Corriere della Sera - La Lettura
Marte, andata e ritorno Allenamenti per il 2037
Mentre leggete queste righe, «speranza», «perseveranza» e «domande celesti» galleggiano nello spazio interplanetario. No, nessun messaggio di pace alla Star Trek: lanciate fra luglio e agosto, le missioni Hope, degli Emirati Arabi, Mars 2020 della Nasa (col suo rover, Perseverance) e Tianwen-1, che l’Agenzia spaziale cinese ha intitolato come l’antico poema di Qu Yuan («Domande al cielo»), in questo momento si dirigono verso Marte, dove arriveranno fra la fine di quest’anno e il febbraio 2021.
Ognuna ha priorità diverse: la sonda emiratina, oggi in uno stato di «riposo programmato», si immetterà nell’orbita del Pianeta Rosso per studiarne l’atmosfera e indagarne il nesso con il paleoclima; la spedizione statunitense, con un sostanziale contributo dell’industria italiana, il 18 febbraio farà scendere Perseverance sul cratere Jezero, dove si pensa un tempo ci fosse un lago. Sempre a febbraio è previsto che Tianwen-1 raggiunga Utopia Planitia, una distesa di cui sarà esplorato anche il sottosuolo.
Sebbene ognuna con le proprie specificità, l’obiettivo supremo è comune: cercare evidenze di condizioni abitabili nel passato di Marte, ma anche segni di vita microbica sul pianeta. Detto altrimenti, capire se e come, in un futuro non troppo distante, Marte potrà diventare la nuova casa cosmica del genere umano.
È l’interesse ultimo di tante missioni spedite lontano dall’atmosfera terrestre, in un continuum di cui ogni traguardo è una nuova partenza. Anche il programma Artemis della Nasa, che prevede di portare donne e uomini sulla superficie lunare dal 2024, è una tappa intermedia di un viaggio verso mete più ambiziose e remote. Lo confermano i programmi collaterali, come il Gateway, il primo avamposto progettato per l’orbita cislunare, che con il contributo dell’Agenzia spaziale europea punterà a diventare prima l’infrastruttura di supporto per le spedizioni brevi sulla superficie selenica, quindi la base di partenza per un insediamento dove trascorrere anche un anno, il cosiddetto Moon Village, e alla fine un hub per l’esplorazione dello spazio profondo.
Che lo stimolo sia anche economico (lo sfruttamento delle risorse) o tecnologico, è un corollario: l’umana attrazione per l’ignoto è il vero motore. Meglio ribadirlo: non è fantascienza. Già oggi imprese ed enti spaziali considerano «l’ammartaggio» come il passo successivo al ritorno sulla Luna.
«Il Pianeta Rosso è una meta prioritaria» conferma Tommaso Ghidini, direttore della divisione Strutture, meccanismi e materiali dell’Esa, un ingegnere che, della promessa di varcare le colonne d’Ercole, ha fatto una ragione di vita, prima ancora che il proprio mestiere. «Studiare Marte è fondamentale per comprendere meglio la Terra. Raggiungerlo, però, implica operazioni difficili dal punto di vista astrodinamico; in più, rispetto alla Luna, Marte non permette di riportare a casa in modo rapido gli astronauti nell’eventualità di un’emergenza. In questo senso, prevediamo passi avanti significativi con la missione Mars Sample Return, un unicum nella storia: la spedizione, in collaborazione con la Nasa, non solo raggiungerà la superficie marziana, ma come mai fatto prima riporterà a Terra, entro il 2031, campioni lasciati da Perseverance. È cruciale dal punto di vista tecnologico, perché se vogliamo portare un uomo su Marte, bisogna garantirne il ritorno in sicurezza».