Corriere della Sera - La Lettura
La più antifemminista delle antifemministe
Marzo 1972. Il 22, dopo il passaggio alla Camera (con 354 voti a favore), il Senato Usa approva (84 a 8) l’Equal Right Amendment (Era), emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti che prevede di garantire pari diritti ai cittadini senza distinzione di sesso (una prima versione era stata presentata al Congresso nel 1923). La parola passa agli Stati. Prima di entrare a far parte della Costituzione, l’emendamento deve essere ratificato — entro 7 anni — da tre quarti degli Stati dell’unione, 38 su 50. Giunta la scadenza (prorogata al 1982), la ratifica arriverà in 35 Stati e da allora l’emendamento non è mai riuscito a entrare nella Costituzione (nel gennaio scorso, sull’onda del movimento #MeToo, la Virginia è diventata il 38° Stato ad approvare l’Era, dopo Nevada, nel 2017, e Illinois, 2018; un passo simbolico). A sostenere fortemente l’Era negli anni Settanta è il movimento femminista. Sul fronte opposto la battaglia del «no» è guidata da Phyllis Schlafly (1924-2016), conservatrice e antifemminista conosciuta come «la fidanzatina della maggioranza silenziosa». L’inserimento nella Costituzione di un emendamento che garantisse l’uguaglianza davanti alla legge di donne e uomini, a suo parere, minava la famiglia americana tradizionale e «avrebbe portato alla leva obbligatoria per le donne e ai bagni unisex».
A condurre al centro del campo di battaglia è la miniserie Mrs. America, nove puntate prodotte da FX e distribuite negli Usa dalla piattaforma Hulu, in arrivo in Italia da giovedì 8 ottobre su TimVision (su «la Lettura» #433 del 15 marzo ne ha scritto Costanza Rizzacasa d’Orsogna). Protagonista Cate Blanchett, due volte premio Oscar (anche produttrice esecutiva; sopra in una scena) che porta sul piccolo schermo proprio Phyllis Schlafly: «Un viaggio nella storia per capire meglio dove siamo oggi», ha commentato l’attrice. La miniserie creata da Dahvi Waller (già sceneggiatrice di Mad Men) non si concentra solo su Schlafly ma intreccia una serie di ritratti femminili dell’epoca. E la diversità emerge già dai titoli degli episodi. I primi tre (che si potranno vedere tutte l’8 su TimVision, mentre quelli successivi arriveranno uno a settimana): Phyllis, Gloria, Shirley. Phyllis è naturalmente Schlafly, scrittrice, attivista politica di St. Louis, Missouri, madre di sei figli, sposata con un avvocato, organizzatrice della campagna «Stop Era» che con i suoi discorsi gira gli Stati Uniti («Vorrei ringraziare mio marito per avermi permesso di essere qui stasera; mi piace sempre dirlo perché fa così tanto arrabbiare le femministe»); Gloria è Gloria Steinem (1934; ha il volto di Rose Byrne), cofondatrice della rivista «Ms.» (1972) , tra le più popolari leader del movimento delle donne; e Shirley è Shirley Chisholm (19242005; Uzo Aduba, fresca vincitrice di un Emmy per il ruolo) prima donna nera eletta al Congresso che nel 1972 partecipò alle primarie democratiche per le presidenziali. Con loro altre celebri protagoniste della seconda ondata femminista come Betty Friedan (1921-2006; Tracey Ullman), autrice de La mistica della femminilità (1963) che nel 1966 aveva co-fondato la National Organization for Women (Now); la leader Bella Abzug (1920-1998; Margo Martindale); la repubblicana Jill Ruckelshaus (1937; Elizabeth Banks).
Le 9 puntate dal 1972 portano fino all’elezione di Ronald Reagan nel 1980. Con non poche libertà, ma ricostruendo con fedeltà discorsi e dibattiti pubblici. «È una serie corale», ha dichiarato l’autrice Dahvi Waller: «Non un biopic su Schlafly o su Steinem. Volevo dimostrare che ci sono così tanti modi di essere donna e così tante definizioni diverse di femminilità». (cecilia bressanelli)