Corriere della Sera - La Lettura
La voce ei corpi di popoli che fuggono
La storia dell’umanità è stata segnata da migrazioni imponenti e collettive. Il Novecento è il secolo che ha fatto registrare i maggiori flussi migratori (e il Novecento, in questo caso, non è mai finito). Non si parte solo per fuggire da condizioni di povertà e sfruttamento inseguendo l’aspettativa di una vita migliore, oppure dalla paura provocata dalle guerre, come in Afghanistan, in Iraq o in Siria, o dai massacri etnici.
Nel caso di alcuni Paesi dell’Africa, ad esempio, si scappa dalla carestia e dalla fame, dalla mancanza d’acqua e dalle malattie endemiche. Sul finire degli anni Trenta gli ebrei fuggono in massa dalle persecuzioni naziste; il crollo dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est apre la strada a nuove migrazioni che in alcuni casi si traducono in veri esodi di massa, come nel caso degli albanesi nei primi anni Novanta.
Verso l’Europa hanno inizio negli anni Duemila imponenti fenomeni migratori, tuttora in atto, le mixed migrations, flussi migratori misti, composti sia da migranti «economici», che vogliono migliorare la loro vita trovando nuovo lavoro e nuove condizioni sociali, sia da profughi, uomini e donne che fuggono da violenze e violazioni dei diritti umani. Di migrazioni parlano Dialoghi di profughi, di Bertolt Brecht, protagonista il bravo e appassionato Lino Guanciale; e Necropolis, nuovo progetto del coreografo e regista Arkadi Zaides.
Proposto per la prima volta on air lo scorso 15 giugno su Rai Radio3, in occa