Corriere della Sera - La Lettura

Dove sono finiti i sogni in un’Italia ridicola? De Carlo cerca e trova

- Di MARZIA FONTANA

La critica corrosiva dell’Italia contempora­nea ricorre negli sfondi della narrativa di Andrea De Carlo fin dai primi romanzi. Nel più recente, Il teatro dei sogni, lo scrittore milanese si spinge oltre e porta in primo piano il ritratto tristement­e graffiante della pochezza politica e del (mal) costume nostrani. Accade così che il primo dell’anno, in un caffè storico di Suverso (nome d’invenzione dietro cui si cela una qualsiasi «ricca e produttiva» città del Nord), la giornalist­a Veronica Del Muciaro rischi di restare soffocata da un pezzo di brioche. La salva con straordina­ria prontezza il misterioso marchese Guiscardo Guidarini, «un tipo dallo sguardo intenso, uno strano misto di eleganza e durezza, calma e tensione», archeologo di fama in rotta con i colleghi di mezzo mondo.

La giovane donna, vittima di una balbuzie che nell’adolescenz­a le è costata anni di scherno e riaffiora nei momenti di stress, ha trovato la sua rivincita nel lavoro. Certo, non fa l’inviato di guerra come aveva sognato, ma per un programma del pomeriggio «di grandi ascolti un po’ trash», tiranneggi­ata in studio da una conduttric­e tutta sorrisi, miniabiti e luci sparate addosso per nascondere i segni dell’età. Perennemen­te terrorizza­ta all’idea di «perdere il momento» e attivissim­a sui social, Veronica posta immediatam­ente la cronaca del suo salvataggi­o e indaga sulla scoperta cui Guiscardo le ha accennato nel loro breve incontro. Apprende così che nella villa cinquecent­esca del marchese a Cosmarate, poco meno di 6 mila anime in provincia di Suverso, si erge quello che pare un magnifico teatro greco antico. Il servizio televisivo sull’edificio di cui tutti ignoravano l’esistenza, subito etichettat­o «teatro dei sogni», scatena le polemiche e una lotta senza tregua per la gestione di un bene che il marchese rivendica come privato ma che agli occhi degli amministra­tori appare un’occasione ghiotta di promozione turistica e introiti.

La spunta Annalisa Sarmani, vicesindac­o e assessore alla cultura di Suverso, di famiglia altoborghe­se ed eleganza innata, unica donna in consiglio comunale, che stringe un mezzo accordo con Guiscardo, della cui galanteria peraltro finisce per rimanere vittima. Ma il sindaco di Cosmarate non intende arrendersi. Intanto, i collegamen­ti tv si moltiplica­no e un gruppo di esperti plurititol­ati, durante una diretta, senza averlo mai visto dal vero attribuisc­e la paternità del teatro a un’antichissi­ma ma non meglio precisata popolazion­e italica. Quanto basta perché scendano in campo anche le rispettive formazioni politiche nazionali, dietro alle quali il lettore non faticherà a individuar­e due fra i partiti oggi in Parlamento.

Dalla parte del sindaco Bozzolato sta il Rivolgimen­to®, con tanto di marchio registrato, una formazione «post ideologica, né di destra né di sinistra», guidata da un guru che ha fatto partire la rivoluzion­e politica digitale del «mi fai vomitare» dal garage di Lugano dei suoi. Strada facendo però i Rivolgimen­tini hanno perso metà dei consensi, dicono i sondaggi, e rischiano di scomparire «da un giorno all’altro», complice l’inesperien­za degli eletti, che per due terzi non hanno mai fatto politica o addirittur­a non hanno mai lavorato o per lo meno lo hanno fatto senza grandi risultati. Per di più, il sindaca alle pratiche più assurde promosse da impostori capaci di catalizzar­e consensi; le comparsate in tv di intellettu­ali di primo piano o presunti tali che prendono qui una clamorosa cantonata.

Non si salva nessuno, tutti presi dietro al loro esclusivo interesse o vittime delle loro debolezze, e le scene comiche strappano sorrisi amari di fronte al ritratto di un Paese allo sfascio, irretito per di più nelle maglie di una macchinosa burocrazia. È davvero difficile, in uno scenario come questo, cambiare prospettiv­e, scoprire «che cosa è successo ai sogni, dove sono andati», come Guiscardo arringa nelle ultime pagine. Perfino il suo personaggi­o, del resto, cammina sul filo dell’ambiguità: pieno di slanci e buone intenzioni, si rivela un abile, seppur a tratti inconsapev­ole manipolato­re, anche dell’amica Agnese, con cui condivide da tempo la casa e la scena finale del romanzo, forse alba, questa volta sì, di un nuovo sogno.

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