Corriere della Sera - La Lettura

Non romanzi ma storie di spettri che siamo noi

- Di GIUSEPPE ANTONELLI

Possiamo solo immaginare le sensazioni che uno scrittore prova rileggendo a distanza di tempo una propria opera. Nelle poche pagine con cui Javier Marías introduce la raccolta di Tutti i racconti appena uscita in Italia per Einaudi il sentimento prevalente sembra un certo distacco. Quello che gli fa riorganizz­are i racconti di due precedenti raccolte ( Mentre le donne dormono e Quando ero mortale) e qualche altro pubblicato finora solo nei giornali classifica­ndoli in due categorie: «Racconti accettati» (una ventina abbondante) e «Racconti accettabil­i» (una decina scarsa).

La distanza temporale diventa così un’ulteriore cornice, che si aggiunge a quelle in cui Marías incastonav­a già gran parte dei suoi racconti. Racconti che cominciano spesso con un incontro fortuito: un vecchio amico che si era perso di vista, uno sconosciut­o incrociato in vacanza, a un matrimonio, alle corse dei cavalli; a volte una lettera ritrovata per caso o un oggetto carico di ricordi che riemerge all’improvviso dall’oblio. Vicende che sono spesso confession­i o rievocazio­ni: ricordi di altri, che implicano altri filtri e salti temporali. «Oggi ho ricevuto una lettera che mi ha ricordato un amico. L’ha scritta una sconosciut­a, per me e per quell’amico».

Javier Marías ha riunito i racconti usciti in raccolte e gli altri apparsi qua e là anche sotto pseudonimo. Come quello, datato 1989, dell’uomo che torna dalla guerra e trova la casa occupata da un uomo uguale a lui che ha sposato sua moglie. Un universo soprattutt­o virile dal quale l’amore è quasi escluso

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