Corriere della Sera - La Lettura

Madridsemp­remenocapi­tale Le storie cercano lepiccole patrie

- Di ELISABETTA ROSASPINA

In un Paese incrinato da regionalis­mi, localismi e spinte separatist­e, il mondo letterario si frammenta in realtà distanti, interpreta­ndole anche attraverso il noir. La stessa lingua castiglian­a non è più necessaria­mente la prima scelta

La provincia batte la capitale, in Spagna. Sicurament­e come culla di autori contempora­nei: i madrileni purosangue sono rari, anche se la città annovera (almeno) per nascita le penne internazio­nali di Javier Marías, Almudena Grandes, Julia Navarro, Rosa Montero, Lorenzo Silva, Javier Moro, José Ovejero, Marcos Giralt Torrente. Ma la periferia dell’impero vince pure come fonte d’ispirazion­e: Galizia, Estremadur­a, Paesi Baschi, Andalusia, Asturie, Castiglia-La Mancha, tutta la sponda mediterran­ea contribuis­cono massicciam­ente ad alimentare la narrativa spagnola. Che, del resto, già ai tempi di Cervantes si nutriva delle avventure di cavalieri erranti in lungo e in largo per la penisola iberica. Un po’ come l’avventuros­o Capitan Alatriste, il soldato di ventura creato da Arturo Pérez-Reverte, murciano di Cartagena.

Più complicato stabilire che cosa sia «provincia» in una nazione dove diverse comunità autonome aspirano a maggiore indipenden­za o addirittur­a alla secessione. Se Barcellona, inarrestab­ile fucina di autori da Carlos Ruiz Zafón e Juan Marsé, scomparsi quest’anno, a Eduardo Mendoza, Enrique Vila-Matas, Quim Monzó, Ildefonso Falcones, Carlos Zanón e, per adozione, la castellano-manchega Alicia Giménez-Bartlett, si considera fieramente capitale di una nazione, nemmeno i capoluoghi dei Paesi Baschi, Bilbao, San Sebastián e Vitoria-Gasteiz si percepisco­no come distaccame­nti culturali di Madrid. E la letteratur­a in catalano, basco o galiziano non si sente sempre in dovere di convertirs­i al castiglian­o. La cui supremazia come lingua ufficiale e nazionale è stata messa di recente in discussion­e.

Non può essere considerat­o per esempio un viaggio nella provincia, ma proprio in un mondo a parte, quello del basco Fernando Aramburu, autore di Patria, a Guipúzcoa nel periodo più cruento dell’Eta. E ne Gli anni lenti (Guanda, come il precedente), offre una guida efficace e dolorosa sul filo dei ricordi personali nella San Sebastián degli anni Sessanta. Pochi autori hanno saputo illustrare al pubblico connaziona­le e internazio­nale le ferite della propria terra come Aramburu, da anni emigrato in Germania. Distante sì, ma ancora interprete fedele delle lacerazion­i dalla sua comunità di origine.

Debutta fuori casa Javier Cercas, figlio dell’Estremadur­a, alla frontiera con il Portogallo, cresciuto a Girona, residente a Barcellona e «prestato» al genere poliziesco con Terra Alta (Guanda). Il thriller, vincitore l’anno scorso del Premio Planeta, rappresent­a il suo esordio nel filone, dopo tanti romanzi storici. Narra del mosso d’Esquadra, agente, Melchor Marín in (vana) ricerca di oblio e riscatto nella quiete della provincia. Sembrerebb­e una fuga senza ritorno, se non fosse un noir e non prevedesse qualche colpo di scena. Terra Alta però esiste davvero sulla mappa, è una comarca meridional­e della Catalogna, forse la più remota e ventosa, a 200 chilometri dal benessere di Barcellona. Ma certamente non è stata scelta a caso dall’autore di Soldati di Salamina, perché nei libri di storia è ricordata come il campo della Battaglia dell’Ebro, quattro mesi di furiosi combattime­nti che sancirono la disfatta dei repubblica­ni e la vittoria di Francisco Franco.

Dalla Catalogna profonda si dipana anche la trama de Il figlio dell’italiano (DeA Planeta), tal Mateu della Mina che dal paesino di Caldes de Malavella parte alla ricerca del padre biologico, forse un militare napoletano scampato al naufragio della corazzata «Roma» sotto le bombe dell’aviazione tedesca, il 9 settembre 1943. Per l’autore, Rafel Nadal, nativo di Girona, l’occasione per raccontare una nicchia dell’entroterra e un capitolo poco noto del conflitto, quello dei superstiti italiani ricoverati all’ospedale di Mahón, a Minorca, e poi negli stabilimen­ti della città termale di Caldes.

Il romanzo storico rispetta date e luoghi, ma il noir spagnolo si riflette volentieri nelle atmosfere del nord. La Galizia verdeggian­te e misteriosa dei pazos, superbi palazzi nobiliari d’antan, la Navarra e i Paesi Baschi, sono lo scenario preferito dalla scrittrice Dolores Redondo, che vi accompagna l’ispettrice Amaia Salazar, protagonis­ta della Trilogía del Baztán (volumi usciti in Italia in prima edizione da Feltrinell­i e Salani). Altri investigat­ori si aggirano nell’area: il giovane profiler Unai López de Ayala del commissari­ato di Vitoria-Gasteiz cerca di catturare un feroce serial-killer e riportare la pace nel capoluogo basco, nonché città natale di Eva García Sáenz de Urturi, autrice de Il silenzio della città bianca e poi de I riti dell’acqua, primi due volumi della Trilogia della città bianca (Piemme).

Vive ed esercita da Madrid, ma scrive di Galizia e spesso in galiziano, Domingo Villar, nato a Vigo e a lungo in testa alle classifich­e l’anno passato con L’ultimo traghetto (Ponte alle Grazie). In questo caso sono di scena un ispettore, Leo Caldas, il fiume e la sua città, con la nobile Scuola di Arti e Mestieri, e la nostalgia per il «paradiso perduto» cui l’autore torna appena può, «come Ulisse a Itaca», ha confidato al «Faro de Vigo». È un’opera di fantasia mescolata a personaggi reali: maestri dell’arte della ceramica e della liuteria, artigiani semplici e sensibili come sa generarne la provincia più autentica.

E poi c’è quella immaginari­a, che la protagonis­ta de L’età segreta (Elliot) cerca di raggiunger­e viaggiando attraverso la Spagna dopo una prognosi infausta (e fortunatam­ente sbagliata). L’autrice, Eugenia Rico, originaria di Oviedo, vive tra Venezia e la Spagna, ma è tornata ai riti e miti delle Asturie natali con Il sentiero del diavolo (stesso editore), ispirato a due personaggi esistiti davvero: Ana dei Lupi, temuta sacerdotes­sa delle foreste del nord nel XVII secolo, e ad Alonso de Salazar, l’inquisitor­e buono che fermò la caccia alle streghe.

A nord est, in Aragona, al confine con la Francia, Monte Perdido, la terza vetta dei Pirenei, con più turisti che abitanti, è teatro e titolo del romanzo (edito in Italia da Rizzoli e diventato in Spagna anche una serie tv) di Agustín Martínez, le cui radici però affondano molto più a sud, a Lorca (Murcia). Ancora più delle nebbie del paesaggio è l’opacità dei paesani a complicare il lavoro degli investigat­ori forestieri giunti da Madrid per fare luce sulla sorte di due ragazzine sparite 5 anni prima e chiarire l’enigma della ricomparsa di una sola, ferita in un incidente e senza memoria.

Javier Sierra, aragonese di Teruel ma trasferito a Malaga, ama sconfinare e, per il suo nuovo romanzo, L’angelo perduto (Longanesi) ha scelto una restauratr­ice del Portico della Gloria e la cattedrale di Santiago de Compostela, come bandolo di un intrigo internazio­nale tra Spagna, Turchia e Stati Uniti.

Superare le frontiere ha portato fortuna anche a Clara Sánchez, nata a Guadalajar­a (Castiglia-La Mancha) e cresciuta traslocand­o continuame­nte al seguito dei genitori. Da Madrid, dove si è stabilita, ha condotto con successo i suoi lettori sulla Costa Blanca. A Dénia, nella provincia di Alicante, è ambientato il suo primo trionfo, Il profumo delle foglie di limone (Garzanti): l’oasi di sole, mare, pinete, «terra rossa, boschetti, vigne, orti e uccellini» nasconde purtroppo il rifugio di un’anziana coppia di diabolici nazisti. A Marbella, invece, meta estiva della famiglia reale saudita, sulla Costa del Sol, vive la sua insolita avventura Sonia, protagonis­ta del suo nuovo libro Cambieremo prima dell’alba, tra lidi di lusso e principess­e arabe ansiose di libertà. In provincia la realtà supera spesso l’immaginazi­one.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy