Corriere della Sera - La Lettura
Margaret Atwood fa poesia per tutto e tutti
Soltanto di recente la storiografia ha iniziato ad affrontare con il necessario rigore il tema del terrorismo italiano. Ciò nonostante, è ancora raro imbattersi in ricerche apprezzabili sulla storia degli apparati predisposti dallo Stato al suo controllo e alla sua repressione. In questo campo, il lavoro di Laura Di Fabio Due democrazie, una sorveglianza comune (Le Monnier, 2018) porta una boccata d’aria fresca per più ragioni, a cominciare dalla ricchezza delle fonti utilizzate e dalla capacità dell’autrice di contestualizzare il fenomeno. A tal proposito, Di Fabio non si sottrae al compito spinoso ma necessario di ricostruire i mutevoli confini che la stessa definizione operativa di «terrorismo» ha assunto nel tempo, per opera di chi aveva la responsabilità del suo contrasto: a emergere è il ruolo predominante ricoperto dagli apparati militari rispetto a quanto accaduto in altri Paesi.
La principale novità del volume risiede nel tentativo riuscito di analizzare la situazione italiana attraverso il confronto con la Germania Ovest. L’autrice si sottrae così all’eterno cliché dell’«eccezionalità»: il paragone serve invece a dimostrare quanto le strategie di contrasto del terrorismo si assomigliarono, quanto si influenzarono reciprocamente e infine quale fu il grado di cooperazione di fronte a un fenomeno sempre più transnazionale. Con il risultato finale di rendere ancora più evidente il tratto caratteristico delle vicende italiane: i rapporti inconfessabili ma innegabili tra parte dei servizi segreti e ambienti dell’eversione nera, al punto che (ricorda Di Fabio) espressioni come «stragismo di Stato» sono intraducibili se non incomprensibili in tedesco.