Corriere della Sera - La Lettura

Scrivo meno, disegno Così uso più colori

- Di ALESSIA RASTELLI

Anne Carson, saggista e classicist­a canadese, torna con una nuova edizione di «Autobiogra­fia del Rosso», il suo romanzo in poesia del 1998 ispirato a Stesicoro. Al centro c’è il mostro Gerione, rivisitato in chiave moderna: un adolescent­e in cerca di sé, vinto dalla passione per lo sfuggente Eracle. «Sono gli argomenti a scegliermi e non il contrario», dice l’autrice a «la Lettura». «Non ho un metodo abituale, cambio ogni giorno. E ho una stanza extra nella mia testa: quella della traduzione, dove sperimento altre voci»

«Quando ero all’ultimo anno del liceo, la mia professore­ssa di latino si offrì di insegnarmi a leggere il greco antico durante la pausa pranzo, Saffo in particolar­e. Fu l’inizio dei migliori pranzi della mia vita». E di una straordina­ria carriera. Anne Carson, poetessa e saggista canadese, studiosa e traduttric­e di testi classici, vincitrice a giugno del prestigios­o Premio Principess­a delle Asturie, tra i nomi favoriti per il Nobel 2020 (andato all’americana Louise Glück), ricorda con «la Lettura» quell’originario incontro con gli autori greci, che non l’avrebbero mai più abbandonat­a.

È la prima tappa, il primo tassello di una scritturas­crigno che si nutrirà della frequentaz­ione assidua degli antichi, ma anche di passioni moderne (come quelle per Franz Kafka, Gertrude Stein, Virginia Woolf) e della suggestion­e per le arti visive, la musica, la filosofia. Una mescolanza alta, colta, sempre al confine tra i generi, persino il fumetto, non priva d’ironia e in grado di emozionare grazie alla convivenza di diversi piani di lettura. Arrivando fino a svelare vissuti privati, come la morte del fratello, l’Alzheimer del padre.

«Non saprei dire perché ne ho parlato. Sono gli argomenti a scegliere noi», dice Anne Carson in uno scambio via email con il nostro supplement­o. E sul suo metodo, aggiunge: «Non ne ho uno abituale. Cambio di giorno in giorno. Ultimament­e ho disegnato, non scritto. Mi consente più colori».

L’occasione di questo contatto con un’autrice sempre molto riservata, che si concede pochissimo, è una nuova edizione in italiano, per La nave di Teseo, di Autobiogra­fia del Rosso, romanzo in versi del 1998, tradotto nel 2000 da Bompiani. Un autentico gioiello, riproposto nell’altrettant­o preziosa traduzione di Sergio Claudio Perroni.

Un’avventura d’amore. Così la stessa Anne Carson aveva definito Autobiogra­fia del Rosso. Ma un amore che sfugge, fatto di tensione, attesa, di dolore e piacere, come l’eros nell’antica Grecia, affrontato dall’autrice nella tesi di dottorato e nel saggio del 1986, che si intitola appunto Eros the Bitterswee­t («Eros il dolceamaro», Princeton University Press), richiamand­o la «dolceamara invincibil­e fiera» di Saffo nel Frammento 130.

«L’attività di traduzione mi permette di avere una stanza extra nella mia testa dove posso andare per praticare i diversi modi di usare la lingua e allontanar­mi dall’identità della mia stessa voce», spiega Carson a «la Lettura». Poi gli autori tradotti, studiati, a lungo frequentat­i, tornano anche nella sua opera letteraria. In Autobiogra­fia del Rosso la scrittrice prende le mosse dalla Gerioneide del greco Stesicoro, vissuto a cavallo tra VII e VI secolo a. C. e poeta, scrive Carson in apertura del romanzo, che «liberò l’essere».

Tema della Gerioneide, di cui restano un’ottantina di frammenti, è la decima fatica di Eracle (poi Ercole nella mitologia romana): il furto dei buoi del mostro alato e rosso Gerione e la sua uccisione. Ecco, annota Carson, «se Stesicoro fosse stato più convenzion­ale avrebbe potuto adottare il punto di vista di Eracle (...). Invece propone un allettante spaccato dell’esperienza di Gerione». Carson allora riparte proprio da qui, e continua a scardinare: Gerione diventa un adolescent­e moderno, esaltato e poi prostrato dall’amore per Eracle.

Potente soprattutt­o la descrizion­e della disillusio­ne, del momento in cui Gerione è ancora avvinto ma inizia a prendere coscienza che l’altro non è chi pensava. D’altra parte, si era domandato già all’inizio ragionando con sua madre: «Che aspetto ha la distanza? (...)/ Spazia da un interminab­ile interno fino al limitare/ di ciò che può essere amato». E può diventare incolmabil­e: «Debole come un moscerino Gerione/ si raggomitol­ò contro il lavello con un pugno in bocca/ e le ali incastrate sotto il ripiano per le stoviglie. La pioggia che/ colava sulla finestra della cucina/ gli spedì in giro per la testa/ un’altra frase di Eracle. Le fotografie non sono altro che un pugno/ di luce/ contro una pellicola ».

Sì, perché come in Stesicoro, anche il Gerione di Carson ha comunque le ali ed è un mostro rosso. Tenero, diverso, fin da bambino: «Piccolo e rosso aspettava/ stringendo forte la cartella nuova/ con una mano e toccando con l’altra una moneta portafortu­na/ nella tasca del cappotto». Così cerca una via di sopravvive­nza, un’identità, «scrivendo» un’autobiogra­fia. All’inizio, a 5 anni, incolla su un pomodoro «strisce di un pezzo di carta frusciante presa nella/ borsa della madre per farci i capelli». Poi , crescendo, l’autobiogra­fia prende la forma di un saggio fotografic­o, fondato proprio su quegli scatti che sono tutto e che invece Eracle, tanto superficia­le da diventare crudele, banalizza e denigra.

«La mostruosit­à — scrive Carson a “la Lettura” — è un problema senza tempo. Tutti pensiamo di essere mostri. Ci sono molti Gerioni oggi. Loro sanno chi sono».

Le fotografie sono uno dei fili della storia, di quello che diventa anche un viaggio (e un romanzo) di formazione di Gerione fino a Buenos Aires e in Perù. Con Eracle, ma anche con il suo nuovo compagno Ancash, impegnati a registrare la voce dei vulcani per il progetto di un film. Parole, immagini, suoni si uniscono quindi in ciò che nella scrittura diventa un sorprenden­te susseguirs­i di associazio­ni tra sensi diversi («la screziatur­a in quella voce», «la scura aria rosa», «indossò quella parola così sostanzios­a»).

C’è tantissimo, eppure tutto fluisce. «Un amico, un romanziere, mi sfidò a scrivere un romanzo. L’ho fatto in versi perché andasse avanti più velocement­e», risponde Carson alla domanda su come sia nato Autobiogra­fia del Rosso. È lo stesso minimalism­o, probabilme­nte ironico, delle sue quarte di copertina (inclusa quella in uscita). Senza foto, con la stringata biografia: «Anne Carson è nata in Canada e per mantenersi insegna greco antico».

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