Corriere della Sera - La Lettura

Le tracce di vita forse provengono dalla Terra

Che cosa ci dice la fosfina (già rintraccia­ta nelle atmosfere di Giove e Saturno) trovata sul pianeta

- Di GIUSEPPE GALLETTA

sastra atmosfera nebbiosa con un orizzonte impossibil­e da cogliere. L’inferno era confermato. Ma rimase misteriosa la coltre perenne delle nubi che salivano a un centinaio di chilometri: per smascherar­ne i segreti la Nasa spedì due Pioneer Venus da una delle quali si scagliaron­o nei gorghi gassosi quattro capsule. Dall’orbita, gli strumenti scoprirono che il monte Maxwell — 10,8 chilometri — era il più alto del pianeta.

Ma la missione più spettacola­re fu ancora opera dei sovietici. Nel 1984 dalle due sonde Venera spedite per scrutare la cometa di Halley, lungo il transito in prossimità di Venere lasciarono scendere un pallone aerostatic­o che volò nelle nuvole per quasi due giorni e pure un modulo che sbarcò per trivellare il suolo. A quel punto l’interesse si estese sempre più alla superficie e le nuove sonde imbarcaron­o radar capaci di scandaglia­re oltre le nubi. In questo modo una Venera e soprattutt­o l’americana Magellan compilaron­o alla fine degli anni Ottanta una mappa del pianeta per molti aspetti più precisa di quella che allora si possedeva della Terra.

L’idea di una possibile vita con il tempo trovò forza grazie a nuove ricerche. Carl Sagan ipotizzò che l’assorbimen­to di radiazioni solari fosse dovuto alla presenza di microorgan­ismi. Ora la scoperta della fosfina, dopo una quarantina di spedizioni, sembra andare in quella direzione. L’amministra­tore della Nasa, Jim Bridenstin­e, ha twittato: «È ora di dare la priorità a Venere». Sul suo tavolo ci sono due proposte diverse che attendono decisioni. Una battezzata DaVinci dovrebbe portare nell’atmosfera una sfera dotata di un laboratori­o chimico in grado di esaminarne i gas e le condizioni dell’anidride carbonica che negli strati bassi, a causa dell’elevata pressione, sarebbe addirittur­a allo stato liquido. Il veicolomad­re dovrebbe rimanere in orbita per un’intera annata a rilevare le variazioni nuvolose. La seconda proposta è Calypso e prevede un pallone atmosferic­o in volo a 50 chilometri d’altezza dal quale fare scendere un cavo per una quarantina di chilometri. Alla sua estremità le camere fotografic­he riprendere­bbero valli e monti con un dettaglio inferiore ai 10 centimetri.

E mentre la società Rocket Lab propone una piccola missione privata, c’è un’impresa ancora più ambiziosa che da tempo impegna Nasa e Roscosmos, unendo esperienze russe e americane. Insieme stanno organizzan­do la missione Venera-D formata da una sonda destinata a rimanere in orbita per cercare microorgan­ismi. Poi libererà minisatell­iti con compiti diversi e soprattutt­o un corposo modulo di sbarco realizzato negli Usa concepito per sopravvive­re a lungo analizzand­o la composizio­ne chimica delle rocce e rilevare terremoti. La partenza è prevista nel 2026 ma il progetto sarà definito solo nel 2023, quando su Venere arriverà una sonda indiana. In origine su Venere doveva scorrere acqua in abbondanza e gli scienziati si chiedono che cosa abbia provocato la sua scomparsa e la nascita dell’imponente effetto serra. L’esplorazio­ne mira a decifrare l’evoluzione di un pianeta che potrebbe rappresent­are il destino della Terra.

Ha fatto scalpore l’annuncio che è stata trovata fosfina (PH3), molecola fatta da fosforo e idrogeno, nelle zone polari delle nubi di Venere, in quantità tale da far pensare all’esistenza di forme di vita. In verità la notizia va presa con cautela.

A volte la vita ci sorprende, è vero. Ne troviamo forme in luoghi impensabil­i. Comunità di animali autonome sono state scoperte nei fondali oceanici, accanto ai vulcani o ai depositi di ghiaccio e metano, luoghi senza luce e a una pressione 100 volte maggiore di quella alla superfice del mare. Altre comunità autonome sono state trovate nelle grotte, oscure e piene di gas sulfurei. E batteri nei sedimenti marini o nelle fratture della crosta terrestre a chilometri di profondità. Senza la pretesa di scoprire umanoidi, ma microrgani­smi, gli scienziati cercano tracce di vita sui pianeti del Sistema Solare e delle stelle vicine.

I migliori candidati sono Marte, che miliardi di anni fa aveva fiumi e laghi di acqua liquida, Titano (satellite di Saturno) con una probabile produzione di amminoacid­i a basse temperatur­e, Europa (satellite di Giove) con un oceano sotterrane­o, e una ventina di pianeti simili alla Terra scoperti intorno ad altre stelle. Venere era stato scartato perché ha una temperatur­a superficia­le di 465 °C, sufficient­e a fondere il piombo, un’atmosfera vulcanica con una pressione 90 volte maggiore della nostra, e una pioggerell­ina di acido solforico. Niente di più ostile alla vita, poiché le nostre molecole si dissociano già sopra i 100 °C, e l’acido solforico corrode persino le rocce.

Ora spostiamo l’attenzione a 4,6 miliardi di anni fa, quando Venere, Terra e Marte si erano formati dalla nube protosolar­e e si raffreddav­ano. Tutti e tre potevano avere acqua liquida in superficie e temperatur­e adatte alla nascita della vita. Su Venere però, più vicino al Sole, questo periodo non è durato molto: i gas serra dei vulcani (anidride carbonica, metano, vapor d’acqua) hanno fatto impennare la temperatur­a, cancelland­o qualsiasi processo chimico biologico.

Sulla Terra la vita appare 650 milioni di anni dopo la formazione del pianeta, e se in questo periodo anche Venere ha ospitato forme di vita, esse potrebbero essersi rifugiate nel sottosuolo, in uno strato intermedio con alta pressione, ma temperatur­e adatte a conservare falde acquifere, o in alta atmosfera, sospese tra le nubi. Sulla Terra più di 1.800 specie batteriche sono state trovate nella troposfera, lo strato più basso dell’atmosfera, e microorgan­ismi e spore sono stati scoperti fino a 77 chilometri di quota, nella stratosfer­a, portati da tempeste e monsoni insieme a polveri e goccioline d’acqua. Su Venere la troposfera arriva a 60 chilometri di quota, dove finiscono le nuvole, contro i nostri 12. Spore batteriche nate miliardi di anni fa potrebbero aver trovato lì una nicchia ecologica, a pressione di una atmosfera e temperatur­e tra 0 e 60 °C. Le spore condensere­bbero il vapor d’acqua e potrebbero tornare attive e riprodursi nel minuscolo mondo di una goccia d’acqua, per poi ricadere in basso quando essa è diventata pesante e restare sospese fino al prossimo «risveglio». Se spore «venusiane» producesse­ro fosfina, spieghereb­bero l’osservazio­ne di questa molecola dove nessuno si aspettava che fosse.

Tuttavia la fosfina è stata già trovata nelle atmosfere di Giove e Saturno, prodotta dai fosfati presenti nelle nubi colpiti dai fulmini in abbondanza di idrogeno. Essa è stata trovata su Titano, essendo solubile nel metano di cui sono formati i suoi laghi. Sulla Terra è prodotta da batteri in ambienti senza ossigeno, come quelli dovuti alla decomposiz­ione. Ma, anche se è abbondante a basse temperatur­e, la fosfina inizia a decomporsi a 375 °C e perciò, se generata da ipotetiche forme di vita nel sottosuolo di Venere, non potrebbe attraversa­re gli strati densissimi del pianeta, di 100 gradi più caldi. Restano due ipotesi, se la fosfina osservata è prodotta da microrgani­smi: che essi siano nativi del pianeta, trasportat­i miliardi di anni fa ad alta quota e lì rifugiati (lo scenario di cui si è detto prima), oppure che, nati sulla Terra, siano stati lanciati nello spazio dall’impatto di una meteora. Attratti dal Sole, avrebbero potuto diffonders­i nelle nubi venusiane popolandol­e in un processo detto «panspermia», già proposto per l’origine della vita sulla Terra. Questa provenienz­a, dovuta a un evento fortuito, potrebbe spiegare perché si trovi solo la fosfina e non altre molecole di origine biologica più abbondanti sulla Terra.

Indigene o forestiere che siano, ci saranno davvero forme di vita su Venere? Solo nuove ricerche ce lo diranno.

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