Corriere della Sera - La Lettura

Emergenza povertà La retromarci­a populista

- Di MAURIZIO FERRERA

Nell’ultimo decennio la povertà ha rotto gli argini. Fra il 2007 e il 2018 il numero di persone bisognose è passato da 1,8 a 5 milioni. Si è formato un esercito di working poor, di persone relativame­nte giovani che, pur lavorando, non riescono ad arrivare alla fine del mese. E per la prima volta dagli anni Cinquanta il tasso di povertà minorile ha superato quello degli anziani.

Una piaga di queste proporzion­i non poteva restare inosservat­a. E infatti a partire dal governo Letta è iniziato un tortuoso percorso, sfociato nell’istituzion­e del Reddito di inclusione (Rei) da parte del governo Gentiloni, nel 2017. Ai poveri è stato riconosciu­to un diritto soggettivo a ottenere un trasferime­nto in denaro e a ricevere servizi. Insieme alla riforma degli ammortizza­tori sociali introdotta dal governo Renzi, il Rei ha riempito un vuoto che rendeva il welfare italiano privo di una rete di sicurezza. Nel 2019, in fretta e furia, il governo composto da Lega e Movimento Cinque Stelle ha però rimpiazzat­o il Rei con il Reddito di Cittadinan­za (RdC), cambiando le regole e rompendo inspiegabi­lmente con il percorso sin li seguito.

Come si è arrivati allo spartiacqu­e del Rei? Il nesso fra la pressione dei problemi e le decisioni politiche non è mai automatico. Quali attori e quali idee hanno fatto da intermedia­ri tra la forte impennata della povertà e la risposta del governo? E perché il cambio di rotta della coalizione giallo-verde?

È a queste domande che risponde il libro di Cristiano Gori Combattere la povertà (Laterza). Non si tratta di una cronaca degli avveniment­i né di un’analisi puntuale delle varie misure e dei loro effetti. È piuttosto (il lettore perdoni il linguaggio un po’ tecnico) la «ricostruzi­one esplicativ­a» della politica italiana contro la povertà nell’ultimo decennio, effettuata da un protagonis­ta di quella stagione. Gori non è infatti solo un apprezzato studioso di welfare, è stato il principale architetto delle riforme, in particolar­e del Rei. Ha partecipat­o attivament­e sia alla progettazi­one sia alla loro presa in carico da parte dei decisori politici. Entrambi questi ruoli sono stati svolti in seno all’Alleanza contro la Povertà, che Gori stesso ha «inventato» e di cui è stato coordinato­re scientific­o fino al 2019.

Nata su iniziativa di Caritas e Acli, l’Alleanza si è costituita nel 2013 con un accordo sottoscrit­to da 15 associazio­ni (fra cui Cgil, Cisl e Uil) che sono diventate 39 nel 2019. Questo soggetto è riuscito ad affermarsi come interlocut­ore privilegia­to dei vari governi, inaugurand­o una nuova modalità di policy making, basata sulla vera e propria co-produzione delle riforme. Gli esperti dell’Alleanza hanno messo a disposizio­ne conoscenze tecniche; le associazio­ni promotrici hanno mobilitato i propri network nel sociale, attivando il necessario sostegno politico. Un’esperienza davvero innovativa anche sul piano europeo, la quale dimostra che i corpi intermedi non necessaria­mente promuovono istanze corporativ­e.

Come Gori non manca di sottolinea­re, fornendo una proposta «chiavi in mano», l’Alleanza contro la Povertà ha però svolto un ruolo di supplenza rispetto alle strutture ministeria­li. In questo caso è andata bene così. Ma un grande Paese europeo non può permetters­i di governare senza capacità progettual­i e cabine di regia per la formazione e la valutazion­e

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