Corriere della Sera - La Lettura
Il Rinascimento esplosivo di un artista burrascoso
«Raffaello? Non è solo il pittore delle Madonne, della grazia, della perfezione...», afferma Matthias Martelli che, nelle celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte di Raffaello Sanzio (sotto: Autoritratto, 1504-1506, Uffizi, particolare), è autore e protagonista dello spettacolo Raffaello. Il figlio del vento, prodotto dallo Stabile dell’Umbria, in prima nazionale al Teatro Raffaello Sanzio di Urbino dal 16 al 18 ottobre (info: 0722 2281). «Rispetto ad artisti come Michelangelo, Leonardo o Caravaggio, geni tormentati — riprende l’attore — Raffaello mi sembrava una figura meno intrigante. Non ero molto informato sulla sua storia ma, quando ho iniziato a studiarlo ho scoperto un personaggio esaltante sotto tutti i punti di vista. Dietro l’apparenza mite, rassicurante, del “pittore divino”, si nasconde un uomo dalla vita esplosiva, fatta di sfide e contraddizioni, di viaggi incessanti, amicizie granitiche, amori focosi, successi grandiosi, tragedie improvvise. Mi ha particolarmente colpito — aggiunge — un episodio: la lettera che, insieme a Baldassarre Castiglione, scrisse a Leone X per denunciare lo scempio dei monumenti classici a Roma. Nella missiva si chiede al pontefice di impegnarsi nel tutelare assiduamente le glorie dell’antichità: sembra quasi l’articolo 9 della Costituzione italiana».
Martelli è accompagnato in scena dalle musiche dal vivo eseguite da Matteo Castellan (sopra: insieme nella foto) e dai disegni di Loris Spanu. «Raffaello è stato schiacciato in un’immagine riduttiva e questo spettacolo può essere un modo per riscoprirlo in maniera inedita». E, riguardo al titolo, l’attore-autore spiega: « Il figlio del vento, perché Urbino, che è anche la città dove sono nato, è molto ventosa, ne parla persino Giovanni Pascoli, nella sua poesia L’aquilone, definendola “Urbino ventoso”. Inoltre, Raffaello è stato trasportato come il vento in giro per l’Italia. Secondo me, il vento che batteva la città ha avuto influenza sulla sua arte».
Anche in questo caso l’interpretazione di Martelli, che l’anno scorso ha riscosso ampi consensi per la nuova versione di Mistero buffo di Dario
Fo, riprende la tradizione del teatro giullaresco e di narrazione, trascinando lo spettatore all’interno di un percorso dove si rendono vivi i capolavori di Raffaello. «Uno dei momenti clou — continua — è quando viene chiamato a Roma da Giulio II per dipingere le stanze vaticane. Era giovane, inesperto; si trovò davanti a quei muri bianchi, al centro del mondo, al cospetto di un papa guerriero, a due passi dalla Cappella Sistina. Non va dimenticato un aspetto della biografia: Raffaello nasce nella bottega del padre pittore, sin da bambino ha vissuto in un ambiente creativo. Era destinato a diventare un protagonista del Rinascimento. Purtroppo morì a 37 anni, in circostanze poco chiare, all’apice del successo».
Il racconto di Martelli entra nei dettagli del privato. «Si innamorò perdutamente della Fornarina. Lui, pittore ricco, già noto, perde la testa per la figlia di un fornaio: una vicenda, per l’epoca, quasi eretica. Pare che l’abbia segretamente sposata, pur essendo promesso sposo alla nipote del potente cardinale Bibbiena, che non portò mai all’altare. Raffaello pur non essendo un “artista maledetto”, un assassino come Caravaggio o un disperato autolesionista come Van Gogh, aveva un carattere dominante. Il suo unico difetto è stato quello di non avere difetti». (emilia costantini)