Corriere della Sera - La Lettura
Vite senza Fortuna Aiutiamo i bambini a riparare la realtà
Ilunghi capelli con il frisé. Lo sguardo vivace ma smarrito. La piccola Nancy vive con la madre e il padre in un palazzone incastonato in un angolo di mondo dimenticato dal bene. Non sembra riconoscersi nel nome con cui tutti la chiamano. Il silenzio in cui si è chiusa da tempo allarma la madre, che la accompagna agli incontri con una psicologa distratta e scostante. Solo i suoi amici la chiamano Fortuna. È una principessa, le dicono, e sta aspettando che qualcuno la riporti sul suo pianeta. È la realtà? Una fantasia? Chi sono i giganti cattivi che appaiono sul terrazzo e vorrebbero fare loro del male?
Il 19 ottobre Fortuna, primo lungometraggio di Nicolangelo Gelormini, sarà presentano nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma (15-25 ottobre). «Una storia ispirata liberamente a fatti realmente accaduti», si legge nella sinossi. I fatti sono quelli di una sconvolgente vicenda di cronaca: la morte di Fortuna Loffredo, sei anni, scaraventata dall’ultimo piano del palazzo dove viveva nell’isolato 3 del Parco Verde di Caivano (Napoli) dopo ripetuti abusi sessuali. Il film, patrocinato da Save the Children, trasla la cronaca in una fiaba tragica divisa in due atti speculari che mettono a confronto l’immaginazione in cui la bambina si rifugia (nella prima parte) e una realtà indicibile e quindi irrappresentabile (nella seconda). Tra i protagonisti del film Valeria Golino. «La Lettura» l’ha fatta incontrare (virtualmente) con la poetessa Antonella Anedda, che nei suoi versi racconta il dolore e la perdita. Si sono confrontate sui temi del film.
Fortuna nasce da fatti terribili che solo raccontarli a voce è pericolosissimo, perché retorica e pietismo sono in agguato. Nicolangelo Gelormini è riuscito a evitarli realizzando un film sospeso, dove i fatti sono restituiti attraverso la percezione sensoriale ed emotiva della bambina. Raccontarli in senso realistico sarebbe stato impossibile oppure osceno, pornografico. Nicolangelo è riuscito a trasformare questa oscenità in un racconto poetico. L’orrore vissuto da Fortuna viene restituito con una doppia temporalità capace di rendere il pericolo e la nostalgia per qualcosa di rassicurante. Per questo ho deciso di partecipare al film: il modo in cui il regista, alla prima esperienza, ha affrontato questa storia mi è sembrato talmente originale e allo stesso tempo un salto nel vuoto. E poi l’estetica gioca un ruolo fondamentale. Nicolangelo è stato coraggioso. Ma a volte questo non basta. Puoi essere coraggioso eppure schiantarti. Lui invece è riuscito a descrivere l’orrore traslandolo. E anche noi attori, soprattutto noi adulti con la nostra maggiore consapevolezza, abbiamo seguito come funamboli questo pericolosissimo tragitto. Ne è valsa la pena. Sono contenta di fare parte di questo film.
Nelle due parti in cui si divide il film, lei condivide e si scambia con Pina Turco il ruolo della madre e della psicologa. Nel primo atto, lei è la madre di Nancy/Fortuna, una madre amorevole, che però non riesce a salvare la figlia dall’orrore; mentre Pina Turco è la psicologa distratta che ne segue il caso. Nel secondo atto, quando emerge la realtà in tutto il suo orrore, tutto si capovolge e i vostri ruoli si invertono: lei è la psicologa, attenta e comprensiva, mentre Pina Turco diventa la madre, distante, che non comprende il dolore della figlia.
In questo doppio personaggio non c’è antitesi; si tratta della stessa persona traslata in due ruoli diversi: sia come madre che come psicologa porta lo stesso sentimento. Come attrice ho dovuto fare la stessa cosa due volte. Nella prima parte il mio personaggio rappresenta tutto quello che la bambina vorrebbe fosse la sua realtà: una madre che la capisce, che si preoccupa, la madre soffice e soave che tutti vorremmo; ma poi, quando il reale emerge, si rivela un’estranea. È stato molto interessante. Non posso dire di averlo fatto capendo sempre ciò che stavo facendo, ma un attore può permetterselo.