Corriere della Sera - La Lettura

In volo L’epica e la tragedia

Il libro di Filippo Nassetti

- Di MASSIMO GAGGI

Pilota: una figura spesso mitizzata o avvolta in un alone romantico, dalle traversate di Charles Lindbergh alle guerre di un secolo fa trasformat­e, nei cieli, in duelli tra virtuosi come il Barone Rosso. E il fascino del volo ha alimentato anche la letteratur­a: dal Piccolo Principe al Gabbiano Jonathan Livingston­e, alle avventure di Amelia Earhart. Nell’era dei viaggi sui jet divenuti commodity, consumi di massa, il cavaliere dei cieli è sceso da cavallo: l’uomo ai comandi del tuo volo è l’autista di un autobus volante che guardi comunque con rispetto perché, come un chirurgo, ha nelle mani la tua vita. Forse finirà anche questo: gli aerei senza pilota sono da tempo realtà in campo militare — i droni che bombardano, vanno in ricognizio­ne, attaccano terroristi di Al Qaeda o dell’Isis — e potrebbero diventarlo anche nel trasporto di merci e passeggeri. Eppure chi si mette ai comandi di un aereo rimane una persona speciale che si fa domande e cerca in cielo le risposte che non riesce a trovare dietro una scrivania. Con un’anima accesa dalla passione del volo: emozioni descritte così bene da Daniele Del Giudice in Staccando l’ombra da terra.

Filippo Nassetti, uno che di piloti ne ha conosciuti tanti, in famiglia e nel suo lavoro, racconta ora le appassiona­nti e a volte drammatich­e storie di sette di loro in Molte aquile ho visto in volo ( Baldini + Castoldi). Uomini speciali come Marco Conte, pilota con la passione dell’Africa che ha lavorato per la ricostruzi­one del Ruanda dopo il genocidio e oggi è capo di una Onlus, Friends for Water, che realizza pozzi in Mali. O come Dino Iuorio, pilota di jet di linea che ha scoperto un altro modo di volare: appeso a un cavo. Nel tempo libero è volontario del soccorso alpino: si cala con il verricello dall’elicottero per aiutare gli alpinisti in difficoltà.

Quella di Antonino Vivona è la storia di un sopravviss­uto a una delle tragedie più gravi della storia dell’aviazione. Nino volava nella formazione delle Frecce tricolori il 28 agosto 1988 sul cielo della base Usa di Ramstein in Germania, davanti a 300 mila spettatori, quando il pilota solista, in lieve anticipo, toccò l’Aermacchi del capo formazione, Mario Naldini, spezzandog­li un’ala e colpendo un altro jet: oltre ai 3 piloti caduti, 67 morti e 350 feriti tra gli spettatori. Il ritorno a terra dei sopravviss­uti, disperati e increduli, le inchieste tedesche e americane, le campagne per lo scioglimen­to della pattuglia acrobatica. Mollare? L’Aeronautic­a offre la possibilit­à di cambiare reparto ma Nino e gli altri piloti delle Frecce tornano a volare in formazione. Finita l’esperienza, Vivona sarà per 24 anni pilota dell’Alitalia. Non smetterà di volare nemmeno in pensione: istruttore e pilota di ultralegge­ri. Perché? «Per me ogni volta il volo è una cosa unica, una tela da dipingere. E, come nell’arte, ogni opera è diversa, nessun decollo è uguale al precedente».

Le pagine più toccanti, la storia che ha spinto Nassetti a scrivere questo libro, sono quelle sul fratello maggiore Alberto, ammirato da Filippo anche per la sua passione per il volo, per i sacrifici affrontati per frequentar­e una scuola aeronautic­a lontana da casa, a Forlì: quattro ore in treno e autobus ogni giorno. Alberto ha fretta di volare con le aquile: «Molte aquile ho visto in volo — scrive da ragazzo — ali maestose sfidare il suolo, rapaci solitari contro il sole, imperiali figure sfrecciare nelle gole. Ancora a lungo li vedrò, poi con loro io morirò». Quasi un presagio. Ottenuto il brevetto, Alberto partecipa alle selezioni Alitalia e arriva primo. A 23 anni è uno dei più giovani piloti della compagnia, ma dopo due anni gli viene diagnostic­ato un tumore al cervello. Operato, si riprende e cerca di tornare a volare: all’epoca (1991) non c’erano precedenti al mondo di un pilota di nuovo ai comandi dopo un simile intervento. Lui non si ferma: il suo diventa un caso, discusso anche in un convegno a Toronto. Consulti medici, da Chicago a Miami, dove viene esaminato anche da un medico della Nasa. Alla fine riconquist­a l’abilitazio­ne e torna a volare.

Di lì a poco, nel 1994, quando l’Alitalia decide di mandare due piloti a provare l’A330, nuovo jet dell’Airbus che la compagnia pensa di comprare, Alberto chiede di andare. Toccherebb­e al capo del sindacato piloti, ma lui accetta di cedere il posto a questo ventisette­nne che ha sconfitto la malattia e la sfortuna. Alberto arriva a Tolosa in una nuvola di gioia: un altro sogno che si avvera. Sull’A330 sono in 7 e lui è solo un passeggero. Ai comandi c’è il capo collaudato­re inglese. L’aereo precipita subito dopo il decollo: nessun sopravviss­uto.

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