Corriere della Sera - La Lettura

Le figurine che svelano i giochi (e i culti) dei Fenici

- Di MARCO NESE

La missione archeologi­ca italiana racconta le sorprese più recenti degli scavi

Il santuario sorgeva sulla collina di Kharayeb, 15 chilometri a nord-est di Tiro. «Quel luogo di culto — spiega l’archeologa Ida Oggiano — ci regala reperti fondamenta­li per capire alcuni aspetti intimi della vita degli antichi Fenici». Era un tempio dedicato alla maternità. La dea venerata era rappresent­ata incinta, con le mani a protezione del grembo, una dea mater invocata per la fertilità e la protezione dell’infanzia. Sul piazzale lastricato del tempio andavano in scena canti e balli rituali. Piccoli pilastri di pietra servivano per depositare piatti, ampolle, vasetti in miniatura con offerte di olio o cibo. Ma i doni che rivelano tenerezza e amore verso i figli erano figurine votive di bambini. Formelle d’argilla di 15 centimetri con immagini infantili. Fanciulli festosi. Intenti a suonare uno strumento, impegnati in passi di danza...

In una fossa ( favissa) sono venuti alla luce 16.500 pezzi di figurine. Per conto dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale del Cnr, Oggiano dirige, con Wissam Khalil, gli scavi in Libano. Dice che le «figurine narrano l’evoluzione dei gusti artistici dei Fenici». Circa 3 mila anni fa le realizzava­no a mano e mostravano bimbi nudi. Poi da Alessandri­a d’Egitto, con la quale i Fenici commerciav­ano, arrivarono le matrici, stampi di terracotta in cui bastava spalmare l’argilla e cuocerla nei forni. Infine, l’influsso dei Greci fece scoprire nuovi canoni estetici: le figurine furono avvolte in tuniche e pepli.

Anche in un angolo delle case fenicie, l’«angolo del culto», facevano bella mostra le figurine. Le donne, custodi della memoria della famiglia, le onoravano bruciando erbe profumate. Il sogno adesso è costruire un mathaf, un museo delle figurine. La regione intorno al tempio ha rivelato un sistema idraulico fatto di varie cisterne intonacate. Tiro aveva alle spalle un apparato produttivo di prim’ordine da cui la città traeva benefici. Agricoltor­i, pastori, maestri d’ascia che tagliavano i tronchi di cedro, alti 50 metri, lavoravano il legno e lo trasportav­ano sulla costa per costruire navi e case.

I Fenici erano piccoli gruppi discendent­i dalla grande famiglia dei Cananei. Vivevano sull’attuale costa libanese in città come Tiro, Sidone, Byblo, ognuna con un’amministra­zione autonoma. Ma avevano in comune lingua e tradizioni. A Byblo è attribuita l’invenzione dell’alfabeto. Il re Zakerbaal forniva ai sacerdoti egizi il legno di cedro per la barca sacra

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