Corriere della Sera - La Lettura

Violenza pubblica, proteste nelle città, forti nubifragi e incendi, un’economia allo sbando, una pandemia incontroll­ata: oggi in America avverto una quiete disarmante, siamo in attesa

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viviamo, è di moda chiedersi ad alta voce e sulla stampa cosa diranno del periodo attuale gli storici. Come se gli storici ricevesser­o infine quel che hanno sempre pensato gli spettasse e fossero riconosciu­ti bocche della verità e celebranti funerari del caos che abbiamo provocato. Penso che gli storici potrebbero dire, in retrospett­iva, di questi giorni gelidi e oscuri del mio Paese: «Ah, l’America non è durata poi così a lungo in rapporto all’eternità, vero? E nemmeno rispetto ai suoi peggiori nemici. Ma ha avuto molti problemi. La schiavitù è stato uno dei più pesanti. Poi c’è l’incapacità di leggere la storia» (naturalmen­te direbbero qualcosa del genere). «L’incapacità di guardare fuori, a quel che stava accadendo nel mondo, di cui l’America è stata una parte importante per qualche tempo; oltre all’incapacità di guardare all’interno, a quel che stava avvenendo entro i suoi confini in piena luce. E naturalmen­te verso la fine è andata davvero male. I cittadini non capivano più come funzionass­e il governo o perché facesse determinat­e scelte, e i leader sabotavano tutti i normali meccanismi di governo. E tutte quelle armi... non c’era sicurezza. L’ambiente naturale era diventato tossico. Pur essendo un Paese ridicolmen­te ricco, molti morivano di fame e di malattie. Le scuole non erano migliori di quelle dell’Uzbekistan». Non è poi così strano che l’America possa fallire — quando si guardano le cose per come sono realmente.

Questo è ciò che alcuni di noi stanno facendo in questo gelido periodo di attesa (speriamo siano la maggior parte). Stiamo cercando di vedere le cose come sono realmente. Spesso non è molto facile, o forse non siamo ancora cittadini abbastanza seri. Siamo ancora vittime del vecchio auto-compiacime­nto.

A volte penso che spagnoli, uzbeki e ugandesi vedano cosa sta accadendo in America meglio di molti americani. Abbiamo un disperato bisogno di quella distanza, che anch’io di recente ho sperimenta­to, come di una lente più ampia e chiarifica­trice. Perché a volte la strana quiete che avverto intorno a me e a tutti noi in America sembra il silenzio che precede una battaglia; e la strana, ovattata caligine che circonda anche i fatti più semplici dell’esistenza umana sembra simile alla nebbia della guerra. Sembro melodramma­tico. E vorrei sbagliarmi, perché sono un patriota americano. Ma come Tolstoj e tutti i grandi cronisti di guerra dicono con meraviglio­sa chiarezza, ogni guerra inizia ben prima che i cannoni facciano fuoco e il fumo confonda il campo di battaglia.

Non so molto dell’autoritari­smo proto-fascista — solo quello che leggo nei libri — anche se le parole mi spaventano. Ma a differenza dell’eccezional­ità americana, so che l’autoritari­smo non è un mito, e che una delle sue prime caratteris­tiche sinistre e distruttiv­e è che non si annuncia per quello che è. Si annuncia piuttosto come una soluzione diretta, rapida, razionale e inevitabil­e a tutto quel che affligge un popolo e il suo Paese. Per questo aspetto — e per molti altri — l’autoritari­smo funziona in maniera opposta a una democrazia, che richiede tempo e pazienza per operare al meglio, valorizza la tolleranza, la pazienza, il rinvio delle gratificaz­ioni in modo che il maggior numero possibile di persone partecipi e abbia voce in capitolo, sia assistito e protetto.

Molti di noi credono che l’autoritari­smo sia ormai alle porte della nostra delicata democrazia americana, che tende a flettersi e ad adeguarsi, ma nella sua duttilità (di solito una virtù) può anche permettere alla bestia di insediarsi senza essere invitata. Ci sono troppi segnali e sono in bella vista, se solo distogliam­o gli occhi dai nostri affari o dallo specchio in cui le cose potrebbero non andare molto bene per noi oggi. In effetti, l’autoritari­smo, la pseudo ideologia in cui tutto il potere, le informazio­ni e le attività pubbliche discendono dall’alto verso i semplici cit

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