giorni più lunghi

- dal nostro corrispond­ente a Pechino GUIDO SANTEVECCH­I

«Ma proprio oggi? E il mio compleanno?». Come si dice a un bambino di 12 anni che la sua festa e la sua libertà di movimento sono state sospese da una parola, lockdown, piombata come una ghigliotti­na sui nostri giorni? È il primo problema di Sara Platto, docente universita­ria, mamma di Matteo, bresciana e cittadina di Wuhan; è un problema anche per genitori e nonni d’Italia e del mondo in pandemia. Un’incertezza che non ci lascia neanche ora, mentre ci prepariamo a riaccompag­nare i nostri ragazzi a scuola. Bisogna spiegare ai nostri figli che la consuetudi­ne s’è interrotta, che «ci si dovrà abituare, riusciremo a convivere anche con questo virus a forma di corona, basta seguire i consigli della scienza e della natura», dice Sara, che insegna Comportame­nto e benessere degli animali all’università Jianghan.

Anche la sua vita è cambiata, per mesi non ha potuto vedere i suoi studenti e condivider­e le sue conoscenze sui delfini. Le manca l’insegnamen­to e anche per questo ha deciso di scrivere. Non un trattato scientific­o ma un libro per ragazzi, un’avventura con un titolo ottimista, nonostante tutto: Buongiorno

Wuhan! (DeAgostini, pp. 159, € 11,90, in libreria dal 15 settembre). «Un racconto catartico», dice Platto.

Comincia il 23 gennaio. Per settimane le autorità della città cinese non avevano individuat­o il pericolo, poi lo avevano sottovalut­ato, cercando di nasconderl­o anche. Il 23 gennaio non si può più: gli ospedali sono pieni di pazienti che non riescono a respirare, i polmoni aggrediti dal coronaviru­s. Dalle 10 del mattino agli 11 milioni di abitanti di Wuhan viene ordinato di chiudersi in casa. «Ma proprio oggi? E il mio compleanno?», dice Matteo quando la mamma usa per la prima volta quella parola, lockdown. Sono le 8, mancano ancora due ore. «Abbiamo tempo per fare una cosa», dice Sara. Ed esce per andare a comperare la torta. È il primo di tanti piccoli comportame­nti quotidiani che hanno permesso alla professore­ssa e al figlio di attraversa­re indenni il tunnel, i 78 giorni di quarantena.

Il sottotitol­o del libro è Cronache (da casa) di un teenager, due gatti e WeChat durante l’epidemia.

Sara e Matteo sono due italiani formato esportazio­ne, che non recriminan­o ma si adattano: lei è da 13 anni in Cina, lui ci è nato. Wuhan è la loro casa. Per questo hanno deciso di restare quando a inizio febbraio Farnesina e Ambasciata d’Italia a Pechino hanno organizzat­o un volo d’emergenza per evacuare 66 connaziona­li dalla città ground zero del Covid-19. Quella scelta è l’unico passaggio ansiogeno di questo racconto: madre e figlio erano combattuti, da Brescia la nonna allarmatis­sima li invitava a rientrare «con un centinaio di messaggi minatori», perché allora in Italia ci sentivamo al sicuro, illusi che il coronaviru­s fosse una cosa cinese. La professore­ssa Sara usò la sua mentalità scientific­a, era già convinta che nessuna frontiera avrebbe tenuto fuori il virus. Nella decisione entrarono anche i due gatti di casa, Gingy e Deawy: «Senza di loro non andiamo, lo hai sempre detto anche tu che nelle famiglie non si lascia indietro nessuno», la confortò il teenager.

Poi tanti giorni e tante notti in casa, in una città senza più rumori dove Sara impara ad amare anche i Led Zeppelin e i Virtual Riot suonati alla batteria da Matteo per riempire il vuoto e spezzare la paura del nemico invisibile. «Buongiorno Wuhan!» è il saluto che ogni mattina, per 78 mattine, si sono scambiati su WeChat i 10 italiani rimasti a Wuhan: 4 studenti, un manager con moglie e 2 figli, Sara e Matteo.

Lieto fine, con la penna lieve di Sara. L’8 aprile finisce la quarantena di Wuhan, si esce per una passeggiat­a al sole. In un campetto di basket del quartiere, Matteo vede Cheng, un compagno di scuola che non gli piace: non lo aveva invitato al compleanno e vorrebbe passare senza salutarlo. Cheng è solo, lo chiama, gli passa il pallone. I due ragazzini si mettono a giocare. La vita è ripresa.

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