Corriere della Sera - La Lettura
Illusioni perdute a fine anni Settanta
Paolo Scardanelli racconta un’epoca attraverso la storia di due amici
Tortuoso, per questo a suo modo peculiare, è lo stile di Paolo Scardanelli nell’esordio L’accordo. Era l’estate del 1979 (Carbonio editore). Non sottomessa da una trama piana, tutt’al più di cerebrale contorno, la lingua del romanzo si impone, infatti, come protagonista. Si snerva incessante — attorcigliandosi attorno a virtuosismi filosofici sull’esistenza — attraverso le azioni dei personaggi, fino a travolgere il racconto delle vite dei due protagonisti, Paolo e Andrea.
Due amici siciliani, uniti per anime e gusti affini, che fanno i conti con i loro rammarichi, in quel finire turbolento degli anni Settanta, quando, ultimati gli esami di maturità, vedono i loro destini dividersi. Il primo, fugge dall’isola natìa verso il Nord, Milano, come a prendersi una libertà negatagli dalle origini soffocanti. L’altro, invece, rimane in Sicilia, calmato solo dalla furia pirotecnica di un Etna mitologico, nonostante la famiglia lo invogli a rifuggire i sonnolenti ritmi della provincia, ma nel contempo lo obblighi a lavorare per l’azienda del padre.
Ripensando alle vicissitudini vissute — tra rimpianti, lavori accettati per forza di cose, guerre ideologiche, amori pericolosi — Paolo e Andrea costruiscono insieme un romanzo-conversazione dal tenore solipsistico, in cui l’amicizia è il sentimento che fa da traino e spartiacque narrativo.
È da questo espediente che Scardanelli compie un pregevole lavoro letterario sulla ruvidezza dell’idea di storia e sul languore drammatico della memoria.
Così, sfocatamente, può ricordare i monologhi romanzati di Thomas Bernhard, mentre alla lontana sembra ispirarsi a quelle prospettiche incursioni linguistiche sul passato che accadono incessanti in Dedalus di James Joyce.
Il romanzo è, in conclusione, una sorta di rissoso e interessante distillato, un memoriale atipico a cui avrebbe giovato, per una migliore compiutezza letteraria, una riduzione equilibrata nella vulcanica eccitazione di riflessioni e soliloqui.