Corriere della Sera - La Lettura
Atwood La poesia è la voce di tutti
MVersi, romanzi, storie brevi, fiabe, saggi: l’immaginazione dell’autrice de «Il racconto dell’ancella» va oltre i confini fra i generi. Lo dimostra l’antologia poetica che esce in Italia, con alcuni inediti assoluti («la Lettura» ne anticipa uno). Atwood è una scrittrice di libertà, anzi di liberazione,
anche per come affronta i paradossi, tipo le mani che battono sui tasti della «macchina elettrica/per parlare di un placido albero». Un canto non femminile ma davvero universale
argaret Atwood è un’autrice estremamente prolifica e versatile. Poesie, romanzi, racconti, fiabe, saggi: la sua immaginazione poetica o, visto che per uno scrittore è la stessa cosa, il suo senso di realtà appaiono così dinamici e imprevedibili da non poter essere circoscritti in una rigida definizione di genere. E infatti è difficile pensarla in modo unitario. La sua immagine complessiva sfugge da tutte le parti, come se non avesse un centro. Assomiglia piuttosto a una costellazione in continuo movimento, che s’accende ora qui e ora là secondo modi e regole non convenzionali e predefiniti. Da ogni punto di vista è una scrittrice di libertà, o meglio di liberazione. Possiamo chiamarle intraprendenza, spregiudicatezza, estro, capriccio, le principali virtù creative di questa instancabile autrice canadese, eppure si tratta di tutto tranne che di una scrittrice arbitraria.
Al contrario, una costante che l’ha guidata fin dall’inizio è proprio il senso di responsabilità verso l’umanità tutta. È al cospetto di questa responsabilità che si deve comprendere il suo impegno — che è stato di scrittura ma anche d’azione politica, di parole e di fatti — per l’emancipazione femminile. All’orizzonte resta comunque una linea guida in cui giustizia, equità, dignità, libertà, proprio come si diceva prima, non conoscono distinzioni di genere. Si tratti di prosa o di poesia, nella sua opera si riconosce sempre un riferimento più o meno esplicito a un mondo grande, alla società nel suo complesso, o più precisamente al destino della nostra specie nella sua correlazione (ahimè, quasi sempre univocamente distruttiva) con tutto ciò che vive.
Questa capacità di configurare scenari, diciamo così,