Corriere della Sera - La Lettura
«Per un mondo più condiviso »
Parla il Nobel economista-filosofo. A Francoforte riceverà il Premio per la Pace degli editori e librai tedeschi
Amartya Sen non ha dubbi: «L’Unione Europea è un bene prezioso da coltivare ancora di più in questi tempi». L’economista-filosofo indiano, premio Nobel per l’Economia nel 1997 e docente a Harvard, dall’alto dei suoi 86 anni continua a collezionare riconoscimenti: il prossimo gli arriverà proprio dal cuore dell’Europa, progetto che lui ha seguito sul nascere grazie anche alla vicinanza con Altiero Spinelli. Domenica 18 ottobre lo studioso che trent’anni fa coniò l’«indice di sviluppo umano» da affiancare al Pil per misurare lo stato di salute di un Paese (poi adottato dall’Onu), e che introdusse la nozione di «capacità» come indicatore di libertà e qualità di vita degli individui, riceverà il Premio internazionale per la pace degli editori e librai tedeschi, alla Fiera del libro di Francoforte: per il suo concetto di identità plurale e inclusiva, antidoto alla cultura dell’odio e dello scontro, e per aver mostrato come «povertà, fame e malattia sono intimamente legate all’assenza di libertà e strutture democratiche», come ricorderà il presidente tedesco FrankWalter Steinmeier nella sua prolusione. «Purtroppo — dice con rammarico dalla sua casa di Boston, che non lascia da mesi: la pandemia ha imposto uno stop alla sua vita di conferenziere giramondo — non potrò essere fisicamente presente. Alla mia età non posso correre rischi».
«Il dibattito in Europa sul grado di condivisione tra gli Stati membri, oltre alla responsabilità di bilancio, è molto importante. Il nodo è come trattare con i Paesi, per esempio Ungheria e Polonia, diventati molto nazionalisti, che sparlano dell’Europa ma ne prendono sussidi e finanziamenti. L’Italia pare a metà strada, per l’influenza della Lega. Ma l’esito del voto regionale fa sperare in un rafforzamento dei valori solidaristici».
«Il Covid ha messo in luce che la sofferenza aumenta dove manca una rete di servizi pubblici, sanitari e scolastici. Il caso del Kerala è esemplare: questo Stato indiano con scuola e sanità gratuite è riuscito a preservarsi a lungo, pur all’interno di un Paese travolto dalla pandemia. Un Paese segnato dal contrasto tra strutture soddisfacenti per le persone abbienti e la mancanza di servizi di base decenti per i poveri. Un solco appesantito dalle asimmetrie create dalle caste moderne. Senza infrastruttura sanitaria e senza un buon sistema scolastico, le economie in via di sviluppo affrontano problemi enormi. Penso al Sudest asiatico — oltre all’India, Pakistan, Nepal e Bangladesh — ma anche al Medio Oriente e al Nord Africa: hanno avuto tutti difficoltà connesse con l’accesso ai servizi sanitari. Negli Usa il problema è un sistema sanitario male organizzato che non offre la copertura pubblica dell’Europa. Il risultato è noto: afroamericani e ispanici muoiono di Covid a un tasso molto più alto dei bianchi».
«Tutto dipenderà da come viene gestita questa crisi. La politica e la collaborazione tra governanti e governati sono determinanti. Per esempio durante la Seconda guerra mondiale la Gran Bretagna affrontò la grande penuria di cibo con razionamenti e politiche proattive e l’aspettativa di vita in quel periodo crebbe 5 volte di più che negli anni precedenti. Oggi avrei da ridire sull’approccio adottato da molti governi, quelli che hanno pensato a far ripartire l’economia senza mettere il virus sotto controllo con l’idea che o si occupavano del virus o del lavoro: ma questo è un falso aut aut. Finché non controlli la malattia l’economia non può riprendersi. In genere i Paesi che hanno avuto più successo nel controllo della pandemia sono quelli con un alto livello di istruzione. Spiccano la Thailandia, dotata di un sistema sanitario pubblico; e il Vietnam, che ha attuato misure decise e tempestive. In Europa l’Italia ha sofferto, ma poi ha recuperato, soprattutto in confronto alla Gran Bretagna, la peggiore nel continente».
«In Usa e Gran Bretagna le scelte politiche sono dominate da benestanti i cui problemi appaiono spesso diversi da quelli dei cittadini. I Tories a Londra e i repubblicani a Washington hanno fallito perché questo è un virus contagioso e in malattie come il Covid non puoi separare la tua vita da quella degli altri. La questione della condivisione è decisiva: la pandemia impone la condivisione come paradigma nelle scelte politico-sociali».
«Dalla Polonia alle Filippine, all’India, non credo purtroppo si tratti di un trend in via di esaurimento. Lo spero, ma non lo sappiamo».
«Dipenderà da come Stato e società combattono la crisi. Se lo fanno con un approccio collaborativo, dare un contributo sostanziale allo sviluppo di un nuovo ordine economico».