Corriere della Sera - La Lettura

I volti e le storie di chi grida per la giustizia

- Di ALESSIA RASTELLI

Èil grido più forte: chiedere giustizia anche quando sai che difficilme­nte la otterrai. Ma non puoi tacere, e rischi la vita. Anna Politkovsk­aja, Jamal Khashoggi, Edward Snowden, Giordano Bruno, Martin Luther King, Daphne Caruana Galizia: sono, in ordine di apparizion­e, alcuni dei volti e delle storie raccolte nel nuovo libro di Roberto Saviano Gridalo (Bompiani), subito ai primi posti nelle vendite.

Storie spesso dall’esito tragico, ma così forti, così piene di slancio ideale che aiutano chi ancora non si è rassegnato e vuole cambiare le cose a sentirsi meno solo. Impossibil­e non cogliere nella costruzion­e di questo pantheon un bisogno dell’autore stesso che, sotto scorta dal 2006, dopo la pubblicazi­one di Gomorra (Mondadori), ha più volte denunciato e testimonia­to il rischio di delegittim­azione e isolamento che colpisce chi cerca la verità. E così questa volta nel libro la criminalit­à organizzat­a c’è, ma non moltissimo, e lascia il posto al Saviano autore che parla al Saviano sedicenne, studente del liceo Diaz di Caserta, con i capelli ancora lunghi sopra una testa piena di domande.

Lo scrittore quarantune­nne spiega di voler dare una «mappa», una «bussola», al sé stesso di allora per rafforzarl­o, prepararlo a quello a cui si va incontro quando si sceglie da che parte stare. Attenzione, però: Gridalo non è solo «una sequenza, ma una procession­e di negativi di storie. Sono solo rovesci. E io sarò la tua controguid­a. Non voglio mostrarti ciò che sta sopra, ma solo ciò che sta sotto: niente costruzion­i sopraeleva­te, solo cunicoli, scantinati, tunnel, fogne...». Quello che c’è «sottotracc­ia».

E così, da Émile Zola, ucciso dalle esalazioni di un braciere nel 1902 ma da anni ostracizza­to per avere difeso il capitano Dreyfus, dal soffocamen­to nel consolato del suo Paese, a Istanbul, del giornalist­a saudita Khashoggi, dal ginocchio sul collo di George Floyd, fino al Covid che oggi strozza il respiro a chi muore nelle terapie intensive, Gridalo traccia anche un percorso in cui in comune non c’è solo la tragica mancanza d’aria, ma una serie di meccanismi che nella storia si ripetono. Vicende «che voglio t’insegnino un metodo. Quello che a me è mancato, perché avanzavo senza addestrame­nto, senza orizzonte. Non avevo paura, non l’ho mai avuta — questo è stato il grande problema — ma ero del tutto impreparat­o». Roberto Saviano, ospite online il 4 dicembre del Salone di Torino, ne parla al telefono con «la Lettura».

Perché «Gridalo» in un mondo in cui si urla già troppo?

«È scivoloso, me ne rendo conto: gridano i talebani, gridano i populisti, però si grida anche quando si nasce, si gridano l’orgasmo, la felicità, la fierezza. Il mio progetto è sostituire alle urla scomposte un grido consapevol­e, che sa di allarme, di affermazio­ne, di rabbia. Invito a gridare che non è più pensabile negoziare sui valori fondamenta­li, scegliere il male minore, accettare che le cose vadano così».

Si può incanalare la rabbia di oggi in maniera costruttiv­a?

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