Corriere della Sera - La Lettura
Nel labirinto del cervello sulle ali di un elettrone
Opportunità e pericoli sulla frontiera delle neuroscienze
Non capita tanto di frequente che in un serissimo libro sul cervello e le sue avventure e disavventure ci si imbatta in due parole italiane nuove e nell’esposizione del loro significato. Due parole non tecniche, intendo, e non appartenenti al gergo della disciplina scientifica, ma all’uso corrente, almeno in certe aree geografiche: «nocchino» e «annoccare», due parole della mia infanzia toscana. Nocchino è un colpo dato, sulla testa o su qualche altra parte del corpo, con le nocche di una mano chiusa a pugno, generalmente senza lo scopo di fare male, ma piuttosto come ammonimento o richiamo. Si tratta di una parola molto usata e persino simpatica in Toscana, almeno ai miei tempi. Il caso del verbo annoccare, invece, è un poco più complesso. Nel libro se ne dà una definizione «dotta», ma per me, ragazzaccio fiorentino, era sinonimo di mettere qualcuno ko, cioè fuori causa, preferibilmente con un colpo.
Ebbene, ho incontrato queste due paroline nel bel libro Il cervello elettrico di Simone Rossi (Raffaello Cortina), che parla in maniera semplice ma rigorosa di cervello, appunto, e di una maniera abbastanza nuova per aiutarlo o semplicemente spronarlo. Il cervello si può aiutare con farmaci, esercizi fisici, colloqui controllati e ora pure con dispositivi elettrici. Di quest’ultima cosa parla il libro, non senza una breve introduzione al cervello, alle sue cellule e ai circuiti che ne incarnano l’essenza.
Perché iniziare una recensione con una osservazione così curiosa come l’incontro con le due parolette? Per entusiasmo e per immedesimazione con l’autore. Quest’ultimo è al suo primo libro divulgativo e non riesce a trattenere la gioia e il brio, come facevo io ai miei primi libri per tutti, anche se ero già più anziano di lui. Vi si sentono il coraggio, l’incoscienza e l’emozione propri di chi affronta un nuovo match, sia pure giocato in casa. Io mi ci rivedo tutto e mi pare di ringiovanire. Anche il mio primo libro non specialistico parlava di cervello e cercava di contagiare il lettore per quanto riguarda l’interesse e la grande curiosità che ispira questa «macchina», capace di copiare il mondo e allo stesso tempo farci vivere in quello.
Nonostante tutti gli sforzi, non si è mai riusciti a trovare qualcosa di magico e di fuori dell’ordinario nel cervello: è fatto di molecole, di atomi, di particelle subatomiche come tutto il resto. È per questa ragione che c’è anche un altro protagonista, abbastanza piccolo e vivace, in questo racconto: l’elettrone. Tutti sanno che questa particella, questo minuscolo furetto della fisica, porta in giro una piccola carica elettrica, negativa, con grande prontezza e docilità. Non tutti sanno invece quante diavolerie è capace di fare questa particella quasi evanescente nel nostro cervello e per il nostro cervello. Non sempre ci riflettiamo, ma la nostra vita quotidiana è oggi tutta associata alle prodezze dell’elettrone, dalla televisione al telefonino, dai social network alla diagnostica clinica.
Ho passato di recente molti giorni in clinica e ho fatto le indagini cliniche più sofisticate. Qualunque sia la loro origine, le informazioni pertinenti arrivano a noi sulle ali dell’elettrone. Non è assolutamente necessario che uno lo sappia, ma è un fatto inoppugnabile e degno di riflessione. Il segnale nervoso percorre il cervello sulle spalle di uno o più elettroni che vanno da una cellula nervosa a un’altra, dopo avere sbrigato qualche altro compito all’interno di quella. Non stupisce quindi che si possa utilizzare il flusso di diversi elettroni per rimediare a qualche guasto nel nostro sistema nervoso e in particolare nel cervello. Ma c’è di più. Nella loro corsa gli elettroni generano campi elettromagnetici e di campi elettromagnetici sentono l’influenza, anche solo per la loro traiettoria. Ci sono tutti gli strumenti quindi per cercare di cambiare qualcosa nel cervello, agendo dal di dentro della sua struttura o dalle vicinanze. Occorre però saperlo fare.
Ecco, il libro di cui stiamo parlando racconta e spiega proprio questo. Lo spiega con competenza e chiarezza in un volumetto dotato di un utilissimo glossario ragionato dei termini usati più utili e arricchito di 14 tavole a colori che «fanno vedere» le cose di cui si parla. Che in parte sono note e quasi scontate, ma in parte rappresentano una novità anche per me. Prendiamo l’esempio dei diversi tipi di stimolazioni transcraniche, tecniche quasi incredibili. Avvicinando un apparecchietto alla testa, senza toccarla, si possono stimolare aree diverse del cervello e fare compiere al soggetto alcuni gesti. Per esempio fargli fare una risatina. Il bello è che lui o lei non lo sa e si meraviglia d’averlo fatto. Si possono mostrare immagini tristi e stimolare la risata. Il soggetto si giustificherà, se gli si chiede perché rida, dicendo: «Ma non vedete come è buffo?».
Poiché nell’umano ogni medaglia ha il suo rovescio, tutto questo può essere usato un domani a danno del soggetto. Per esempio invogliandolo a comprare qualcosa che non gli interessa. Non c’è dubbio che potrà succedere, ma non parlate, vi prego, solo di questo in una conversazione su tale tema!